Il Messaggero, 8 aprile 2023
Gli orologi di palazzo Chigi
Il consiglio alla nuova leadership politica italiana Antonio Funiciello lo fa dare a Cavour. O meglio, l’autore di Leader per forza – ultimo libro per Rizzoli dell’ex capo staff di Gentiloni e di Draghi a Palazzo Chigi, ora in forza all’Eni – esalta in queste pagine la smaliziata capacità del grande statista ottocentesco a fare il gioco di sponda e suggerisce agli attuali governanti di esercitarsi in questa arte e di applicarla nel contesto in corso. «Cavour insegna – osserva Funiciello – che per un piccolo Paese, com’era il suo Piemonte nell’Europa di due secoli fa e com’è oggi l’Italia nello spazio dilatato della globalizzazione, correggere le distorsioni, costruire alleanze, rafforzare la reputazione, giocare di sponda, è l’unico modo per far valere l’interesse nazionale». Riusciranno Meloni e gli altri a fare tesoro del metodo Camillo Benso? Draghi per certi aspetti qualche tratto cavourriano lo ha avuto, secondo l’autore, per esempio nella maniera di triangolare con Macron e Scholz riuscendo tra l’altro a portarli a Kiev nel famoso viaggio in treno con foto storica.IL RIGOREE Mattarella? C’è anche lui in questo saggio denso e ritmato sui modelli di leadership e sulle storie dei leader – in formato coppia: Golda Meir e Harry Truman, Cavour e Lincoln, Mandela e Havel, fino a Merkel su cui il giudizio è severo – e l’attuale Capo dello Stato viene descritto come colui che nel primo settennato «ha cercato di dare un ordine repubblicano a un caos politico». E lo ha fatto non solo provando a interpretare il dettato costituzionale con il rigore che gli appartiene, ma tentando anche a entrare in un rapporto simpatetico con gli italiani. È un attributo della leadership quello di cercare di stringere una sintonia sentimentale – «e, perché no, spirituale», puntualizza Funiciello – con i cittadini.Ma il cuore della buona leadership sta – e siamo alla tesi centrale del libro – nel rapporto che essa intrattiene con il tempo, nella sua capacità di storicizzare se stessa, e insomma: «La leadership conta non tanto per ciò che è, nel presente del quale è protagonista, ma per ciò che lascia quando l’uomo o la donna che l’ha incarnata esce di scena». Discorsi complessi? Macché. Molto esemplificativa la scena, un po’ cinematografica, con cui si apre il volume. «Lei ha notato», chiese di botto nel febbraio 2021 Draghi a Funiciello, «che Palazzo Chigi è pieno di orologi?». «Sì, presidente», rispose lui, «è una collezione di orologi francesi, credo settecenteschi...». E il premier: «Sì, va bene, francesi... Ma sono tutti rotti». «Eh», sospirò Funiciello. «Eh», ripeté Draghi con il suo tipico mezzo sorriso: «Ripariamoli». L’orologio è lo strumento che misura una politica che deve avere il senso del tempo giusto, per fare in tempo le cose che ci sono da fare. «Ma se un leader – nota Funiciello – non ha una congrua dose di tempo per mettersi alla prova e mostrare l’efficacia della propria vocazione al comando, tutto risulterà vano».GLI ERRORICiò che dà forza a una leadership è anche il tempo (e di solito i leader democratici hanno meno tempo di quelli autoritari) e ciò che dà valore a una leadership è la sua ereditarietà. Il fatto che, per esempio, la Merkel ha lasciato poco in eredità, se non i suoi errori per esempio nel rapporto con la Russia putiniana, fa di Frau Angela in queste pagine un anti-modello. Naturalmente, la funzione della leadership è complicatissima (mica possono essere tutti bravi come Mosé!) e Funiciello sfoggia questa immagine che dice tutto: «I leader occidentali degli ultimi vent’anni hanno vagato coi loro popoli in quel deserto che separa il vecchio ordine mondiale da uno nuovo, tutto da costruire, senza condurli verso una destinazione sicura. Ma il deserto è enorme e ci circonda. E, quel che più conta, resta ancora tutto da attraversare».Ma qual è la modalità di leadership che Funiciello predilige? Quella di Mandela che stringe il patto con i suoi carcerieri e pratica la riconciliazione invece della vendetta. Quella di Havel perché dev’esserci poesia e anti-conformismo nella leadership. Quella di Truman che segnala il valore della delega (il Piano Marshall se lo poteva intestare lui e invece porta il cognome di un suo ministro). Quella di Lincoln che machiavellicamente per un buon fine – l’abolizione della schiavitù – fece compravendita di voti. E del gioco di sponda di Cavour s’è detto.I SISTEMI DI VALORICi sono i leader trasformisti – dice niente il soprannome affibbiato a Conte, Il CamaleConte, di cui comunque Funiciello non tratta? – e i leader trasformatori. Questa seconda categoria appassiona il nostro autore (e noi stessi). Sono quelli di cui Henry Kissinger parla così: «La leadership è necessaria per aiutare le persone ad arrivare, da dove si trovano, a dove non sono mai state e, a volte, a malapena riescono a immaginare di andare». C’è assoluto bisogno del trasforming leader. È quello capace di condurre la propria comunità da un punto A verso un punto B. «In questo movimento – osserva Funiciello – mette in gioco se stesso, il rapporto con i seguaci, il comune sistema di valori che con loro condivide e la propria rendita di potere». Il problema è che nelle fasi storiche ordinarie è meno complicato muoversi mentre lo è di più nelle epoche di grandi transizioni come quella che stiamo vivendo. Ovvero la fase deserto. Serve un Mosé, anzi molti come lui. E non conta tanto che forse quel Mosè non è mai esistito, urge invece che – in forme moderne, pratiche ma anche visionarie, spregiudicate ma insieme eticamente sostenibili – quel modello sia ripetibile e il bello della grande storia è che, se ben studiata e profondamente assimilata, può ripetersi.Mario Ajello