Tuttolibri, 8 aprile 2023
Su "Centomilioni" di Marta Cai (Einaudi)
Teresa ha quarantasette anni e non sa nulla della vita. È digiuna di qualsivoglia esperienza, soprattutto dell’amore, questo sentimento mai corrisposto che le arde nelle vene. Zitella, magra come una prugna secca, timida e insicura, abita (ancora) con i genitori, confinata in una stanza di cui non ha mai posseduto la chiave. La madre è la sua aguzzina: svalutante, ossessiva, maniaca del controllo, la tiene in pugno mentre il padre ormai logorato dall’Alzheimer non è che un’ombra; Teresa al mattino lo lava e lo veste seguendo le indicazioni imperiose della madre. Poi è la volta della scuola dove insegna inglese in un istituto per ripetenti, è lì che qualche mese prima ha incontrato Alessandro, un giovanissimo alunno biondo, bello come un Apollo, che si è misteriosamente ritirato dal corso, scavandole un solco nel cuore. Teresa si è perdutamente innamorata di quel ragazzino, di cui non sa nulla. Confida tutto al suo diario: «Lo penso soprattutto quando sono triste. Lo penso: cos’altro c’è nell’amore? Mi piace sussurrare il suo nome». Scolpisce una pagina dietro l’altra decantando il suo sentimento, gridando la sua insofferenza per quell’esistenza asfissiante, vuota, per la madre che le occupa ogni pensiero, quella madre che odia, che la spedisce al mercato e la costringe a una quotidianità pervasa dal cibo: l’ossobuco, il merluzzo, la trippa, il mangiare gronda sulla tavola di famiglia, inondato di olio, brodo, sugo.
In quella città di provincia mai nominata - eppure nitida nelle sue descrizioni precise: i villini a schiera, il Caffè del centro, l’orizzonte alto - non accade mai nulla, il tempo è un’elissi sulla quale Teresa gongola fumando con un accanimento imperituro: in camera, a scuola, per strada. Il fumo è l’unico gesto che le appartiene. Una stecca dopo l’altra mentre la gastrite la ghermisce, la stitichezza la piega, fino a quando non rincontra Alessandro. È un caso? Un disegno del destino? Un piano diabolico? Il ragazzo è felice di rivederla, le va incontro festante e le propone di andare presto a prendere un caffè. Le lascia il suo numero di telefono e un desiderio addosso che certe notti la costringe a strapparsi le vesti e a picchiarsi, come se «il maligno» improvvisamente la possedesse. L’appuntamento con Alessandro diventa un’ossessione, Teresa osserva il suo stato cambiare su WhatsApp, a tutte le ore, mentre sogna un incontro che le sembra impossibile. Non si sente all’altezza: la donna rimugina, riflette, immagina quando improvvisamente l’io narrante vira, ed eccoci come per incanto nella testa di Alessandro. Figlio anche lui, solo anche lui, vinto anche lui, ma spietato, crudele, in cerca del bene più prezioso di tutti: il denaro. Denaro che la famiglia di Teresa possiede: «Arrivò l’euro, che donò loro un nuovo vestito diciamo più adulto, per il mondo del lavoro globale, grigio, taglio Armani, una cravatta a disegnini cachemire, circa cinquantamila e rotti; pertanto in banca e nei fondi furono ribattezzati Cinquantamilaerotti, ma a casa, nella tana dove furono accolti alla nascita, protetti e allevati, hanno continuato a essere trattati come infanti e chiamati vezzosamente Centomilioni. Rosei, paffuti». È a quelli che mira il ragazzo? Chissà.
È una storia piccola, minuscola quella che racconta Marta Cai, eppure abitata da personaggi immensi, affogati nelle loro solitudini, con le teste ruminanti di pensieri, mentre tra una pagina e l’altra si spalancano digressioni che hanno il potere di raccontare il grande universo che la scrittrice inventa. Romanzo polifonico, con un io narrante onnisciente che da del tu al lettore, lo prende per le mandibole e lo inchioda alla pagina. «La famiglia è guerra» scrive Cai, delineando un sottomondo impietoso, efferato e bestiale, rievocando una lunga lista di animali sempre rovinosamente violati dall’uomo. Usa una lingua preziosa, una vocabolario infinito, le metafore si susseguono precise e infallibili, le immagini emergono dal libro tridimensionali. Il montaggio alternato rovescia il punto di vista, mentre le confessioni sul diario ci fanno tremare di tenerezza: il registro è diverso, la voce si fa intima. Una risata può esplodere improvvisa quando meno ce lo aspettiamo, mentre un tono lirico e infallibile sovrasta tutto, lasciandoci innamorare di un’antieroina per eccellenza: facciamo il tifo per Teresa, palpitiamo per lei, soffriamo con lei, (fumiamo con lei) mentre Marta Cai ci porta per mano verso un appuntamento attesissimo e ignoto, con un ritmo ondivago, in una storia che più di tutto splende per il suo punto di vista, la lingua, l’incredibile lungimiranza.
Centomilioni è un libro magnifico, definito da uno stile monumentale, una voce unica nel suo genere che si impone nel panorama italiano come un frutto esotico.