Il Messaggero, 13 aprile 2023
Ritratto di Cassandra
«Ora mi è possibile far uso di quello per cui mi sono allenata tutta la vita: dominare i sentimenti mediante il pensiero Non mi fu mai concesso di confondermi nella moltitudine, l’ho desiderato troppo tardi e ho fatto troppo, nella mia vita passata, per avere notorietà Ora la domanda si espandeva, come il frutto nella scorza, e quando si staccò e mi stette dinnanzi, gridai forte, di dolore o di voluttà. Perché volli a tutti i costi il dono della veggenza?».
Così, nel testo omonimo di Christa Wolf, Cassandra – o Alessandra, se si sceglie il nome ellenico, come fa Licofrone di Calcide, autore del IV-III secolo a.C., nella sua opera – si interroga sulle ragioni di un dono, quello della veggenza, che ha il sapore di una condanna. Lei “sa”, prevede il futuro, ma nessuno le crede. Ciononostante non si arrende, continua a mettere in guardia gli umani dalle conseguenze delle loro azioni. Non compresa, emarginata, sola, considerata pazza, nel romanzo di Christa Wolf resta comunque libera e autonoma. Vuole “parlare con la propria voce” e rifiuta di adeguarsi agli stereotipi di un universo maschile cieco e violento. Rifiuta anche l’eventuale protezione che da quel mondo potrebbe venirle. Coraggiosa sino alla fine, non si sottrarrà a una tragica morte, già prevista. Cadrà sotto i colpi di scure di Clitennestra, che – aiutata da Egisto – ucciderà non solo il colpevole marito Agamennone, ma anche la di lui innocente schiava, «bella come Afrodite d’oro».
LE TIPOLOGIE
Figlia del re di Troia Priamo e di sua moglie Ecuba, sacerdotessa di Apollo, Cassandra fa parte di coloro che conoscono «presente, futuro e passato». Esercita la divinazione, fondamentale nell’antichità. Come ricorda un articolo della rivista Storica, ne esistevano due tipi: «Una induttiva (tipica dell’epica), basata sull’interpretazione logica dei segni divini, e una intuitiva (di origine più tarda), incentrata sull’ispirazione di un dio, che comunica con gli uomini tramite un intermediario medianico». Cassandra riesce ad essere entrambe le cose, è al tempo stesso mantis, indovino che si esprime in stato di trance, e profetes, veggente capace di usare il ragionamento logico.
FASCINO
La sua storia ha affascinato letterati e artisti. Ne ha scritto Omero, Eschilo nell’Orestea, Euripide ne Le Troiane e Elettra, Apollodoro, Virgilio e altri. Ha dato origine a diversi modi di dire, uno dei quali definisce “una Cassandra” colui o colei che predice sempre sventure. Esiste la “sindrome di Cassandra”, che indica una persona talmente pessimista da divenire vittima della propria negatività. Ma la sacerdotessa troiana non può essere ridotta a una macchietta o a un uccello del malaugurio. Pur consapevole di quanto avvelenato sia il regalo degli dei, non si sottrae ai propri doveri verso gli altri. Del resto, in greco il nome Alexandros significa “difensore degli uomini”. Schiller le fa dire: «Solo l’inganno è la vita; il sapere è la morte Per una mortale è terribile essere il vaso della verità. Rendimi il vaso dell’ignoranza».
LA VARIANTE
Secondo una variante della storia, da piccola Cassandra si era addormentata con il gemello Eleno nel tempio di Apollo. La mattina dopo, i due bambini erano stati ritrovati mentre i serpenti sacri leccavano loro le orecchie: così facendo avevano trasmesso loro l’arte di vaticinare. Secondo il mito più noto, invece, Cassandra aveva ricevuto il dono della veggenza da Apollo. In cambio avrebbe dovuto concedersi a lui. Avendolo respinto, ne aveva provocato la collera – raramente le divinità greche sono indulgenti con i mortali – ed era stata condannata a rimanere inascoltata. Il dio le aveva infatti sputato sulla bocca, o l’aveva maledetta.
Molteplici sono gli episodi divinatori. Alla nascita del fratello Paride, Cassandra bambina predice che sarà la causa della fine di Troia. In seguito, quando Paride sta per partire per la Grecia, la sorella prevede il ratto di Elena e le conseguenze. Famosissima è la scena che si svolge durante la guerra di Troia, all’arrivo del cavallo di legno ideato da Ulisse “dal multiforme ingegno”. Nel ventre del cavallo stanno i guerrieri greci pronti a invadere a tradimento la città. Cassandra si strappa i capelli, annuncia sciagure se si farà entrare il cavallo, ma non viene ascoltata. Il sacerdote Laocoonte, che aveva a sua volta predetto terribili disgrazie, viene stritolato insieme ai figli da due serpenti usciti dal mare.
IL TEMPIO
Quando Troia è ormai in mano agli invasori, Cassandra si rifugia nel tempio di Atena. Il feroce Aiace di Locride (o d’Oileo) la strappa a forza dall’altare. Lei si aggrappa al palladio, la statua di Atena che proteggeva la città, ma Aiace la fa cadere a terra e la violenta. Atena non lascerà impunita una simile empietà: il violentatore morirà in mare e quasi tutti i greci avranno un ritorno difficile. Nel frattempo, Cassandra è finita nelle mani di Agamennone e torna con lui a Micene. Nemmeno il figlio di Atreo crede ai vaticini della sacerdotessa, per cui ad attenderli è una sanguinosa morte. «Che mi crediate o non mi crediate, che importa? Tutto si compirà», le aveva giustamente fatto dire Eschilo.