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 2023  aprile 16 Domenica calendario

La app dei bulli

Hanno «spogliato» con un’app le foto delle compagne di classe e hanno pubblicato le immagini hot nelle chat degli amici, scatenando un polverone. Così i ragazzini di una scuola media di Roma sono stati denunciati per diffusione di materiale pedopornografico. «Ma l’abbiamo fatto per scherzare» si giustificano loro, 14enni. In effetti, quando c’è di mezzo un’app (in questo caso Bikinioff), tutto viene percepito come un gioco, una goliardata. Apparentemente innocue, tante applicazioni amplificano atti di bullismo e violenza (fisica e mentale). Fino ad arrivare a istigare al suicidio e all’autolesionismo. Pressioni psicologiche gravi, nate da banali «sfide» proposte dalle app, da giochi che degenerano, da provocazioni e domande scottanti via chat che si trasformano in ossessioni e trappole. Un gruppo di ragazzi a Bologna ha usato Ask.fm, social network creato in Lettonia, per organizzare una mega rissa ai giardini Margherita. E fa rabbrividire che Ask.fm sia lo stesso mezzo attraverso il quale Hannah, un’adolescente del Leicestershire morta impiccata in bagno, riceveva ogni giorno centinaia di messaggi in cui veniva invitata a suicidarsi. Ci sono anche le app per il telefonino come Snapchat (che manda messaggi anonimi e poi li autodistrugge, così da diventare una delle piattaforme più utilizzate per il sexting, lo scambio di messaggi erotici). Nel 2021 l’azienda ha sospeso le app di messaggistica anonima dopo essere stata citata in giudizio da famiglie di adolescenti che si sono suicidati, vittime di bullismo attraverso le chat. E, ancora, Formspring e Voxer. Tutti nomi che per lo più non dicono niente ai genitori. Su Reface.it si possono montare le facce dei propri conoscenti su corpi nudi. Whisper chiede confessioni anonime, come se fosse un gioco, ma è un attimo che tutto si trasformi in qualcosa di pericoloso, se in mano a bulli e malintenzionati: l’app usa un sistema Gps per trovare utenti vicini tra loro e non ci vuole nulla a geolocalizzare chi chatta. Omegle mette in contatto le persone a caso solo per pochi minuti e viene usata per veicolare immagini forti, che per un minorenne potrebbero essere scioccanti. Ngl (Not gonna lie) si propone come un’app in cui «le persone giovani possono condividere i propri sentimenti senza il giudizio degli amici o le pressioni della società» e funziona con domande anonime a raffica. Messaggi anonimi e un rischio di bullismo alto anche su Sarahah. Non un bullismo diretto, ma un modo per mettersi a nudo e spesso perdere, insieme ai freni inibitori, anche il rispetto per se stessi, senza poi saper gestire, a 15 anni, tanta disinibizione. «Finchè dietro a queste app c’è il guadagno, è una battaglia persa – spiega Marco Camisani Calzolari, esperto del web che, assieme ai Carabinieri, mette in guardia dai rischi della rete – I soldi vincono sull’etica. E poco potere ha un Garante che può limitare un’app solo in un determinato territorio. La rete non ha limiti territoriali. L’unica cosa che possiamo fare è educare i ragazzi a usare con il cervello app e siti. Ma per farlo, dobbiamo prima educare i genitori. Io ho scelto di non bloccare internet ai miei figli, ma con loro parlo dei rischi e dei pericoli che ci sono anche dietro un banale gioco». Parlare, parlare, ecco l’arma. Anche perchè altrimenti i nostri figli rischiano di farlo solo con Replika, l’app di Ai in cui si crea una sorta di amico immaginario che impara a conoscerli e, se non a bullizzarli, a influenzarli come crede.