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 2023  aprile 16 Domenica calendario

Cosa c’è dietro la beffarda fuga dall’Italia di Artem Uss

 Tra sbavature, sottovalutazioni e autogol che hanno punteggiato le scelte dei vari soggetti istituzionali intorno alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti dell’uomo d’affari russo Artem Uss fermato a Malpensa il 17 ottobre 2022 (magistrati milanesi, ministero della Giustizia, servizi segreti, forze dell’ordine, gestori di braccialetti elettronici), gli atti mostrano che a dare il proprio contributo sono stati paradossalmente anche gli americani: proprio all’inizio di tutto, e proprio su quelle circostanze che, una volta risultate o non vere o non documentate, per converso hanno costituito il presupposto sul quale poi il 25 novembre 2022 il primo collegio della Corte d’Appello (Fagnoni-Curami-Caramellino) ha fondato la decisione di accogliere dal 2 dicembre l’istanza difensiva di arresti domiciliari con braccialetto elettronico nella villa di Basiglio. Quella da cui Uss il 22 marzo scorso, all’indomani del primo parziale via libera all’estradizione comunque non operativa perché sottoposta a ricorso pendente in Cassazione, è fuggito con grande facilità, per beffa portandosi via il braccialetto elettronico.
Quando infatti il 18 ottobre la Corte d’Appello (in attesa che dagli Stati Uniti tramite Ministero arrivino solo l’11 novembre la richiesta di estradizione e gli atti allegati) convalida l’arresto provvisorio di Uss emesso «il 26 settembre dal Dipartimento di giustizia americano per associazione per delinquere, truffa e riciclaggio», lo fa per il (prospettato dagli americani) «concreto pericolo di fuga evidente nel fatto che Uss era in partenza per Istanbul insieme alla propria compagna», «per l’assenza di una fissa dimora in Italia», «per gli appoggi internazionali che gli hanno consentito di allontanarsi dal luogo di commissione del reato» indicato in New York. Tre circostanze però non esatte o quantomeno non documentate dagli americani.
Dopo quasi 40 giorni di carcere a Busto Arsizio, infatti, i difensori Vinicio Nardo (allora presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano) e Fabio De Matteis in una istanza di arresti domiciliari hanno buon gioco a rappresentare ai giudici che, «contrariamente a quanto indicato nella convalida dell’arresto, Uss è stato arrestato a Malpensa non perché di passaggio nel nostro Paese, ma in quanto, dopo aver soggiornato qualche giorno a Milano, stava rientrando via Turchia in Russia»; e che «dalla documentazione americana non si arguisce risponda al vero la circostanza, anch’essa riportata a sostegno del pericolo di fuga, che Uss si sia allontanato dal luogo di commissione del reato, non risultando infatti si sia mai recato a New York». E quanto all’assenza di dimora in Italia, «la moglie, in regime patrimoniale di comunione dei beni con il marito, ha acquistato nel giugno 2022 un immobile a Basiglio, peraltro in regime di cosiddetta “prima casa”», segno per la difesa che Uss avrebbe «intrapreso un percorso di progressivo spostamento del centro dei propri interessi economici e familiari in Italia». Produzioni difensive recepite dai giudici per concludere in tre scheletriche righe che «in questa situazione familiare non è più necessario il mantenimento della misura più afflittiva, e si ritengono concedibili i domiciliari con braccialetto elettronico».
Peraltro quell’iniziale punto debole americano verrà additato persino dal differente collegio d’Appello Nova-Barbara-Arnaldi che il 21 marzo pur concederà agli Usa l’estradizione del figlio del governatore di una regione siberiana, sebbene per solo 2 accuse su 4: «Giova evidenziare che, aldilà della generica attribuzione a Uss delle stesse condotte ascritte al suo socio in Germania Yuri Orekhov, fra cui le esportazioni illegali di tecnologie militari sensibili a duplice uso dagli Stati Uniti alla Russia, quando l’“agente speciale Fbi” Ryan Boron passa a illustrare nel dettaglio le diverse condotte attribuite a Uss, si comprende che Uss sarebbe coinvolto solo nel contrabbando di petrolio venezuelano in violazione dell’embargo, ma non nella compravendita di tecnologie militari: nonostante l’indicazione del suo nome nel capo di imputazione, nella “relazione sommaria dei fatti“non si fa cenno al contributo che avrebbe fornito nel reato».