la Repubblica, 9 aprile 2023
Intervista a Sofia Coppola
Quando lavorava allaParis Review,alcuni decenni fa, Vendela Vida pubblicò un saggio che si intitolava
Girls on the Verge,dedicato ai riti di iniziazione delle teenager americane, che nasceva dalla sua tesi di dottorato. Da allora Vida si è fatta strada nel mondo delle lettere statunitensi con un passo tutto suo. Moglie di un romanziere famoso, Dave Eggers, la compagna del formidabile genio è riuscita a tracciare per sé una strada che corre accanto a quella di Eggers con la giusta distanza di una retta parallela. È editor della rivista letteraria The Believer, si occupa del coordinamento di 826 Valencia, un centro no profit per ragazzi dedicato alla scrittura, e ha pubblicato saggi e romanzi, tra cuiGeometrie di un panorama sconosciuto (Neri Pozza). Da poco è in libreria, per lo stesso editore,
Cavalchiamo la marea, in cui le sue ossessioni letterarie, ossia la capacità di mentire e le sue conseguenze, e l’adolescenza come età principe della menzogna, si coagulano in una trama sottilmente misteriosa. Siamo a San Francisco negli anni Ottanta, nell’area benestante di Sea Cliff.
Qui vive la tredicenne Eulabee, e qui vivono le sue amiche: Maria Fabiola, Julia, Faith. Nelle prime prove tecniche di libertà, in un’epoca senza cellulari né geolocalizzazione della prole, le quattro ragazzine passano i pomeriggi tra gli scogli della spiaggia ventosa a pochi metri dalle loro case, o chiacchierando in grandi cucine di lusso. Fin quando un evento perturbante, il primo affacciarsi di un mondo adulto sessualizzato e pericoloso, cambia la loro amicizia e porta a una scomparsa che turba l’intera città.
La regista Sofia Coppola, anche lei cresciuta in California, ha più volte citatoCavalchiamo la marea tra le sue letture preferite. Non è difficile intuire perché: l’atmosfera ricorda quella del suo film Le vergini suicide,ma per così dire con un supplemento di indagine: nel finale infatti Vida ci svela cosa è stato delle ragazze e del loro quartiere, finito nelle mani dei «signori della tecnologia», che, gira voce, «pagano in contanti e comprano per procura».
Come la sua protagonista, lei è cresciuta a San Francisco negli anni Ottanta. Quanti dei suoi ricordi compongono la trama di questo romanzo?
«Ho cominciato a scrivere questa storia quando mia figlia aveva tredici anni. Non riguardava lei, ma semplicemente mentre la osservavo entrare nell’adolescenza le emozioni di quando avevo la stessa età sono riemerse all’improvviso, in maniera molto vivida. Poiché non volevo che fosse un libro autobiografico, non sono nemmeno andata a rileggere i miei diari. Non mi interessava capire se imiei ricordi di oggi fossero sovrapponibili alle mie impressioni di allora, ma solo restituire il senso profondo di quell’età in cui le amicizie diventano il centro dell’esistenza e tutto ruota intorno a quello. Ilsense of humour di Eulabee, la protagonista, è molto simile al mio; è quasi impossibile, penso, scrivere un libro con l’umorismo di qualcun altro.
Inoltre mia madre, come la sua, è svedese, e credo che questo sia importante per la prospettiv a con cui osserva il mondo».
Intende dire una prospettiva in qualche modo “estranea”?
«Esattamente. Volevo raccontare cosa significa crescere in America con un padre o una madre che non sono cresciuti nello stesso mondo in cui vivi. Ogni teenager pensa che i suoi genitori non capiscano cosa succede intorno a loro, ma ciò accade in modo particolarequando arrivano da un altrove. Allo stesso modo, proprio per questo hanno molta saggezza da offrirti».
Questa sensazione di estraneità, insieme a un vago senso di mistero, aleggia sul racconto fin dall’inizio
«La cosa singolare è che questo libro doveva essere un altro libro.
Dopo l’elezione di Trump, progettavo un saggio sulla natura della menzogna, su cosa produce all’interno di una cultura. Pensavo di intervistare filosofi e pensatori.
Ho scritto circa cinquanta pagine, poi mi sono fermata e mi sono chiesta: e se usassi tutto ciò che ho imparato sulla menzogna per scrivere su un gruppo di adolescenti? Le adolescenti sono di per sé delle shapeshifter, delle mutaforma. Mentono anche quando non è strettamente necessario perché sperimentano, provano nuove identità. Ma chesuccede se la bugia va troppo lontano, e finisce per provocare un danno?».
Il paradosso è che la sua San Francisco oggi è nelle mani dei potenti della Silicon Valley, dei creatori dei social network che spesso fanno da amplificatori alle bugie.
«La città è cambiata moltissimo, è in trasformazione continua. Credo che il suo panorama culturale, quello in cui mi sono formata, abbia in qualche modo resistito, ma certo non è la città in cui sono cresciuta. E soprattutto il modo in cui i giovani la vivono, e forse vivono ogni città, è totalmente diverso».
Come vede questocambiamento?
«I social media amplificano la sensazione di essere tagliati fuori, e modificano l’esperienza del gruppo, dell’amicizia. Penso a Eulabee, che si ritrova isolata dal suo gruppo. Oggi la sua situazione sarebbe più crudele: vedrebbe sui social le feste a cui vanno le amiche, le loro case durante i fine settimana. La stessa storia del libro non si potrebbe verificare oggi: i nostri genitori non sapevamo mai dove eravamo. Ci mettevamo in un sacco di guai, ma fin quando riuscivamo a tornare a casa per l’ora di cena, andava tutto bene.
Oggi i ragazzi sono sottoposti a un controllo assoluto e continuamente fotografati e documentati. Tanto che i miei figli mi hanno chiesto una macchina fotografica per fare fotografie senza telefonino e sfuggire a questo circolo vizioso. Trovo che sia interessante: tutti sono rimasti bruciati almeno una volta dall’esperienza dei social. Spero che comincino a cercare strategie per conviverci in un’altra maniera».