Domenicale, 9 aprile 2023
Biografia di Rocco Scotellaro
«Ripoliticizzare Scotellaro»: due parole in cui c’è tutto il senso della ricerca compiuta da Marco Gatto in un libro che punta a emancipare il socialista lucano, scomparso nel 1953 a 30 anni, dal mito riduttivo del “poeta contadino”.
Nel ripercorrere la parabola del protagonista, nato a Tricarico in provincia di Matera, alla vigilia del centenario della nascita – che cadrà il prossimo 19 aprile – l’autore parte dalle origini in una delle regioni più povere dell’Italia meridionale, la Basilicata, segue Rocco Scotellaro negli studi compiuti con grande sacrificio dei genitori, esplora i suoi ideali politici e l’esigenza di riscatto sociale nel Dopoguerra che si concretizzeranno nell’elezione a sindaco. Soprattutto, analizza la sua dimensione intellettuale, radicata e attiva all’interno della propria classe sociale con l’obiettivo di un’emancipazione culturale della stessa: incarna, cioè, l’idea gramsciana di intellettuale.
Gatto ci porta nella Tricarico degli anni 40, dove il ventenne Rocco, il 4 dicembre 1943, prende la tessera socialista e mette in piedi una sezione di partito intitolata a Giacomo Matteotti: la sua energia, l’instancabile lavoro di sensibilizzazione trovano riscontro nelle urne, il 2 giugno del 1946, e ancor più nel successivo voto amministrativo che lo vede trionfare con oltre 1.700 preferenze. La sua azione da sindaco (è eletto nell’ottobre del ’46, a soli 23 anni), è chiara e pragmatica, definendosi per priorità. E le priorità sono le necessità delle persone, dalla sanità alla scuola, dal lavoro ai servizi. Il 7 agosto 1947 Scotellaro inaugura l’ospedale del paese, il terzo della regione, grazie al sostegno e ai consigli di un “fratello maggiore”, Rocco Mazzarone, medico epidemiologo, sempre al suo fianco. Combatte l’analfabetismo, decidendo la costruzione dell’edificio scolastico, si occupa delle strade e dei quartieri più poveri, dispone la concessione delle terre garantendo il lavoro a cento braccianti. Questa capacità di amministrare, con risultati concreti e tangibili, è affiancata da una visione culturale che si nutre di amicizie e rapporti intensissimi con Carlo Levi, Manlio Rossi-Doria e tutto un mondo impegnato in quegli anni di ricostruzione. Anni in cui le pulsioni e la voglia di cambiamento sono forti, ma anche laceranti e violente, come dimostrano le proteste dei contadini in un Sud dominato dal latifondo. A Montescaglioso, nel materano, la rivolta dell’autunno del ’49 con l’esproprio delle terre lascerà sul campo cinquanta feriti e un morto, il bracciante Carmine Novello.
Il voto del 18 aprile 1948, con la sconfitta del Fronte popolare (cui Scotellaro aderiva in quanto socialista) e la nascita del centrismo, anticipa il precipitare degli eventi, di lì a poco. Si dimette da sindaco, è poi rieletto nel novembre (con un consenso personale ancora più largo) ma il vento è cambiato. Accusato ingiustamente di concussione – la Corte d’Appello di Potenza attribuisce questa mossa a una vendetta politica – l’8 marzo 1950 viene arrestato e per 45 giorni rimarrà in carcere a Matera. La difficoltà di un momento molto buio è solo in parte temperata dagli scambi epistolari con Levi e Rossi-Doria, e dalla lettura condivisa con i detenuti delle pagine di Cristo si è fermato a Eboli.
Comincia in quella fase a maturare la scelta di una forma diversa di impegno, che prenderà corpo a Portici, dove viene chiamato da Rossi-Doria che gli affida una ricerca sull’organizzazione del sistema scolastico in Basilicata i cui esiti sarebbero confluiti nel più vasto Piano di sviluppo del territorio lucano, patrocinato dalla Svimez, di cui era responsabile l’economista. L’ex sindaco (che tuttavia conserva il ruolo di consigliere comunale, mantenendo un legame con la terra d’origine) si butta con entusiasmo nel nuovo lavoro, coerente con il suo percorso. Un infarto lo stroncherà, nello sgomento generale, il 15 dicembre 1953.
Accanto all’esperienza politico-sociale di Scotellaro, Marco Gatto traccia la traiettoria della sua produzione poetica e narrativa, evidenziando il legame profondo tra le due vocazioni e la capacità del lucano di avvicinarsi alle classi subalterne delle quali sosteneva le ragioni. L’Uva puttanella, il romanzo autobiografico (uscito nel 1955) il cui titolo fa riferimento agli acini piccoli e maturi dal succo saporito, è basato su un “io” che diventa il “noi” polifonico dell’intera realtà lucana, come i versi che attraversano l’esistenza di Scotellaro, superandola (gli sarà assegnato, postumo, il premio Viareggio nel 1954 per È fatto giorno). Componimenti che, ricorda Gatto, non sono il frutto dell’ingenuo e facile afflato del “poeta-contadino”, come qualcuno ancora rileva.
L’inchiesta Contadini del Sud, pubblicata incompiuta da Laterza nel ’55, presuppone l’andare oltre la letteratura, diventata insufficiente per quella che è una vera e propria missione civile: cede il posto a un racconto basato sull’interlocuzione con i protagonisti, la cui voce entra in gioco portandone vicissitudini e umanità.
Molto interessanti sono le pagine in cui si enuclea la ricezione post mortem di Scotellaro, accompagnata dalle polemiche – in particolare nel convegno del 1955 a Matera – tra comunisti (Alicata, Salinari) e socialisti (Fortini, Panzieri, lo stesso Nenni), senza dimenticare Ernesto De Martino e, naturalmente, Levi e Rossi-Doria. Peccato aver sacrificato la voce di Amelia Rosselli, legata a Scotellaro (al quale la poeta dedica versi commoventi) e figura significativa nella sua parabola, come altre presenze femminili pure cruciali.
Arricchito dalla prefazione di Goffredo Fofi e dal puntuale ricorso a una messe di citazioni (di intellettuali del tempo, tratte da riviste e corrispondenze, di studiosi di Scotellaro come Franco Vitelli, Carmela Biscaglia, Sebastiano Martelli e molti altri), il saggio è un utile, denso e conciso approfondimento sull’intellettuale lucano, sugli attori e le implicazioni sociali, politiche e culturali di quegli anni. Una lettura che tanto ha da dirci sul Mezzogiorno.