il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2023
Benini al salone. Una nomina politica? Polemiche
Nicola Lagioia, direttore uscente del Salone del Libro di Torino, ha consigliato la giornalista del Foglio Annalena Benini, che prenderà da giugno il suo posto, di “essere consapevole che il Salone è una fiera, io ho sempre dialogato con editori e autori”, ma anche con i politici “tutti, Pd, 5 Stelle, Lega, e siamo sempre stati autonomi”. Benini farà suo il consiglio? O, almeno, potrà farlo? Perché la sua nomina resta un mistero: chi l’ha davvero scelta per la direzione del Salone?
Le versioni ufficiali dicono che siano stati Alberto Cirio, presidente di centrodestra della Regione Piemonte, Stefano Lo Russo, sindaco di centrosinistra di Torino, e Silvio Viale, presidente dell’associazione che detiene il marchio della manifestazione. Nei corridoi, però, si ha la netta sensazione che l’ordine sia partito da Roma. Ossia da quel governo Meloni già attivo nei tentativi di ingerenza culturale (non solo al Salone), visto che settimane fa il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano cercò di insediare Pietrangelo Buttafuoco, Giordano Bruno Guerri e Marcello Veneziani nel comitato editoriale della fiera. A imporre il nome della nuova direttrice Benini sarebbe stato proprio Sangiuliano, capomanipolo nell’assalto della destra alle istituzioni culturali e alfiere di una riscossa nazional-identitaria che mescola a casaccio Dante e Gramsci. Lo avrebbe fatto su suggerimento di Alessandro Giuli, presidente del Maxxi di Roma (nominato dal governo in carica) e amico e collega al Foglio della Benini. Una decisione maturata, come si dice, sfruttando anche l’indecisione degli amministratori torinesi di Regione e Comune, e del proprietario del marchio del Salone. Certo è che Benini ha subito avuto il placet di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura: “È una scelta culturalmente molto alta e politicamente molto avveduta”. A confermare l’ipotesi di una decisione romana è stato lo stesso Giuli in un’intervista a La Stampa: “La nomina della Benini è un esempio di come agisce il ministro Sangiuliano. Fatti, scelte concrete, senza tanti proclami. Così si costruisce un’egemonia culturale”. Difficile che Giuli rilasci dichiarazioni così secca senza parlarne con il ministro.
Se così fosse, sarebbe la prima volta, nei 35 anni di storia della kermesse torinese, di una direzione di nomina tutta politica alla guida di Librolandia. È questa la famosa “egemonia culturale” della destra? Non sarebbe meglio chiamarla con altre parole, pur senza minimizzare il valore della Benini? Dire, insomma, che si è trattato di lottizzazione?