Corriere della Sera, 16 aprile 2023
Il 70 % degli interventi in mare è catalogato come operazione di polizia e non di ricerca e soccorso
Adesso non è più opinabile. La direttiva Salvini sul soccorso dei migranti del 2019 non solo ha cambiato le regole di ingaggio ma ha profondamente inciso sulla tipologia degli interventi in mare, al 70 % catalogati come operazioni di polizia e non di ricerca e soccorso. Una prassi (e non una questione di lana caprina) che sta a monte del naufragio del caicco di Cutro, fin qui sempre negata dal governo, e ora certificata dai dati resi pubblici da Altraeconomia grazie ad un accesso civico agli atti della Direzione centrale dell’immigrazione presso il Viminale.
Per capire quanto l’attività di soccorso della Guardia costiera sia stata frenata dal 2019 ad oggi, (segnatamente nel primo e secondo governo Conte, meno con il governo Draghi), occorre fare un salto all’indietro e partire dal 2016, l’anno record degli sbarchi, quando in Italia arrivarono più di 180.000 persone, quasi tutte salvate in operazioni Sar di ricerca e soccorso. Motovedette e navi militari uscivano sempre alla ricerca dei barconi, senza guardare ai limiti delle zone Sar, tutti i migranti presi a bordo erano considerati naufraghi. Nel 2016, le operazioni Sar sono addirittura il 98 % del totale, quel che manca è relativo ai cosiddetti sbarchi fantasma, i barchini arrivati da soli fin sulle spiagge di Lampedusa o dell’Agrigentino. Stessa dinamica l’anno successivo con quasi 120.000 arrivi e il 96 % di sbarchi avvenuti a conclusione di operazioni Sar.
Nel 2018, le cose cominciano a cambiare, arriva la dichiarazione della zona Sar libica, partono le intercettazioni in mare, la guerra alle Ong e gli sbarchi calano vertiginosamente. Ma è con Salvini al Viminale che il soccorso in mare si trasforma radicalmente: priorità alle operazioni di polizia (law inforcement in gergo), detta la direttiva Salvini con la Guardia di finanza ( che poi diventa unica polizia del mare) che assume un ruolo ben più significativo e la Guardia costiera che, non a caso, fa sparire dal suo sito prima i dati relativi ai soccorsi, poi le immagini dai calendari avviandosi pian piano verso un profilo molto basso di comunicazioni di quelle operazioni da sempre vanto di tutto il Corpo.
Le nuove regole di ingaggio, e dunque la prassi ora certificata dai dati elaborati da Altraeconomia, tendono a limitare le operazioni Sar ai casi di rischio accertato o di assoluta necessità nonostante le regole del piano Sar, oltre che il buon senso, prescrivano altro. Naturalmente anche la Guardia di finanza, quando esce per intercettare un barcone per un’operazione di polizia, poi salva le persone e le porta a terra e un’operazione di law enforcementpuò in ogni momento trasformarsi in una di soccorso, ma i mezzi in dotazione sono assai meno adatti ad affrontare le emergenze. Come purtroppo si è visto a Cutro.
I dati degli interventi in mare degli ultimi cinque anni non lasciano spazio a dubbi. Nel 2019, (la direttiva Salvini è di marzo) le operazioni di polizia sono il 70 % e nel 2020 raggiungono addirittura l’86,7 %. Nel2021 (a febbraio arriva il governo Draghi) si comincia leggermente ad invertire la rotta mentre nel 2022 le operazioni di ricerca e soccorso riprendono, anche se di poco, il sopravvento. La direttiva Salvini è sempre lì ma, almeno fino all’insediamento del governo Meloni, il piùdelle volte rimane nel cassetto.
Quella che sembra una burocratica classificazione degli eventi che portano allo sbarco in Italia di migranti via mare emerge con tutte le sue tragiche conseguenze il 26 febbraio insieme ai rottami del caicco naufragato sulla spiaggia di Cutro: l’intercettazione di quel barcone sarebbe stata l’ennesima operazione di polizia se la Guardia di finanza non fosse stata poi costretta a rinunciare per le condizioni meteo proibitive. Fosse stato dichiarato un evento Sar, invece, la rinuncia al soccorso di un’imbarcazione sarebbe stata impossibile, sarebbero usciti i potenti mezzi della Guardia costiera e forse le cose sarebbero andate diversamente. Dopo quei 94 corpi ripescati in mare ( l’ultimo ancora ieri a 50 giorni dalla tragedia) il numero delle operazioni di ricerca e soccorso si è improvvisamente impennato e la Guardia costiera ha ripreso ad assolvere al suo ruolo di salvataggio in mare senza attendere troppi via libera. Sarà l’inchiesta che la Procura di Crotone sta conducendo a stabilire ora se questa prassi abbia portato ad una omissione di soccorso nei confronti delle oltre cento persone morte a Cutro.