Corriere della Sera, 11 aprile 2023
Caso Orlandi, intervista al procuratore del Vaticano Alessandro Diddi
«Sul caso Orlandi papa Francesco e il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, vogliono che emerga la verità senza riserve». A dirlo in via esclusiva al Corriere è il Promotore di Giustizia della Città del Vaticano, il professor Alessandro Diddi, classe ‘65, affermato penalista e docente di procedura penale, che oggi incontrerà Pietro Orlandi e la sua avvocatessa Laura Sgrò.
Professor Diddi, qual è la metodologia con la quale lei scaverà sul caso Orlandi in ragione dell’incarico ricevuto dal Papa?
«Papa Francesco mi ha investito del ruolo di capo di questo delicatissimo Ufficio, che sto riorganizzando anche grazie all’aiuto di due magistrati ordinari e due applicati. Tra i fascicoli ereditati dal mio predecessore, il professor Gian Piero Milano, ve ne era uno contenente una serie di denunce della famiglia Orlandi relative alla scomparsa di Emanuela. Al fine di fare definitiva chiarezza sulla vicenda, nel gennaio di quest’anno ho ricevuto dal Papa l’incarico di occuparmi del caso e, in tale prospettiva, ho ritenuto di far confluire in un unico fascicolo tutte le informazioni reperite avendo compreso la rilevanza del materiale che avevo a disposizione. In concomitanza a questa iniziativa, in Italia, è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta e pertanto vi sarà una proficua collaborazione tra i due Stati».
Come pensa di operare e quale mandato ha ricevuto da papa Francesco?
«Sia il Santo Padre che il cardinale Parolin, mi hanno concesso massima libertà d’azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di “parresia” evangelica e tale approccio è ciò che più conta».
Quindi da parte del Pontefice c’è il desiderio forte di arrivare alla verità sulla sorte di Emanuela?
«Sì, il desiderio e la volontà ferrea del Papa e del Segretario di Stato sono di fare chiarezza senza riserve».
Emerge già qualcosa, come visione di insieme?
«Qualche iniziale risultato è stato conseguito. Ho appreso che la Commissione di inchiesta italiana ha il compito – anche attraverso rogatorie – di chiedere alla magistratura vaticana informazioni e approfondimenti che forniremo con estrema franchezza nell’ottica della mutua collaborazione. Sulla scorta di tali premesse, desidero fermamente ribadire l’auspicio che all’esito di questo comune sforzo un giorno possa emergere la verità».
In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate
in 40 anni
Le indagini
eseguite dovranno emergere,
questo
lo sanno anche
le gerarchie vaticane
Come si articola il suo lavoro?
«In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni. Gli approfondimenti eseguiti dovranno emergere, perché sono attività di indagine destinate a confluire integralmente nei fascicoli dell’Ufficio e di questo anche le gerarchie vaticane sono pienamente consapevoli. Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione. Questo rischio non lo voglio correre, non me lo posso permettere. In Vaticano conoscono tali mie prerogative e ho raccolto ampie garanzie poiché siamo accomunati dagli stessi intenti».
Professore, ha già avuto modo di addentrarsi nelle carte, italiane e vaticane?
«Sì, e sono tante, tantissime; ho avuto modo di leggerle e analizzarle. Ci sono state anche acquisizioni interne di carte vecchie, vecchissime, impolverate. E altre ne sto cercando ancora».
Ha potuto effettuare anche audizioni di testi interni al Vaticano?
«Stiamo lavorando anche su questo versante, ma non posso dire di più. Sentiremo Pietro Orlandi e acquisiremo le necessarie informazioni testimoniali, ascoltando quanto di inedito ha da riferirci. Ci sono – all’interno e all’esterno del Vaticano – figure ancora reperibili. Anche nell’ambito della pregressa inchiesta romana sono stati fatti accertamenti importanti. Devo tuttavia precisare una cosa...»
Quale precisazione?
«La premessa è che, tecnicamente, il mio team ed io non possiamo fare indagini in Italia: per le indagini sul suolo italiano devo interfacciarmi con la Procura della Repubblica di Roma e col nuovo Procuratore Francesco Lo Voi. Le relazioni tra le due rispettive Procure sono sempre state cordiali e i risultati proficui. In questa nuova fase, qualora vi saranno gli estremi, valuteremo la possibilità di inviare al ministro Nordio rogatorie chiedendo all’Autorità giudiziaria italiana di compiere gli approfondimenti ritenuti necessari così come siamo disposti, nell’ottica della reciproca collaborazione, a eseguire eventuali richieste che la Procura di Roma volesse far pervenire a noi»
Lei ha partecipato come avvocato al processo Mafia Capitale: si può affermare che il ruolo della Banda della Magliana è importante nel caso Orlandi?
«Premesso che non posso entrare nello specifico e che sull’argomento ci sono indagini enormi della Procura di Roma, temo che il ruolo della Banda della Magliana nel caso Orlandi sia stato sopravvalutato, sebbene esistano alcune evidenze. La situazione, tuttavia, impone un inquadramento più ampio».