il Giornale, 14 aprile 2023
La cameriera che potrebbe avere avvelenato D’Annunzio
Nel 1935 arrivò al Vittoriale una nuova cameriera. Era altoatesina di Bolzano, si chiamava Emma, poi soprannominata Emy o Emmy, ed era stata raccomandata dalla moglie di d’Annunzio. Essendo piuttosto giovane e bella, subito entrò nelle grazie di Gabriele d’Annunzio e riuscì a spodestare le altre due amanti, la pianista Luisa Baccara e la governante Amélie Mazoyer, entrambe gelosissime. Emy era sempre con il comandante, strinsero un rapporto molto stretto che diventò quasi subito fisico. La sua presenza però pone qualche domanda. D’Annunzio non aveva simpatia per il fascismo e aveva una ostilità dichiarata verso il nazismo. La signora era nata in Alto Adige quando la regione era ancora austroungarica. Si sospetta che sia stata introdotta al Vittoriale per sorvegliare il vate. Mano a mano che l’alleanza con il nazismo si faceva più stretta, d’Annunzio infatti manifestava un dissenso sempre più aperto. Dopo la morte di Guglielmo Marconi, il comandante venne nominato presidente dell’Accademia d’Italia, la più importante istituzione culturale. Nel novembre del 1938 aveva già accettato di tenere una prolusione davanti alle massime cariche dello Stato, Benito Mussolini incluso. Nel regime, c’era il timore che d’Annunzio facesse un discorso contro Adolf Hitler o comunque dai toni inaccettabili. Nel 1937, quando Mussolini era tornato dalla visita in Germania, aveva incontrato d’Annunzio alla stazione di Verona. Il vate disse al duce che l’amicizia con Hitler era deplorevole e sbagliata. Dal diario di Amélie Mazoyer risulta che Emy sfinisse d’Annunzio con il sesso e probabilmente con la cocaina, sostanza dalla quale Gabriele cercava di disintossicarsi. Era in un periodo di grande fragilità fisica. Il sospetto è che Emy l’abbia «finito» o con la cocaina o con l’avvelenamento. Il sospetto è reso più grave dal fatto che successivamente la donna andò al servizio di Costanzo Ciano, fedelissimo di Mussolini. Poi si trasferì a Berlino, prese la cittadinanza tedesca, e una leggenda vuole che andò al servizio di Ribbentrop. Ci sono anche altre teorie, naturalmente. Ad esempio, che il comandante si sia avvelenato. Sembra improbabile, d’Annunzio non era uomo da togliersi la vita, soprattutto in una stanza di servizio, avrebbe creato una circostanza spettacolare, per così dire. Sarebbe opportuno fare un esame sui resti di d’Annunzio. Decisione difficile da prendere: si tratta di aprire la bara e sottoporre i resti ad esami dai risultati comunque destinati a non essere sicuri al cento per cento. Ma è una idea da considerare e sulla quale chiederei un parere pubblico. Le prime persone a cui mi rivolgo, ovviamente, sono i discendenti, a partire da Federico d’Annunzio, principe di Montenevoso. Resta comunque il fatto che d’Annunzio, come pochi altri protagonisti del Novecento, calamita l’attenzione del pubblico. Di recente, nel corso di un dibattito all’archivio di Stato di Pisa, Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze, ha raccontato l’iniziativa degli Uffizi diffusi, un modo di raggiungere altre città. Io ho invece ricordato il legame di d’Annunzio con Firenze e con gli Uffizi in particolare. Così è nata la proposta di estendere gli Uffizi diffusi al Vittoriale. Proposta subito accettata con entusiasmo da Schmidt. Avremo dunque gli Uffizi in Lombardia...