Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 15 Sabato calendario

Mara Maionchi si racconta

Mara Maionchi, lei si ritrova in questa serie di interviste intitolata «Il gran lombardo», pur essendo nata a Bologna.
«Più che una “gran lombarda” sono una “gran bastarda”: madre di Como, padre toscano, una giovinezza a Bologna. Ma poi, Milano».


Era il 1961.
«L’anno in cui scelsi di vivere qui e di diventare milanese. Cercavo un sacco di cose in questa città, facevo l’impiegata. A Bologna per una società di spedizioni internazionali, qui mi presero subito alla Sipcam, una ditta di anticrittogamici. Organizzavo le promozioni, tenevo i conti».




PUBBLICITÀ




E poi?
«Leggevo il Corriere della Sera tutti i giorni. C’erano gli annunci di lavoro, una figata perché funzionavano, ti mettevano in contatto con le ditte che cercavano. L’Ariston Records, la casa discografica di Alfredo Rossi, cercava un’impiegata che piazzasse gli artisti. Mi presero, cominciai a lavorare con i big. Ornella Vanoni, Mino Reitano».


Il decollo nella musica. Lei ha lavorato, tra l’altro anche alla Ricordi e alla Fonit Cetra. Una carriera da discografica che a Milano, all’epoca, prometteva bene?
«Milano era la capitale della discografia, e non solo perché c’erano le etichette, ma anche perché la musica attingeva al teatro che a sua volta attingeva all’editoria. Oggi gli artisti si possono ascoltare in tanti modi, ma all’epoca li dovevi piazzare, trovargli degli spazi. Anche nella promozione. E lì cominciavano i problemi: Mina voleva solo le copertine sennò si intristiva, Lucio Battisti cominciava a suonare alle nove della mattina finché non trovava l’accordo giusto e prima di allora non gli potevi parlare».


Quando lui e Mogol fondarono la Numero 1 lei andò con loro.
«E portai con me anche Finardi, per dire. Lucio Battisti è stata una delle persone che mi hanno fulminato al primo incontro. Aveva qualcosa di complesso e semplice al tempo stesso. Non sempre ho capito il talento. Per esempio, La bambola di Patty Pravo non la capii subito, dovetti riascoltarla. Nannini invece no, quando la sentii suonare per la prima volta mi commossi».


Com’era Gianna all’inizio?
«Un vulcano, una voce incredibile. Una volta facemmo una litigata furiosa, tirai un cazzotto sul tavolo».


Una milanese irascibile, lei?
«Sono una che non le manda a dire, anche se cinque minuti dopo mi passa. In famiglia mi cazziano perché dico parolacce, ma che ci posso fare se perdo la pazienza? E qualche volta i cantanti te la fanno perdere».


Un esempio?
«Recente. Provino per X-Factor, non dei cantanti, ma mio, perché Giorgio Gori mi aveva appena chiamata a fare la prova. Arriva una tipa, giovanissima e pure bravina, ma lei ci dice che avrebbe cantato Janis Joplin sebbene convinta che nessuno di noi giurati sapesse chi era. La lasciai finire, poi partì uno shampoo che la ribaltò. Ma come si permette di dire che noi discografici siamo ignoranti?»


E come andò a finire?
«Gori mi disse: Mara, il posto da giudice è tuo».


Dov’era lei il 12 dicembre del 1969?
«Non lontano da Piazza Fontana, nella sede della Numero 1. Io, Lucio Battisti e il papà di Mogol eravamo in ufficio quando sentimmo un boato. Scendemmo a vedere e fummo investiti da fumo, folla, urla. Che anni. Le case discografiche stavano quasi tutte in centro e allora ogni sera tornare a casa era un’avventura: scioperi, contestazioni».


Andiamo al 26 giugno 1976: il Festival di Parco Lambro si trasforma in una forte protesta contro gli organizzatori. Lei c’era?
«Certo e posso dire di aver avuto paura. Oggi è difficile spiegarlo a questi giovani, ma all’epoca si temeva davvero uscendo da casa. Se non ti individuavano subito come “una di loro” erano guai».


Lei ha mai preso droghe?
«Non le sembro già abbastanza “fuori” di mio?»


Neanche una canna?
«Manco quella, anche perché ho paura pure dell’aspirina. Ho avuto artisti che hanno fatto uso di droghe pesanti, ho visto quello che succede e tanto basta per starne fuori».


Accanto a lei, nella vita milanese, c’è stata anche la sua amica, Ornella Vanoni.
«Mi passava gli abiti: avevamo la stessa taglia e se le capitava un vestito che metteva solo per una o due sere, me lo regalava. Ero così elegante».


Alberto Salerno, suo marito, è arrivato nei primi anni Settanta?
«Eravamo amici, io fidanzata con un altro e lui con la sua donna di allora. Poi ci siamo “sfidanzati”, ma niente di che. Un giorno una mia amica mi fa le carte e mi dice “Mara, tu quest’anno ti sposi”. Era il 1976 e al massimo vedevo Alberto una volta alla settimana per un caffè. Dissi “Ma va”. Ebbene, quell’anno ci sposammo. Non mi chieda come si fa a restare 46 anni insieme, con due figlie e tre nipoti perché davvero non lo so».


Però le chiedo se anche con lui fa le sfuriate.
«Eccome! Ma è pure lui che urla, eh. Quando si è dichiarato io avevo dei dubbi, perché ho dieci anni di più. A fare da nave scuola non ci tenevo. Mia madre però mise tutto a posto dicendomi: “Ma se si sposa una vecchia è un problema suo, mica tuo”».


Lei ha fatto «Quelle brave ragazze» con Orietta Berti e Sandra Milo. Che cosa le piace delle due?
«La Berti mi fa morire dal ridere, perché è una precisina che alla sera lava tutto ma poi se ne esce con una ironia raffinata. La Milo ha le stesse passioni di una fanciulla: a 90 e passa anni sta aspettando ancora il principe azzurro. E non ho detto che vuole fare sesso, ma che cerca l’amore. Capito, l’amore? A me cala la stanchezza al solo pensarci».


C’è stato «LOL Xmas Special»: che cosa fa ridere Mara Maionchi?
«Ho affinato una tecnica per evitare di ridere ma non c’è niente da fare, rido lo stesso. Proibirsi una risata è un peccato assurdo. Mi hanno curato due tumori al seno, ho figlie e nipoti, un marito che mi sta accanto da tutti questi anni, una seconda vita in televisione che mai mi sarei aspettata, tanti amici e tantissimi ricordi: perché oggi non dovrei concedermi il lusso di ridere in santa pace e di dire qualche parolaccia?».