La Stampa, 12 aprile 2023
Italia ultima del G7 per il Pil nel 2024
Il sistema bancario e l’inflazione pongono i rischi più concreti per le tenuta del sistema finanziario e la crescita economica. Il Pil globale nel 2023 rallenta e rischia di innescare un periodo prolungato, «una fase pericolosa di crescita bassa»: attorno al 3%, secondo le proiezioni, per almeno cinque anni. La previsione che il Fondo monetario internazionale traccia nel suo World Economic Outlook è fosca, i dati che fotografano lo stato del Pil globale e le sue aspettative indicano nel 2,8% la crescita del 2023 e nel 3% quella del 2024, e tratteggiano un mondo diviso, dove alla frenata delle economie avanzate fa da contraltare la corsa di India (5,9%) e Cina (5,2%).
In questo contesto, l’Italia tiene il passo dell’Eurozona. Segna +0,7% (la media euro è di 0,8%) quest’anno e +0,8% nel 2024; registra un tasso di disoccupazione all’8,3% e un debito pubblico in calo al 140,3% del Pil in linea con un trend ribassista che porterà il debito al 140% nel 2024 e al 131,9% nel 2028. Eppure se quest’anno Roma fa meglio sia della Germania che sperimenta il segno meno (0,1%) e del Regno Unito che addirittura mostra una contrazione dello 0,3%, nel 2024 l’Italia sarà l’unico Paese fra area euro ed economie avanzate a crescere con un ritmo inferiore all’1% diventando fanalino di coda. Gli Stati Uniti crescono quest’anno dell’1,6% e dell’1,1% nel 2024.
Malgrado il conflitto in Ucraina invece l’economia russa regge; rivista al rialzo la crescita (0,7% nel 2023 e 1,3% nel 2024). Le ragioni le ha spiegate Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista dell’Fmi: i prezzi dell’energia, l’aumento dell’export di gas e greggio e leve fiscali che hanno orientato la produzione verso una sorta di «economia di guerra» stanno consentendo a Mosca di registrare note positive sul piano della crescita. Ma sulla tenuta sul medio periodo vi sono dubbi.
Sull’outlook globale si «addensano nubi» e pesano, oltre la frammentazione dei commerci e la crisi geopolitica, altre due incognite: la prima riguarda l’inflazione e le politiche monetarie restrittive imposte dalle banche centrali per contenerla, promosse dagli esperti dell’Fmi, ma che hanno conseguenze sul credito e il debito pubblico soprattutto nei Paesi emergenti; la seconda è la tenuta del sistema finanziario, bancario e non. Il responsabile del Global Financial Stability Report, Tobias Adrian, ha evidenziato che i rischi sono aumentati e che la debolezza di alcune istituzioni finanziarie – messe alle strette da dodici mesi ormai di innalzamento senza sosta dei tassi di interesse - complica la situazione e rischia di causare eccessive restrizioni ai prestiti. I casi dei tracolli di Silicon Valley Bank e di Crédit Suisse sono da leggere in tal senso.
Queste prospettive hanno portato gli analisti a delineare due scenari: in uno definito «plausibile» un ’ulteriore stretta del credito potrebbe rallentare la crescita del 2023 fissandola al 2,5% (anziché al 2,8%); quello catastrofico invece porta alla recessione.
Fra i punti critici evidenziati dal Fmi il fatto che il 9% delle banche statunitensi con asset fra i 10 e i 300 miliardi di dollari è sotto-capitalizzata e non in grado di coprire le liquidità in caso di «perdite non realizzate» su obbligazioni del Tesoro e altri bond. Sono problemi che il Fondo nota anche in alcuni istituti di credito nei Paesi del Sud Europa (senza citarli) per i quali l’intervento della Bce potrebbe essere in futuro necessario.
Secondo Janet Yellen le banche americane sono solide, «non ho visto prove di inasprimento delle condizioni di credito anche se è una possibilità», ha riconosciuto il segretario al Tesoro Usa sottolineando che l’economia statunitense «sta andando eccezionalmente bene». Yellen non si aspetta «un rallentamento dell’economia, anche se naturalmente rimane un rischio». Con Yellen avrà un bilaterale venerdì il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che sarà oggi a Washington – con il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco - per gli Spring Meetings.