Avvenire, 9 aprile 2023
Sul tango
Venivano chiamate “las damas del tango” le cantanti argentine che rivaleggiarono, negli anni che Woody Allen chiamò i radio days, con il mitico Carlos Gardel. Il tango, «un pensamiento triste que se baila» come lo definì uno dei suoi massimi autori, Enrique Discepolo, era indiscutibilmente un genere musicale maschile, nato nelle osterie di Buenos Aires dalle malinconie e dalle solitudini dei maschi immigrati e dal bisogno di esprimerle e di farsene forti.
Anche il grande Borges scrisse dei tanghi e sentì il fascino di quella musica, di quelle solitudini, perfino di quella violenza, ma si trattava pur sempre che parlavano di maschi malinconici e dal coltello facile, ai margini della legge e della società. E però anche le donne ebbero i loro tanghi, ed espressero insoddisfazioni e malinconie ovviamente diverse da quelle degli uomini. Le più famose tra loro furono Tita Merello, una sorta di Anna Magnani portegna attivissima in teatro e in cinema, che interpretò una versione cinematografica della Filumena Marturano di Eduardo, dove anche cantava, e Libertad Lamarque, il cui padre aveva origini francesi e la madre spagnole. Bella, elegante, affascinante, Libertad interpretò il primo film sonoro argentino nel 1933, dall’ovvio titolo di Tango!, ed è stata la diva più celebre di quella cinematografia per qualche decennio, anche se, rivale della perfida e gelosissima Eva Duarte (l’Evita di Peròn) finì per lavorare soprattutto in Messico, dove interpretò l’unico film di cui il grande Buñuel un po’ si vergognava, Gran Casinò, che la vide a fianco di un celebre cantante di musica ranchera, Jorge Negrete. E fu in Messico che morì, nel 2000. Ci sono studiosi che hanno esaltato il cinema messicano, il più vivace dell’America Latina, come primo e massimo elemento di formazione di un immaginario comune al semi-continente, possente rivale del cinema hollywoodiano che peraltro cercò inutilmente di acquisire anche Lamarque, quando il grande mercato europeo gli si chiuse per via della guerra. Ho visto qualche film di Lamarque, da La cavalcata del circo al mitico Madreselva, e sì, aveva stile, era bella brava elegante, un modello per una piccola borghesia di confuse origini sociali. E mi piace ricordare le lunghe chiacchierate, a Roma, con un’amica argentina che sapeva tutto del tango e che cantava ella stessa, Meri Franco Lao. E mi capita ancora di ascoltare con piacere non solo Gardel e i suoi rivali, anche le grandi damas del tango come l’estroversa e proletaria Tita e la signorile e borghese Libertad