Corriere della Sera, 16 aprile 2023
Il calcio in tv
Lo sport (e il calcio in particolare) è il contenuto «premium» capace non solo di attrarre grandi ascolti, ma anche di «trasportare» questi ascolti da una piattaforma all’altra. Questa settimana abbiamo assistito a una prova concreta del valore che hanno i diritti sportivi, in questo caso la Champions.
Martedì va in onda, in chiaro su Canale 5, Benfica-Inter, emissione top della settimana, con quasi 5 milioni e mezzo di spettatori e un picco sul primo tempo di oltre 5 milioni e 700 mila spettatori. Si tratta di un ascolto pregiato perché fatto da cosiddetti «light viewers», spettatori «leggeri» di tv (per due terzi maschi, di età giovane, quasi la metà nel cosiddetto target commerciale). Insomma un bel tesoro per la raccolta pubblicitaria, in relazione alla «rarità» del target. Che il grande calcio in chiaro funzioni in tv lo si sa. Ma va notato un secondo elemento: col calcio in tv è come se la platea della generalista si allargasse.
Martedì sera la platea complessiva è composta da quasi 22 milioni di spettatori. Anche solo la sera prima erano 18,3 milioni. Il calcio, dunque, porta alla tv più di 3,5 milioni di spettatori «aggiuntivi». È interessante notare che il giorno dopo la platea della tv torna a stringersi (poco sopra i 18 milioni), ma si allarga notevolmente, fino a superare 6,1 milioni, quella particolare platea che Auditel attribuisce all’ascolto «non riconosciuto» (ovvero non attribuibile a canali lineari). Cosa è successo? Semplicemente una nuova partita di Champions (Milan-Napoli) su Prime Video. In assenza di dati certi, possiamo stimare l’ascolto di Milan-Napoli in almeno tre milioni. Morale: grandi (e pregiati) ascolti sono quelli che mobilitano gli spettatori leggeri, più propensi a muoversi fra tv e piattaforme. E il contenuto, più che «le piattaforme», fa sempre la differenza.