la Repubblica, 12 aprile 2023
Salvo Riina torna a Corleone
Di buon mattino passeggia tranquillo davanti alla casa di famiglia, nel vicolo che oggi è intitolato a Cesare Terranova, il giudice che per primo comprese la pericolosità dei boss corleonesi e fu ucciso. Salvo Riina, il terzogenito del capo dei capi di Cosa nostra, è tornato in paese. «Ma con lei non parlo – mette subito in chiaro – si è sempre comportato male con noi». Le domande arrivano lo stesso, ma lui non risponde e si infila dentro casa.
Salvo Riina continua a conservare molti segreti di famiglia: nel 2008 ha finito di scontare una condanna a 8 anni per associazione mafiosa, un’indagine della squadra mobile coordinata dal pm Maurizio de Lucia (oggi procuratore capo di Palermo) scoprì che il rampollo stava riorganizzando una cosca e intanto intratteneva tante relazioni con la cosiddetta “Palermo bene”. Dopo il carcere, ha fatto un periodo di sorveglianza speciale, è stato anche in una casa di lavoro: nel 2017, quando morì il padre, la procura di Palermo scrisse che aveva ancora una «persistente pericolosità sociale». Due anni dopo, Riina junior è tornato del tutto libero, senza alcun obbligo. Ma è rimasto sempre lontano da Corleone. A Vasto, in Abruzzo, aveva anche avviato un’attività di vendita di fiori. Ora, invece, ha deciso di tornare a Corleone. E sembra che voglia restarci, perché ha chiesto all’ufficio anagrafe del Comune di spostarela residenza nell’abitazione della madre, Ninetta Bagarella. A Corleone vive anche la più piccola di casa, Lucia, con il marito.
Cosa farà adesso Salvo Riina in Sicilia? Ufficialmente, come recita la sua pagina Facebook, fa lo scrittore. Il suo “Riina family life” è il racconto di una gran bella famiglia: «Quello che sono diventato lodevo ai miei genitori che non mi hanno fatto mancare nulla», scrive. Un libro pieno di silenzi e omissioni. Sul padre e pure sul fratello Giovanni, che sta scontando l’ergastolo per alcuni omicidi.
Nel 2016, quando uscì il libro, Salvo Riina accettò di farsi intervistare nel salotto di “Porta a Porta”. E nessuno gli fece le domande checontinuano a dargli fastidio. Quelle sulle parole che lui stesso pronunciò quando stava riorganizzando la cosca, e non sospettava di essere intercettato. Diceva così: «Io vengo dalla scuola di Corleone. Oh, mio padre di Corleone è, mia madre di Corleone, che scuola posso avere?». Poi, ancora: «Di uomini che hanno fatto la storia della Sicilia… linea dura, ne pagano le conseguenze, però sono stati uomini, alla fin fine. E io… sulla mia pelle brucia ancora di più». Ha sempre detto di non sapere nulla delle gesta criminali del padre, eppure le raccontava a un amico: «C’era quel cornuto, Di Cristina, che era malantrinu espiuni … era uno della Cupola, un pezzo storico alleato di quelli, i Badalamenti, minchia, Totuccio si fumò a tutti, li scannò».
Ma è soprattutto uno il segreto che conosce il figlio di Riina. E riguarda il tesoro nascosto della sua famiglia. «Se recupero pure un terzo di quello che ho, sono sempre ricco», diceva il padre in carcere. Eccola, la parola chiave: «Recuperare», il tesoro. Magari per aumentare i dividendi mensili che arrivano periodicamente a Corleone. O per fare nuovi investimenti. Negli ultimi mesi, il vecchio Riina era preoccupato in carcere: per «quelli che hanno i beni miei e se li tengono, se li godono». Il segno dei tempi, in una stagione in cui Cosa nostra non è più forte come prima. E può accadere che persino il capo dei capi perda i contatti con i vecchi prestanome. Chissà se adesso il ritorno di Salvo Riina a Corleone fa paura a qualcuno.