il Giornale, 12 aprile 2023
Quand D’Errico era più famoso di Simenon
G li anni Trenta sono stati fondamentali per la crescita e gli sviluppi del giallo in Italia. In quegli anni scrittori come Augusto De Angelis, Alessandro Varaldo e Giorgio Scerbanenco ottengono i primi meritati successi creando personaggi come i commissari Carlo De Vincenzi e Ascanio Bonichi e l’ispettore Jelling. Proprio in quel periodo produce un fortunato ciclo di storie Ezio D’Errico. Lo scrittore, pittore, drammaturgo, giornalista e sceneggiatore originario di Agrigento pubblicherà tra il 1936 e il 1947 una ventina di romanzi ambientati in Francia (a partire da Qualcuno ha bussato alla porta) che hanno per protagonista il commissario Emilio Richard (capo della seconda brigata mobile della Sûreté parigina). Il suo ufficio è dislocato al Quai des Orfèvres e sappiamo che nel privato il poliziotto vive con la sorella vedova Genoveffa in un piccolo appartamentino arredato in stile liberty pieno di centrini e paralumi realizzati da lei stessa. A cinquant’anni dalla scomparsa di Ezio D’Errico la Fondazione Rosellini per la Letteratura Popolare di Senigallia celebra i suoi venticinque anni di attività pubblicando un romanzo del giallista mai edito in volume in edizione completa. Si intitola Non avrete la sua testa ed uscì per la prima volta a puntate fra il giugno e l’agosto del 1946 su GIALLO. Settimanale di cultura gialla della Mondadori.
Come spiega il curatore del libro Loris Rambelli si tratta proprio di un’inchiesta inedita del commissario Richard e «dal punto di vista strettamente poliziesco, la trama è incentrata sul dramma di un indiziato che si proclama innocente, in spasmodica attesa, prima, del verdetto dei giudici, e poi dell’esecuzione capitale. E il commissario Richard muove mari e monti per ottenere rinvii e nuovi supplementi di inchiesta, ingaggiando una serrata, tormentosa gara col tempo per salvare l’uomo dalla ghigliottina e smascherare il vero colpevole». D’Errico, spesso sulle pagine del settimanale Crimen (di cui fu direttore dal 1946 al 1952) si espresse sul tema della pena di morte e dichiarò: «la vita umana è cosa troppo misteriosa (anche per chi non ha convinzioni religiose) per permettere a chicchessia di sopprimerla». Gli errori giudiziari erano frequenti e la pena di morte era un pessimo deterrente al crimine, così un romanzo come Non avrete la sua testa diventa un’opera esplicita per sensibilizzare i lettori verso alcune tematiche giudiziarie e sociali.
D’Errico descrive con precisione Parigi nella sua storia ritraendo in maniera accurata vie, piazze, quartieri, ma anche mercati come quello di Halles, dove avveniva la compra e vendita del bestiame. Come racconta sempre Loris Rambelli «la folla che popola quelle vie e quelle piazze è fatta di operai che al fischio delle sirene si avvicendano ai turni di lavoro, di flic che dirigono il traffico, di ragazzi che vanno a scuola, i più piccoli col naso rosso e una sciarpa colorata attorno al collo, i più grandi che nascondono la sigaretta nel cavo della mano e sbirciano le impiegate dei negozi di mode, di passanti che si fermano davanti alle vetrine dei grandi magazzini, di venditori ambulanti, di piccoli malviventi, che Richard conosce per nome e cognome e sa dove e quando trovarli una varia umanità che si porta dietro odori di tabacco, di inchiostro, di sudore, di alcolici, di fritti, di sangue fresco». Ezio D’Errico inizia le imprese del suo commissario Richard proprio mentre Simenon ha momentaneamente abbandonato il suo Jules Maigret dopo averne siglato un fortunato ciclo di storie fra il 1930 e il 1934, ma l’ambientazione precisa dello scrittore italiano non è d’imitazione ma fa parte del suo personale background legato al periodo in cui aveva vissuto a Parigi vivendo l’esperienza di bohemien e pittore e frequentando artisti come Maurice Chevalier. «Ciò che è grande a Parigi, credetemi leggiamo fra le pagine di Non avrete la sua testa – non sono le dimensioni materiali, ma quelle spirituali. Sono dieci secoli di storia che rendono solenni le pietre di questa città Palazzi anneriti, lerci, cadenti, decrepiti per lunga immersione nel tempo, vi offrono un’immagine dei secoli nella loro successione Ogni secolo si presenta con la sua fisionomia, alla quale il secolo successivo aggiunge nuove impronte, nuove escrescenze, nuove rughe, e fumo, e sangue, tracce del lavoro, delle rivoluzioni, delle guerre, delle gioie, dei dolori, delle disfatte, delle resurrezioni e tutto questo è Parigi!».
In questo contesto il commissario Emilio Richard è un osservatore tranquillo e distaccato del mondo che lo circonda, così come confessa a sua nipote in una scena di Qualcuno ha bussato alla porta. Ed è interessante anche il suo approccio ai casi che ci viene spiegato fra le pagine di un romanzo come La famiglia Morel: «Il metodo di Richard era di abbandonare i quesiti polizieschi ai margini, e di imbeversi lentamente dell’ambiente, fino a saturarsene per poi avvicinarsi al nocciolo della questione, richiedeva oltre che una lunga abitudine nel vagliare gli indizi, anche una comprensione umana che era la qualità più preziosa e forse più inconscia posseduta da quell’omaccione dall’apparenza un po’ tonta». D’Errico dopo la guerra interromperà la serie di inchieste del commissario Richard ma terrà viva la sua passione per i misteri dirigendo la rivista Il Giallo e sceneggiando radiodrammi per le serie Squadra Mobile, Il mio amico commissario, Scusi se la disturbo e divenendo uno dei più prolifici autori italiani del Teatro dell’Assurdo dove reinterpreterà a suo modo la scuola di Beckett, Camus e Ionesco.