La Stampa, 8 aprile 2023
Biografia di Benedetto Croce
Chi scrive una biografia scrive sempre anche di sé stesso. Non c’è nulla da fare. Certo non di sé in quanto persona singola ma di noi in quanto soggetto generale, in quanto la memoria di quell’individuo ci riguarda, forma e accompagna. Se ci avviciniamo, in questo quadro, alla biografia di Benedetto Croce, viene così da rinnovare l’antica domanda, angosciata ma insieme piena di speranza, del più grande poeta ermetico e dell’Olocausto, di lingua tedesca, Paul Celan, «Chi sono e chi sei tu?». Una biografia comporta, in altri termini, un interrogativo importante non solo intorno all’identità dell’altro e di quella propria ma anche intorno alla qualità di questa stessa identità. Chi sei tu significa anche, sempre, chi sono io. Un pegno, un impegno ma anche una scommessa. Cosa riceviamo dal passato? E cosa è nostro di questo passato che ci viene trasmesso?Cosa resta, per venire al tema specifico di queste riflessioni, dell’Italia di Benedetto Croce e, più in generale, cosa resta di Benedetto Croce? Ma, anche, cosa resta dell’Italia? Le due cose, tanto più oggi, vanno insieme. Cosa resta e cosa sarà – viene da aggiungere – di questa nostra Italia nell’età dei populismi che fanno della RSI e dell’eroica Resistenza partigiana due momenti di una fittizia identità a specchio? Come se del Tu del passato non fosse nostro dovere trascegliere quanto è nostro e ci compete e quanto invece rifiutiamo.A riflettere su questi temi si è indotti da un libro davvero molto significativo e importante, quello di Paolo D’Angelo, Benedetto Croce. La biografia. I. Gli anni 1866-1918. È il primo tratto di un’opera maestosa: la biografia integrale della vita di Croce della quale si attende ora il secondo volume, per mano dello stesso D’Angelo, sempre presso Il Mulino. È una biografia scritta con un’acribia antica, che s’inoltra con elegante passo narrativo e grande competenza filosofica nella vita personale e intellettuale di Don Benedetto, attraversando le vicende di un passato nel quale l’Italia di oggi quasi non è più in grado di riconoscersi tanto esso, diciamolo: sbagliando alla grande, potrebbe sembrare lontano. Già sentire parlare di “neoidealismo” potrebbe oggi fare effetto, come se entrassimo in un mondo strano e bizzarro nel quale i filosofi hanno cominciato a pensare, chissà come, che il mondo sia sorto dalle loro teste.Sono anni cruciali della storia italiana quelli vissuti dal giovane Croce in un clima intellettuale, politico e morale che va dai primi decenni dell’Italia unita sino alla fine della Prima guerra mondiale. Croce, che nasce a Pescasseroli da una famiglia abbiente nel 1866, vive poi quasi tutta la vita a Napoli, eccezion fatta per i due anni romani, il 1884 e il 1885 trascorsi entrambi nella casa dello zio Silvio Spaventa a Roma. Sono quelli che seguono la tragica morte dei genitori e della sorella avvenute durante il terremoto di Ischia, che colpì, alla fine del luglio del 1883, in modo devastante la famiglia Croce. In questa sciagura persero appunto la vita i genitori e la sorella di Benedetto, mentre questi si salvò miracolosamente, dopo essere rimasto per ventitré ore imprigionato dalle macerie, non senza subire dall’incidente gravi conseguenze che si ripercuoteranno sulla sua salute fisica e sul suo morale. Sul background si assiste alla vicenda storica e culturale dell’Italia postrisorgimentale.Tra il volgere del secolo e i primi decenni di quello successivo, grazie, fra gli altri, a pensatori di primissimo livello, non solo Benedetto Croce ma anche, non dimentichiamolo nonostante la sua compromissione con il fascismo, Giovanni Gentile, si configura una nuova identità “italiana” della quale, sia pure con grandi difficoltà e mutamenti, siamo ancora tutti partecipi. Croce elabora, tra l’altro, la sua prima e forse più nota opera di estetica, Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Teoria e storia che uscirà una prima volta presso Sandron a Palermo nel 1902 e poi nel 1904 per infine essere ripubblicata nel 1908 con modifiche da Giuseppe Laterza, che diverrà l’editore di riferimento del filosofo. Croce dedicò un’ampia trattazione dell’estetica del tutto singolare e unica nel panorama europeo, una trattazione in cui il concetto di espressione (insieme a quello di intuizione) si opponevano alla cosiddetta estetica dell’empatia prevalente all’epoca in Germania. Il respiro internazionale dell’opera era testimoniato, fra l’altro, anche dallo sguardo e dal confronto intenso con la tradizione del romanticismo e dell’idealismo tedeschi.Croce, grande stratega della cultura, si mosse poi con decisione, anche grazie al progetto di una rivista come La Critica e alla sua realizzazione, a partire dal 1903, in direzione della rapida conquista di dominio egemonico della cultura umanistica italiana che si estese – come D’Angelo ricorda – «dalla filosofia alla storia alla critica letteraria, ma anche a quella delle arti figurative e musicali». È un progetto grandioso, quello di un intellettuale civile capace di raccogliere intorno a sé e alla propria proposta – fatalmente non esente da difetti e opposizioni – il fiore delle energie intellettuali della nazione che a lui guardò, talora anche criticamente, come a un faro che illumina la via anche nei momenti più ardui e difficili, come sarebbe avvenuto con il fascismo.