La Stampa, 15 aprile 2023
Giorgio Strehler e le donne
«Amava le donne, tutte le donne. Ne amava la bellezza, la sensualità, la poesia, il calore: le dirigeva con trasporto, ne curava l’immagine come se dipingesse dei quadri. Insegnava loro l’eleganza, ne tirava fuori la forza e la delicatezza, la carnalità e la grazia». Nicoletta Maragno ha ragione: Giorgio Strehler le ha amate tutte. Lilla Brignone, Sarah Ferrati, Lia Zoppelli, Edda Albertini, Laura Adani, Valentina Fortunato e poi Valentina Cortese, Giulia Lazzarini, Pamela Villoresi, Andrea Jonasson (sposata nel 1987), Milly, rilanciata come chanteuse appassionata di Weill/Brecht, Ornella Vanoni, eclettica cantastorie della mala, e Milva che fino all’ultimo, ha tenuto sul comodino una sua foto. Lo considerava il bizzarro angelo custode della sua carriera internazionale. Raccontava: «Anche se non abbiamo mai avuto una storia, mi toglieva la pelle di dosso. Per il carisma straordinario che aveva dentro. Ho anche pensato di essere innamorata. È stato un grande amore, certo, un amore intellettuale». Tutte o quasi si ritrovano nel libro di Stella Casiraghi Strehler interpreta le donne (Skirà) con la documentazione fotografica dall’archivio del Piccolo Teatro di Milano e una quantità di testimonianze appassionate.
Che la vita privata di Strehler sia stata emotivamente tempestosa è un fatto. Rosita Lupi, la prima moglie, ballerina e coreografa, per lui fondamentale, venne eclissata da Ornella Vanoni. Una passione scandalosa perché lei era giovane e lui sposato. Ancora oggi ricorda: «Nessun uomo mi ha mai amata tanto». Poi ce n’è state altre, e una seconda moglie molto liberal, Andrea Jonasson, che non voleva essere «banalmente gelosa». Ma con l’ultima compagna, Mara Bugni, ha avuto qualche lite sull’eredità, chiusa dalla creazione del Fondo Strehler.
Esiste una costante in queste presenze femminili, sul palco e dietro le quinte: si sentivano amate, capite. Spinte a essere la migliore versione di sé stesse. E tutte sono diventate grandi attrici. Giulia Lazzarini ricorda: «Non credo che mi abbia mai vista come donna. Mi ha sempre considerato uno strumento. Mi diceva: ‘Basta sfiorarti e suoni’». Sonia Bergamasco: «La sua voce, i suoi silenzi, i grugniti, i suoi modi mi incutevano paura. Ma ho sempre dissimulato, per orgoglio e testardaggine. Era una creatura poetica, che mi sfidava e accendeva la miccia di energie che non avevo mai esplorato prima». Pamela Villoresi: «Il giorno del provino, era il 1975, ero carica ed emozionata, dissi che avrei recitato quello che lui voleva, come lo voleva. Mi mandò a cagare e mi spedì a studiare le parti delle tre ragazzine del Campiello (scritto in veneziano antico, in aramaico per me)». Laura Marinoni: «Era un homo eroticus. Un raro esemplare alchemico di magnetismo virile, estroversione e fascino. Impossibile restare indifferenti davanti a lui. Aveva il dono di intuire la tua anima al volo, e con una piccola indicazione, un movimento, un modo di camminare, riusciva a portarti nella direzione giusta». Micaela Esdra: «Non avevo mai provato un’emozione così grande! La sua dolcezza, il suo genio, la sua bellezza, la sua capacità di rendere la recitazione facilissima arte pura, la sua generosità nel farti sentire Eleonora Duse, la musica e la poesia che provenivano da tutto il suo essere, la timidezza di quel fanciullo giocoso che c’era in lui mi catturarono completamente!».
Non è che venga fuori un santino. Nicoletta Maragno non dimentica gli insulti: «Tu sei nata per cantare... stronza!». Ottavia Piccolo la sofferenza della recitazione senza microfoni: «La mia voce non gli arrivava mai in platea, nonostante mi sembrasse di gridare come un’aquila. “Non ti sento!” era il suo invariabile commento urlato alle mie battute, condito da una serie di parolacce irripetibili. Aveva ragione? Probabilmente sì. Ero confusa, terrorizzata, eppure pian piano cominciai a capire che di lui mi potevo fidare».
Poi affiorano i biglietti e le lettere conservate nell’archivio. Eccone una a Giulia Lazzarini: «Sentimi vicino al tuo cuore, sentimi alle tue spalle, sentimi il tuo migliore spettatore. Sono lì con te, non avere paura o non averne troppa. Quel tanto che occorre quando qualcuno ha fatto quello che tu hai fatto, quando qualcuno ha l’onestà e la purezza del cuore che tu hai, mia grande, piccola Giulia che va avanti nel tempo anche lei, e a cui voglio bene dal primo giorno». Si capisce che a un uomo così si poteva perdonare molto, forse tutto.