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 2023  aprile 11 Martedì calendario

Tre lettere di Manzoni

Anticipiamo stralci della raccolta epistolare di Alessandro Manzoni Io ti ho a scrivere cose sì strane. Lettere di un grand’uomo tra casa e bottega, a cura di Alessandro Zaccuri e in libreria con L’Orma da venerdì
 Mio Pagani (Giovan Battista Pagani, ndr), io ti ho a scrivere cose sì strane che non so con che parole farlo... Tu sai che il nostro Arese (Luigi Arese, un amico comune, ndr) era acceso fervidamente di quella ragazza che è in casa mia; sai che io ne lo distornava più che per me si poteva... Devi anche sapere che io oltre al non amarla aveva quasi una avversione per lei; e devi sapere che Arese aveva per testimonio di sua corrispondenza un carteggio intavolato da lei, e una dichiarazione. L’altra sera protraggo a caso l’ora della mia ritirata: m’affaccio alla finestra; ella v’è pure; m’interroga, le rispondo, e facciam giorno d’uno in altro discorso. Il dì vegnente riferisco tutto ad Arese, come ti puoi immaginare; vedo ch’egli non se ne adombra; manifesto una persuasione di poter correr carriera con lui; egli se ne mostra lietissimo. Se ne fa patto; e ci dividiamo già le spoglie della futura preda. Eccomi dunque da zelantissimo sconsigliatore divenuto fautore e compagno; ecco Arese tanto eccellente amico da farmi parte della cosa la più preziosa. Oh ciechissime menti! Come poteva amore mai tollerare un accordo tanto contrario alle sue leggi! Imprudentissimamente adoprammo ambedue... Di suo consentimento adunque ripeto la sera vegnente; la trovo disposta; e ordiniamo di trovarci l’altra notte a un finestrino che dà sulla scala in fondo, per uscire alla porta. Ma questa nuova non ricevè già con lo stesso animo Arese; che anzi cominciando a pensare alla infedeltà di colei che egli amava e che credeva tutta sua ne ebbe tale rammarico, che ne fu tratto quasi fuori di sè. Io non ti posso esprimere quale tempesta di affetti destassero in noi lo stupore, la promessa dalla mia parte, l’amore dalla sua, l’amicizia in entrambi. La quale crebbe a dismisura, e la maraviglia principalmente, quando tre o quattro ore prima che si eseguisse il concerto Arese ricevè da lei per lo stesso finestrino una lettera, dove lo chiama suo solo amico. Perchè parmi che meglio avresti detto le donne esser vipere che passere. Che si doveva fare? Poteva io bere il piacere nel calice del dolore del mio amico?...
 
Mio caro Monti (Vincenzo Monti, ndr)... ho sentito veramente il bisogno di scriverti, di comunicare la mia felicità a te che me l’avevi predetta; di dirti ch’io l’ho trovata fra le braccia d’una madre; di dirlo a te che tanto mi hai parlato di Lei, che tanto la conosci. Io non cerco, o Monti, di asciugare le sue lagrime; ne verso con Lei; io divido il suo dolore profondo, ma sacro e tranquillo... Io non vivo che per la mia Giulia (Giulia Beccaria, sua madre, ndr) e per adorare ed imitare con Lei quell’uomo che solevi dirmi essere la virtù stessa. I tuoi modi cortesi, la tua bontà tanto rara in quei pochissimi, cui il sentimento naturale, e la pubblica opinione fa superiori agli altri, non usciranno mai dal mio cuore... Amami e scrivimi. Cedo volentieri la penna alla mia Giulia che sta per istrapparmela dalle mani per iscrivere due righe al suo Monti.

Signore (Wolfgang Goethe, ndr), per quanto screditati sieno i complimenti e i ringraziamenti letterarj, io spero ch’Ella non vorrà disgradire questa candida espressione d’un animo riconoscente. Se, quando io stava lavorando la tragedia del Carmagnola, alcuno mi avesse predetto ch’essa sarebbe letta da Goethe, mi avrebbe dato il più grande incoraggiamento, e promesso un premio non aspettato. Ella può quindi immaginarsi ciò ch’io abbia sentito in vedere ch’Ella si è degnata di osservarla tanto amorevolmente, e di darne dinnanzi al Pubblico un così benevolo giudizio. Ma, oltre il prezzo che ha per qualunque uomo un tal suffragio, alcune circostanze particolari l’hanno renduto per me singolarmente prezioso... In questa nojosa ed assiderante incertezza, qual cosa poteva più sorprendermi e rincorarmi, che l’udire la voce del Maestro, rilevare ch’Egli non aveva credute le mie intenzioni indegne di essere penetrate da Lui, e trovare nelle sue pure e splendide parole la formola primitiva dei miei concetti? Questa voce mi anima a proseguire lietamente in questi studj, confermandomi nell’idea che per compire il meno male un’opera d’ingegno, il mezzo migliore è di fermarsi nella viva e tranquilla contemplazione dell’argomento che si tratta, senza tener conto delle norme convenzionali, e dei desiderj per lo più temporanei della maggior parte dei lettori. Deggio però confessarle che la distinzione dei personaggi in istorici e in ideali è un fallo tutto mio, e che ne fu cagione un attaccamento troppo scrupoloso all’esattezza storica, che mi portò a separare gli uomini della realtà da quelli che io aveva immaginati per rappresentare una classe, una opinione, un interesse. In un altro lavoro recentemente incominciato io aveva già ommessa questa distinzione, e mi compiaccio di aver così anticipatamente obbedito al suo avviso. Ad un uomo avvezzo all’ammirazione d’Europa io non ripeterò le lodi che da tanto tempo gli risuonano all’orecchio, bensì approfitterò dell’occasione che mi è data di presentargli gli augurj i più vivi e più sinceri di ogni prosperità. Div.mo Obb.mo Servitore
Alessandro Manzoni