la Repubblica, 8 aprile 2023
Intervista a Brunello Cucinelli
«Occorre un nuovo Contratto sociale con il Creato». Brunello Cucinelli, 69 anni, stilista e imprenditore-filosofo, sinonimo di cashmere in tutto il modo ed esempio di industriale illuminato per la sua attenzione al benessere dei dipendenti, riconosce che lo scenario disegnato dagli ultimi dati, compresi quelli dell’Istat sulla mortalità, è preoccupante. Ma fa professione di ottimismo: «Rispetto al passato, anche recente, c’è una presa di coscienza del problema a tutti i livelli».
Cucinelli, lei ha fondato la sua azienda alla fine degli anni Settanta. C’è una responsabilità della sua generazione nella situazione attuale di degrado del Pianeta e nel prezzo che potrebbero pagare i più giovani?
«Ho nipoti anche molto piccoli, di tre e cinque anni. E mi domando: come sarà la loro vita tra 50 o 70 anni?
Proprio per questo non posso non essere ottimista. Ma è un ottimismo che si fonda su elementi concreti, a partire dalla grande presa di coscienza del problema ambientale che vedo a tutti i livelli. Un esempio: nella nostra azienda recuperiamo l’acqua piovana già da 35 anni, ma qualche tempo fa un dipendente 25enne è venuto e mi ha detto: “Brunello, perché non facciamo un’altra vasca di raccolta della pioggia?”. In altri tempi non sarebbe successo. Questi giovani che si muovono così mi piacciono da morire».
Ma basta l’iniziativa dei singoli?
«No, serve un nuovo Contratto sociale con il Creato: è quello che dico quando incontro ragazze e ragazzi. Grandi filosofi come Platone, Aristotele, Hobbes, Locke, Rousseau, hanno parlato spesso di contratto sociale. Stavolta, e la pandemia ce lo ha mostrato chiaramente, abbiamo bisogno di un nuovo Contratto sociale con la Terra, con l’acqua, con il clima, con gli animali, tra esseri umani…».
E ci sono le premesse perché questo contratto tra noi e il Creato venga stipulato?
«Sì. Come dicevo, c’è una consapevolezza che solo dieci anni fa non esisteva: oggi vedo una presa di coscienza quotidiana volta a proteggere il Creato e a tornare a vivere in armonia con esso. L’ho fatto notare anche a Re Carlo d’Inghilterra quando ci siamo incontrati qualche giorno fa: lui parlava di questi temi già negli anni Settanta, ma non avevagrande seguito. Oggi invece vedo una presa di coscienza collettiva».
Proprio su invito di Carlo d’Inghilterra, l’anno scorso la sua azienda ha aderito al progetto The Sustainable Market Initiative, che mira a produrre effetti positivi sul clima e sulla natura. Qual è il vostro contributo all’iniziativa?
«Operiamo in una zona dell’Himalaya a 3.500 metri di quota. E lì facciamo tre cose semplici: piantumiamo moltissimi alberi, ripopoliamo la fauna selvatica e lavoriamo per fare in modo che i suoli siano più produttivi. Ebbene, l’altro giorno abbiamo ottenuto i primi cinque chili di cashmere prodotti in quell’area, proprio come avevo anticipato a Re Carlo nel nostro incontro».
Avete anche promesso di tagliare le vostre emissioni di CO2 del 60% entro il 2028, mentre i target europei prevedono il 55% entro il 2030. Come pensate di riuscirci?
«Centreremo l’obiettivo anche prima del 2028: per noi è relativamente facile, perché non abbiamo macchinari energivori, al massimo qualche cucitrice, per lo più lavoriamo con ago e filo. Ma vediamo che tutte le imprese vanno in quella direzione, grandi e piccole, dai due milioni ai due miliardi di fatturato. E questo è un altro motivo di ottimismo».
Eppure c’è un problema di risorse, uno sfruttamento che rischia di lasciare alle generazioni future un Pianeta più caldo e più povero.
«Beh, è un dato di fatto: quando andavo a scuola la popolazione mondiale era di 4 miliardi. Ora, dopo poche decine di anni, è raddoppiata.
Però io sono convinto che l’essere umano sappia trovare sempre grandi soluzioni a ogni cosa. Ma perché ciò accada è fondamentale aver preso coscienza del problema. Sta succedendo negli ultimi anni e questo mi lascia ben sperare, anche per i miei nipoti».
L’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione?
«Ieri ero a Norcia, perché porto sempre il pranzo del sabato e della domenica ai miei amici monaci.
Padre Cassiano, il priore dei Benedettini mi ha chiesto: ‘Brunello, ma come sta andando il mondo?’. Io gli ho risposto che, nonostante tutto, stiamo andando verso un mondo migliore».