la Repubblica, 12 aprile 2023
Intervista a Madame
Lingua irsuta, inclassificabile, comportamento anomalo, sfacciataggine e sincerità. Madame è un problema e, a dirla tutta, speriamo lo rimanga a lungo. Ha portato il suo nuovo album dritto al primo posto della classifica, senza una scritta, senza un nome, con in copertina solo un colore rosso vermiglio che deve rappresentare il colore dell’amore, titolo e tema del disco. Poteva essere un bella discussione generazionale, boomer contro Alfa o qualcosa del genere, e invece lei è lì, disarmante, scandalosa (nel senso antico e letterale del termine), compresa la spinosa questione dei vaccini. «Ho commesso errori» racconta «e sicuramente ancora ne commetterò ma la cronaca è stata la mia compagna di avventura, e mi ha dato ancora più forza e voglia di fare per dimostrare chi sono davvero». È sfuggente anche a ogni stereotipo anagrafico, casomai interessata a portare avanti a nome di nessuno una sua personale rivoluzione fondata sull’amore. «L’amore è esattamente quella forza, il fuoco, la linfa vitale che muove alla base le decisioni umane, ed è anche protagonista dell’odio. Nel momento in cui non c’è arrivano l’odio, l’indifferenza, l’assenza di amore causa le più grandi sofferenze umane, così come l’amore causa le più grandi gioie».
L’estate scorsa parlava di staccare il telefonino nel momento di chiudersi a realizzare il nuovo album. Lo ha fatto?
«È successo, tutto il disco è stato scritto abbastanza lontano dai social, non c’è molta “coolness” dal punto di vista della moda, sono stata anche lontana dalla musica che usciva, e ho fatto un disco che piaceva a me, e alle persone intorno a me ovviamente… Questo distacco c’è stato perché l’utilizzo dei media condiziona moltissimo».
Fin dal primo pezzo, “Come voglio l’amore”, si percepisce la voglia di maggiori aspirazioni artistiche. Sulla sillaba “mo” della parola “germogli” ad esempio c’è una caduta, come se sotto si fosse aperta una botola e la nota cadesse giù. Questo non ha alcuna motivazione razionale.
«No, certo. Stavo ascoltando molto Battiato e tra l’altroCome voglio l’amoreè una delle poche canzoni che ho scritto con penna e foglio di carta, non so come è nata quella caduta, mi è venuta così e ho dovuto togliere l’autotune perché lo avrebbe corretto. Ho dato il via libera alla mia creativitàsenza pormi limiti».
Il titolo, e i titoli dei singoli pezzi, sembrano denotare quasi un’ossessione, a partire da quel rosso in copertina…
«Mi sono chiesta, cosa banalmente può rappresentare l’amore. Per la verità, una volta una fan mi ha chiesto di che colore fosse l’amore, io risposi blu, ma per il disco pensavo a qualcosa di più universale.
Soprattutto non volevo mettere il mio nome né la mia faccia, cercavo qualcosa che possano condividere tutti, che non ho scritto io ma che tutti scrivano ascoltandolo».
Curioso visto che il disco è molto diretto e senza pudori…
«Una volta una persona mi ha detto: se a te suscita del disagio qualcosa che fa o dice un’altra persona è molto probabile che quel disagio lo viva tu e che magari lo nascondi a te stesso. In questo disco me la sono giocata, una sorta di sfida: dico tutto quello che non hai il coraggio di dire, vediamo cosa succede, come reagisci…».
L’amore può essere una forma di conoscenza di se stessi? Cosa ha imparato con questo disco?
«Che nel momento in cui c’è il giudizio all’interno tutto crolla, e che non esiste un amore giusto o un altro sbagliato. Anche questo ho capito di me, sono affascinata dalle cose in potenza, non dall’atto, ma da quello che si potrebbe fare…».
Come sarà dal vivo?
«Vorrei costruire uno spettacolo, con pause in cui si parla, in cui si chiacchiera si scherza…».
Con chi?
«Con i fan anche se un po’ mi dispiace chiamarli così, c’è uno spazio nei miei concerti che si chiama “confessionale”, è un momento in cui chi vuole parlare alza la mano e urla quello che vuole dire al mondo, a volte escono cose banali, altre volte delle cose incredibili che rimangono nella storia dei miei concerti».
È stato faticoso riuscire a esporsi così tanto?
«No, mi viene naturale, mi viene molto più difficile usare parole meno esplicite, mascherare con della poesia quello che voglio dire».
Le fa piacere essere definita come portavoce della sua generazione?
«Non mi è mai piaciuto il termine e mai mi piacerà, sono fiera di essere, se mai lo sarò, la portavoce di tutti quelli che sono come me che si rivedono in quello che scrivo, non mi interessa minimamente quanti anni hanno».