Domenicale, 9 aprile 2023
Quando la Francia iniziò a snobbare la cultura italiana
I rapporti tra Francia e Italia hanno alle spalle una lunga storia, con un’Italia che per alcuni secoli è stata un punto di riferimento, quasi il faro nelle arti per i cugini d’Oltralpe. Dai giardini alle arti della cucina poco sfugge all’influenza del rigoglio delle corti italiane che trova poi un felicissimo compendio nel castello di Fontainebleau dove Rosso Fiorentino e Primaticcio aprono nuove prospettive alla pittura del Paese. Arriva però un momento in cui il clima cambia con la Francia che guarda con interesse anche altrove e rimette in questione la preminenza dell’Italia. Un’interessante testimonianza di questa evoluzione è ora disponibile grazie alla pubblicazione del carteggio tra Pierre-Jean Mariette (1694-1774) e Giovanni Bottari (1689-1775) a cura della storica dell’arte Erminia Gentile Ortona.
Le 67 lettere scritte dal grande collezionista francese allo studioso, filologo e archeologo italiano Giovanni Gaetano Bottari spaziano negli anni centrali del Settecento. Il carteggio offre una preziosa immersione nel mondo dell’arte – con particolare attenzione a disegni e stampe – grazie alle pressanti richieste di Mariette che sta via via diventando il più grande collezionista dell’epoca. Mariette, che Bottari definisce «eccellente nella inteligenza delle tre arti», si era rivolto a Bottari su consiglio del grande archeologo e numismatico francese e suo amico d lunga data abate Jean-Jacques Barthélemy. Mariette gli aveva chiesto di trovargli un corrispondente «che amasse le stampe». Il futuro autore del best seller Voyage du jeune Anacharsis en Grèce lo aveva trovato nel «prefetto della Biblioteca Vaticana e autore dei Musei Capitolini».
Era il 15 marzo del 1756. Da allora dovevano iniziare una corrispondenza che sarebbe durata fino ai primi anni 70. Bottari e Mariette non si erano mai incontrati prima né avranno modo di farlo successivamente. L’erudito italiano ammirava la cultura artistica di Mariette non solo nel campo della grafica ma anche, come scrive lo storico dell’arte David Brown, «per il suo occhio da lince» che gli permetteva un innovativo approccio diretto alle opere d’arte basato sull’osservazione dell’evidenza visuale. Un occhio e una passione che lo avevano portato a raccogliere migliaia di disegni e stampe di eccelsa qualità come si è potuto constatare nel 2019 alla mostra dei Disegni italiani della collezione Mariette al Louvre. Il collezionista francese, scrive Pierre Rosenberg nella presentazione del volume, «fu molto più di un collezionista», fu uno storico dell’arte ante litteram, prima di Winckelmann, a una data in cui questa disciplina non era ancora riconosciuta.
Le lettere di Mariette, finora pubblicate solo in parte, sono conservate all’Accademia dei Lincei nelle collezioni corsiniane cui tanto aveva contributo in vita lo stesso Bottari. Riordinato per la prima volte cronologicamente nella sua totalità, l’epistolario offre un’appassionante cronaca di quanto di rilevante stesse accadendo dalle due parti delle Alpi. I fatti riportati nelle lettere hanno anche un grande interesse storico perché inframezzati alle discussioni artistiche, permettono di seguire, sullo sfondo della Guerra dei sette anni, la morte di Benedetto XV e l’elezione di Clemente XIII, l’attentato di Luigi XV, la morte di Madame de Pompadour.
Grazie a questa corrispondenza si può seguire l’evoluzione dei rapporti tra gli artisti e i critici dei due Paesi. Si era trattato, scrive la curatrice, di un «lento distacco che, dopo due secoli di infatuazione per l’arte italiana, si era venuto creando in Francia già negli ultimi decenni del XVII secolo portando la Francia a un vero e proprio voltafaccia nei confronti dell’Italia nella convinzione della superiorità di Parigi su Roma. A questo sentimento si opponeva la convinzione opposta che Roma fosse sempre al centro della creazione artistica». «È un periodo che vede divampare il conflitto per la supremazia di Parigi su Roma (o di Roma su Parigi) e la rivalità tra le due capitali», rileva lo stesso Rosenberg che attribuisce a questa rivalità la più che tepida accoglienza fatta al Traité des pierres gravées, pubblicato da Mariette nel 1750. Trattato che aveva del resto sollevato il sarcasmo anche di Winckelmann con grande disappunto di Mariette, il quale avrebbe voluto vendicarsene chiedendo a Bottari, in una lettera «non proprio edificante», di far circolare una lettera di Winckelmann tradotta da Mariette in cui si formulavano pesanti critiche sulla conduzione degli scavi di Ercolano. Questo fatto avrebbe potuto procurare difficoltà all’archeologo tedesco con il quale, d’altra parte, Mariette condivise quel filo-ellenismo esasperato che l’erudito francese portò alla «ricerca di orizzonti più vasti dell’antica Roma».
Tra le vittime più illustri della nascente incomprensione tra i due Paesi vi è Piranesi. Mariette, scrive Erminia Gentile Ortona, «troppo razionale e convinto esponente dell’Illuminismo», non può capire la visione del Piranesi, giudicata infedele, «non vraisemblable». L’ammirazione per l’artista si alternerà con la condanna per la mancanza di veridicità e per il gigantismo delle sue rappresentazioni.
Le lettere sono non solo trascritte con cura ma, come rileva Rosenberg, sono accompagnate da «un apparato critico esemplare» che permette di orientarsi nella vita culturale del tempo. Il volume, annota nella sua presentazione Carlo Ossola, non è solo «testimone del collezionismo erudito di un’Europa ove le arti sono patrimonio comune di gusto» ma restituisce anche «profondità storica, sapore biografico, illuminazione erudita a quell’impresa straordinaria – vera nascita di un nuovo genere – che fu la Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura scritte dai più celebri personaggi che in dette arti fiorirono dal secolo XV al XVII del Bottari».