il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2023
Il terzo polo ha fatto piangere il Gotha…
È una storiache sta commuovendo l’Italia, anche se colpevolmente pochi ne parlano. La fine del Terzo Polo lascia ferite psicologiche di cui solo Repubblica ha avuto il coraggio di parlare: “Un’altra promessa tradita. Il Gotha dell’imprenditoria e i 4 milioni donati invano”. Insomma, fior d’imprenditori avevano finanziato con discreti assegni Azione e Italia Viva e ora ci è un po’ rimasto male. Non che sia gente, per così dire, estranea alla cantonata: “Un mondo che 10 anni fa aveva creduto in Scelta Civica di Monti e adesso aveva scommesso sul Terzo Polo. Salvo ritrovarsi Calenda e Renzi a litigare perfino sulla gestione dei finanziamenti: cioè sui loro soldi, in sintesi”. In sintesi: a differenza che al caval donato, al contributo elettorale si guarda in bocca, tanto più che nell’articolo il Terzo Polo è definito “cavallo moderato ma dai troppi fantini” (sic), quindi non donato da alcuno. Scorrere l’elenco delle vittime è pura sofferenza e ve la infliggiamo solo per dovere di cronaca: Maurizio Bertelli (Prada), la famiglia Zegna, Pier Luigi Loro Piana – se ne deduce che l’abito fa il liberale – ma pure Gianfelice Rocca (Techint, Humanitas), Alberto Bombassei (Brembo), gli ex presidenti Antonio D’Amato (Confindustria) e Alessandro Banzato (Federacciai), la famiglia Arvedi (siderurgia), Davide Serra (Algebris) e Lupo Rattazzi, imprenditore e rappresentante della famiglia che edita Repubblica. Finito? Macché. Ci sono gli scommettitori: “Una scommessa l’avevano fatta anche Luca Garavoglia del gruppo Campari, i Merloni della Ariston e i petrolieri Brachetti Peretti”. E non mancano gli elemosinieri: “Un obolo lo hanno versato pure Giancarlo Dellera, che ha fondato il gruppo leader in Europa per la produzione di cerchi in lega per auto, Giuseppe Cornetto Bourlot, che guida una società leader del settore design, e Giovanni Tamburi, finanziere”. E poi nell’elenco c’è pure Pietro Salini, che – a sorpresa! – inizia a dar soldi al Terzo Polo dopo le elezioni: “Ad di Webuild, che adesso punta a costruire il Ponte sullo Stretto grazie al decreto Salvini”. E dev’essere il meno preoccupato in vista dell’iter parlamentare di quel bizzarro testo normativo: in ogni caso era una cavallina storna, una scommessa di minoranza, quasi un obolo.