Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 13 Giovedì calendario

I nuovi libri liberi (da diritti)

Wikipedia ne conta più di 250. Sono scrittori e scrittrici di tutte le nazionalità deceduti nel 1952. Tornati alla ribalta in questo 2023 perché dal 1° gennaio, scaduto il diritto d’autore, sono diventati di “pubblico dominio”. Le case editrici sono dunque libere di pubblicare le loro opere senza più corrispondere royalties agli eredi.
In Europa, Italia compresa, il diritto d’autore è tutelato fino a 70 anni dalla morte. La legislazione, però, non è uniforme in tutti i Paesi. In Spagna si calcolano 80 anni, Australia e Russia osservano sì la durata dei 70, ma contemplano svariate eccezioni. Cina, Nuova Zelanda e gran parte dei Paesi africani si fermano invece al mezzo secolo dalla scomparsa dell’autore. Negli Stati Uniti il countdown è dalla data di pubblicazione della singola opera e la durata della tutela è estesa fino a 95 anni (norma approvata alla fine degli anni Novanta in virtù delle pressioni della Disney, preoccupata di perdere il copyright milionario di Topolino). Negli Usa infatti nell’ultimo lustro sono tornati via via liberi alcuni capolavori degli anni Venti. Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, che garantiva al suo storico editore Scribner mezzo milione di copie vendute ogni anno, dal 2021 si è moltiplicato in più copertine e più formati. Quest’anno sono le opere del 1927 a figurare nel public domain. Novantacinque anni dopo sono svincolati, ad esempio, Zanzare di William Faulkner, Uomini senza donne di Ernest Hemingway, ma anche gli ultimi lavori dello scozzese Arthur Conan Doyle, come Il taccuino di Sherlock Holmes.
La libera circolazione, comunque, è sempre limitata alle opere in lingua originale. I diritti d’autore sulle relative traduzioni scadono alla morte del traduttore e non dell’autore. Ciononostante, le case editrici, avendo la possibilità di utilizzare il testo originale, possono farlo ritradurre a costi limitati. I testi possono essere riediti, messi online, riprodotti senza limitazioni: dai riadattamenti agli spin off. Un caso emblematico è quello di Antoine de Saint-Exupéry. Il piccolo principe, long-seller edito in Italia dal 1949 solo da Bompiani, nel 2015, alla scadenza dei diritti, ha invaso le librerie con nuove traduzioni approntate da Einaudi, Garzanti, Feltrinelli, Giunti, Piemme, Newton Compton e Il Castoro (la cui edizione, illustrata da Chris Riddell e tradotta da Chiara Carminati, è uscita pochi giorni fa).
Dopo Cesare Pavese, George Orwell, André Gide, Georges Bernanos – alcuni tra gli autori più celebri del Novecento ristampati negli ultimi anni –, in questo 2023 perdono la protezione legale I ragazzi della via Pál dell’ungherese Ferenc Molnár, classico della letteratura per ragazzi; Casa d’altri di Silvio D’Arzo, testo definito a suo tempo da Eugenio Montale “un racconto perfetto”; le poesie del francese Paul Éluard, nome di spicco del movimento surrealista. Possono essere riproposte anche due firme del prezioso catalogo Adelphi: il Nobel norvegese Knut Hamsun, autore del celebre Fame, e Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea de Chirico, fratello del pittore Giorgio e scrittore di testi sperimentali e ironici. Senza dimenticare l’opera omnia di due nomi simbolo della cultura del secolo scorso come il filosofo Benedetto Croce e la pedagogista Maria Montessori.
Se è vero che oggi la proprietà intellettuale è garantita, è altrettanto vero che nel corso dei secoli non è stato affatto così. Un prezioso focus storico sul diritto d’autore compare sul nuovo numero del trimestrale del Pen Club Italia. Al riguardo, non esisteva alcuna disciplina per greci e romani. Lo stesso nel Medioevo, quando gli amanuensi affidavano la protezione dei libri a fantasiose maledizioni impresse sulla terza di copertina di alcuni codici miniati: Si quis furetur, anathematis ense necetur (“Possa la spada dell’anatema uccidere chi ruba questo libro”). Solo nella seconda metà del Quattrocento alcuni Stati cominciarono a riconoscere agli stampatori un’esclusiva. Il primo privilegio di cui si ha notizia fu quello concesso dalla Repubblica di Venezia nel 1469 al tipografo tedesco Speier per la stampa della Naturalis historia di Plinio il Vecchio. Nel 1710 lo Statute of Anne tenne a battesimo in Inghilterra il moderno copyright. Nel 1886 venne sottoscritta da una decina di Stati la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, ispirata da Victor Hugo, allora deputato della Terza Repubblica, oltre che “portatore d’interessi” in quanto autore. L’accordo internazionale stabilisce ancora oggi i principi comuni per la tutela del diritto d’autore nei 181 Stati che fino a oggi l’hanno ratificata.
Che cosa ci attenderà dal 1° gennaio 2024? Se gli editori americani potranno disporre di opere come L’amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence e Orlando di Virginia Woolf, i nostri (italiani ed europei) saranno liberi di ripubblicare le poesie di Dylan Thomas o di Rocco Scotellaro.