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 2023  aprile 08 Sabato calendario

Com’è morto Alessandro Parini


Gerusalemme L’auto travolge chi passeggia sul lungomare. È venerdì sera, sud di Tel Aviv, i grattacieli della metropoli illuminano dall’alto il porto di Jaffa, il quartiere a maggioranza araba. I due pezzi della città uniti dal parco dove al tramonto le famiglie allestiscono i picnic per l’Iftar, la cena che interrompe il digiuno di Ramadan, e di giorno i gruppi si ritrovano a ripetere insieme le posizioni dello yoga o gli esercizi sugli attrezzi pubblici.
La macchina balza sul marciapiede, corre lungo la fascia per le bici e i monopattini elettrici, si ribalta sull’erba, il terrorista striscia fuori e viene ucciso dagli agenti in borghese che l’hanno circondato. Aveva con sé un fucile di plastica. Le sette vittime sono tutti turisti, i medici non riescono a rianimare Alessandro Parini, italiano di 35 anni, era arrivato in Israele la mattina, ha spiegato Antonio Tajani, il ministro degli Esteri. Tra i feriti altri due italiani, non gravi. Benjamin Netanyahu ordina subito il dispiegamento di altri battaglioni della polizia di frontiera – di solito impiegata nelle zone di attrito con i palestinesi – nelle città al centro del Paese che diventano prima linea quanto quelle a pochi chilometri da Gaza e i villaggi sulle colline della Galilea. Il governo di estrema destra guidato da Mr. Sicurezza – come si è presentato alle sei elezioni vinte – non fa sentire sicuri gli israeliani. O almeno così raccontano i sondaggi.
L’attentatore è arrivato da Kafr Qassim, 25 chilometri da Tel Aviv, un paio dalla Linea Verde. Di là i villaggi della Cisgiordania, di qua le aree abitate dagli arabi israeliani, rappresentano il 20% della popolazione, cittadini a tutti gli effetti, minoranza che si sente esclusa. Come nel maggio del 2021, il timore è che le tensioni attorno alla moschea Al Aqsa – le provocazioni degli estremisti ebrei, le irruzioni della polizia israeliana per arrestare i palestinesi asserragliati con pietre e bastoni dentro il terzo luogo più sacro per i musulmani – non solo vengano usate come giustificazione da parte di Hamas per i lanci di razzi ma portino la violenza nelle città israeliane dove la convivenza ha per ora funzionato. A Lod, Bat Yam, Ramle. Lo Shin Bet, il servizio segreto interno, sa di avere pochi strumenti per monitorare quelli che vengono chiamati «lupi solitari», radicalizzati dai sermoni diffusi sui social media.
Netanyahu deve controllare gli istinti dei ministri più oltranzisti. Itamar Ben Gvir, alla guida della Sicurezza nazionale, ha costruito il successo elettorale sulle promesse di mantenere l’ordine, di colpire duro gli arabi. Va in giro con la pistola e invita i civili con il porto d’armi a imitare il suo esempio. Ha cercato di cacciare il capo della polizia per il distretto di Tel Aviv perché aveva disubbidito ai suoi ordini – illegali, non gli è permesso – di manganellare manifestanti che da dodici settimane protestano contro il piano giustizia del governo, considerato dall’opposizione un golpe antidemocratico. Sono gli uomini del commissario Ami Eshed a essere intervenuti ieri sera e un mese fa per fermare un altro terrorista.