Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 09 Domenica calendario

In morte delle principesse Disney

Care Principesse Disney, arrendetevi. Ormai non c’è più niente da fare: purtroppo il vostro tempo è finito. Le bambine di oggi non vi vogliono più, anzi, le loro stesse mamme – quelle che cantavano a squarciagola Il mondo è mio – hanno deciso che non andate più bene: siete tossiche, sponsorizzate modelli errati e avete questa insana fissazione per il Principe Azzurro, come se fosse l’unico depositario della vostra felicità. Capite bene che non si può andare avanti così: con voi ce n’è sempre una e non ha fatto eccezione nemmeno la «nuova», super inclusiva, Ariel. E dire che la Walt Disney ce l’aveva messa tutta per fare, almeno stavolta, le cose per bene: la major di Topolino aveva prima annunciato il film in live action de La Sirenetta (nelle sale dal 24 maggio) per poi diramare la notizia che a interpretare Ariel sarebbe stata l’attrice e cantante Halle Bailey. Con una mossa così inclusiva, nessuno avrebbe dovuto eccepire nulla: finalmente le ragazzine avevano l’eroina moderna che si meritavano ossia la prima Sirenetta di colore. Dovevano essere tutti in una botte di ferro. Sbagliato. Perché c’è ancora il problema irrisolto delle canzoni intonate nella Sirenetta.
Quelle che per molti anni non erano altro che canzoncine innocenti, con le nuove sensibilità di oggi sono considerate inni alle molestie e al maschilismo tossico. A finire sotto accusa sono in particolare due brani, ossia Kiss the Girl e Poor Unfortunate Souls. Partiamo dal primo. A un certo punto del cartone, tutti quanti si mettono a gorgheggiare Kiss the girl, incoraggiando il bel Principe a baciare Ariel. Piccolo particolare: lei è senza voce. Non può parlare, quindi non può esprimere il suo consenso al bacio. Secondo i padri fondatori del politicamente corretto, il messaggio trasmesso sfiorerebbe l’incitazione all’abuso o comunque, nel migliore dei casi, non insegna al rispetto dell’altro. Quanto invece al brano Poor Unfortunate Souls a destare un polverone è il seguente passaggio: «Agli uomini lassù non piacciono molte chiacchiere, pensano che una ragazza che spettegola sia noiosa, eppure sulla terraferma, è di gran lunga preferibile per le donne non dire una parola». Tradotto: donne, statevene zitte e ubbidite al maschio alfa. Immediatamente le femministe sono saltate sulle barricate, tanto che Disney avrebbe deciso di modificare il testo di entrambi i passaggi musicali.
Tra l’altro un episodio simile era già successo, un paio di anni fa, con Biancaneve: si era fatto notare che il bacio del vero amore, datole dal Principe per svegliarla dal sonno eterno, non era altro che un bacio non consensuale. La polemica era stata tale che si era chiesto addirittura alla Disney di rimuovere il disegno della scena dal parco di divertimenti Disneyland. Sarebbe stato poco istruttivo, sostenevano. Pure la revisione delle canzoni ha un precedente, ossia la trasposizione in live action del cartoon Aladdin su grande schermo. Il brano Arabian Nights recitava: «Where they cut off your ear, if they don’t like your face» ossia «(il luogo) in cui la gente, se non gli piace la tua faccia, ti taglia l’orecchio». La battuta è stata percepita come insensibile e nella versione cinematografica è stata cambiata con una strofa che parlava invece del clima e del caldo. Più in generale, inoltre, le Principesse Disney sono accusate di essere portatrici di un modello femminile superato: è sempre e solo etero, poco emancipato e scambia il romanticismo per sottomissione all’uomo.
E Disney prende molto sul serio questo genere di critiche, anche perché ultimamente oggetto di accuse di omofobia. Per esempio, la major è stata criticata per non essersi schierata apertamente contro la proposta di legge presentata dai repubblicani in Florida e ribattezzata «Don’t say gay» («Non dire gay»). Il testo prevedeva che l’orientamento sessuale non potesse essere promosso a materia di dibattito nelle scuole d’infanzia. Il Ceo della Disney, Bob Chapek, aveva provato a rimediare invitando a non confondere «la mancanza di una dichiarazione per una mancanza di supporto», ma a nulla valse la sua precisazione. Da qui, tra l’altro, sono nate le accuse, sempre mosse dai dipendenti, di censurare le scene di intimità tra i personaggi d’animazione gay, che hanno cominciato a fare la loro apparizione nelle pellicole. Il primo bacio gay in una storia Disney è quello che compare in Lightyear – La vera storia di Buzz. La scena era stata eliminata dai vertici della Disney ma proprio le proteste dei dipendenti della casa di produzione l’hanno fatta reinserire. —