Il Messaggero, 9 aprile 2023
Sedotte e abbandonate. Storia di tre colleghe rimaste incinta del loro capo nel giro di 10 mesi
Sedotte, rimaste incinta e abbandonate dal datore di lavoro nel giro di dieci mesi. Una storia di relazioni finite male, con relative gravidanze, che ha sconvolto la vita di tre ragazze e la tranquillità di un piccolo paese del Sorano. Una delle tre, la prima che ha già messo a mondo il bambino, ora però vuole giustizia e ha portato in tribunale l’ex compagno per vedere riconosciuti i diritti di mantenimento per il figlio. E con tutta probabilità anche le colleghe dovranno fare la stessa cosa. Ma partiamo dall’inizio.
È il febbraio dello scorso anno quando la prima protagonista della storia incontra un uomo poco più grande di lei. I due intraprendono una relazione coinvolgente ed appassionata e vanno a convivere. La ragazza inizia anche a lavorare nell’attività del fidanzato. Tutto sembra procedere senza intoppi, anzi arriva anche la bella notizia: lei scopre di essere in dolce attesa di un maschietto. L’idillio amoroso però dura poco. Dopo le prime settimane di gestazione, la ragazza dice al fidanzato di non sentirsela più di continuare a lavorare. I ritmi, gli orari e la gestione dei turni avrebbe potuto compromettere la gravidanza e la salute del nascituro. A quel punto le cose iniziano a cambiare.
LA RELAZIONE SI FERMA
Il compagno cambia atteggiamento nei suoi confronti fino ad assumere comportamenti sempre più irascibili che costringono la ragazza a prendere coscienza del fatto che la loro convivenza non era più possibile. Siamo ad agosto 2022, la relazione tra i due s’interrompe bruscamente. In un primo momento il futuro padre dichiara di voler contribuire alle spese della gravidanza e a quelle future del figlio, ma dopo poco cambia idea e chiede un test del Dna al quale però non si sottopone. Gli viene chiesto di farsi carico delle spese per l’esame sulla paternità e a quel punto fa un passo indietro.
E mentre lei si ritrova nella situazione di dover mettere al mondo un figlio senza la presenza del padre, per lui quella storia è già acqua passata tanto che inizia una nuova relazione sentimentale con un’altra ragazza, anch’essa sua collaboratrice, e pure lei rimasta incinta.
E l’ex fidanzata, come si conviene di questi tempi, lo scopre sui social dove la nuova coppia condivide un video del “baby shower”, la festa prenatale, un’usanza importata dagli Stati Uniti, in cui si accoglie la futura nascita di un bambino e talvolta si apprende anche il sesso del nascituro. Affranta ed umiliata, l’ex fidanzata lo scorso gennaio partorisce un bellissimo bimbo, quello dell’ex collega nascerà a giugno. Ma non finisce qui. «Mia figlia è stata la prima vittima di questa persona – dichiara la nonna del primo bimbo – ma fortunatamente ha una madre che le darà tutto il sostegno che le è necessario. Spero che sia così anche per la seconda e la terza». La terza? E si perché pare che anche una terza donna, anche lei impiegata nell’attività dell’uomo, sia caduta tra le braccia del datore di lavoro con lo stesso epilogo delle prime due collaboratrici. L’ultima dovrebbe invece partorire ad ottobre.
L’APPELLO
«Io mi auguro che questa persona si prenda le responsabilità derivanti dall’essere padre. Ci sono almeno due ragazze madri sperando che almeno alla terza vada bene e presto ci saranno tre fratellastri nati a pochi mesi l’uno dall’altro legati dallo stesso padre», aggiunge la nonna sconfortata che rivolge anche un appello alle altre ragazze: «State attente, non lasciatevi prendere in giro. Non è giusto che un datore di lavoro si comporti in questo modo senza dimostrare un briciolo di etica professionale».
Intanto l’uomo dovrà vedersela con la giustizia. La neo mamma, attraverso il suo legale Antonio Carugno, lo ha citato in giudizio per il riconoscimento della paternità. La prima udienza si terrà il 21 settembre al tribunale di Cassino.