ItaliaOggi, 8 aprile 2023
Orsi & tori
Ho conosciuto Silvio Berlusconi 42 anni fa. Aveva già costruito Milano2 e fatta, nel 1974, la prima televisione, TeleMilanocavo, proprio come servizio in primo luogo per chi era andato ad abitare nella cittadina satellite che il futuro Cavaliere aveva creato fuori Milano, dove c’erano, rivoluzione, due livelli di strade, quelle per i mezzi a motore e quelle per muoversi a piedi. Aveva ricevuto molti finanziamenti, sotto forma di mutui a lungo termine, dal Monte dei Paschi di Siena, mentre suo padre Luigi era stato nella direzione della Banca Rasini con sede alla Loggia dei mercanti, a due passi da piazza del Duomo.
Da pochi mesi avevo fondato per l’Editoriale Corriere della Sera, Capital mentre ero direttore del settimanale economico e politico il Mondo. Berlusconi aveva lanciato un anno e qualche mese prima Canale 5 e mi parve il volto e la storia ideale per la copertina di Capital che lanciava una
gara di idee imprenditoriali. Lui ne aveva avute più di una e in particolare aveva stretto un rapporto molto forte con Adriano Galliani, il monzese proprietario di Elettronica industriale che produceva antenne televisive con ripetitori. E proprio da Galliani, che Berlusconi aveva invitato a cena dopo aver scoperto che Elettronica industriale aveva montato centinaia e centinaia di antenne in grado di catturare, udite udite, il segnale della Televisione della Svizzera Italiana, certamente non eccitante per i contenuti ma invece eccitante perché permetteva di rompere il monopolio della Rai.
Un giorno Berlusconi aveva invitato a cena Galliani e gli aveva fatto una proposta secca: non ci alzeremo da tavola fino a quando Elettronica industriale non sarà diventata una società comune, 50 e 50% e così andò. Dopo poche settimane i fortunati che grazie alle antenne di Galliani potevano eccitarsi vedendo il canale della Svizzera italiana, improvvisamente videro Canale 5, che certamente era un po’ più vivace della soporifera televisione elvetica. Non poteva non essere un successo avere l’alternativa alla Rai.
Quindi il successo di Berlusconi era nato da quell’idea di diventare, per sua decisione non discutibile, socio di Galliani in modo da godere della competenza tecnica del futuro amministratore delegato del Milan. E per questo il volto del futuro Cavaliere era l’idea giusta per il numero di Capital dedicato a chi aveva idee vincenti.
Il più veloce a presentarsi a Berlusconi dicendo che aveva un’idea da realizzare insieme fu Ennio Doris, allora capo promotore di Dival, la società di risparmio gestito di Ras. Con Capital sottobraccio Doris, insieme alla moglie, attese Berlusconi sulla piazzetta di Portofino. La scintilla fu immediata e nacque Programma Italia, diventato poi Mediolanum dove l’idea era quella del Medico del risparmio, cioè non solo un gestore, ma anche un assicuratore. Il sodalizio è stato molto fortunato e l’investimento di capitale di Berlusconi ha avuto un rendimento straordinario, mentre per Doris è stata l’occasione per creare un vero impero appunto sul modello da lui teorizzato, non del consulenti per il risparmio ma del Medico del risparmio, una funzione assai più ampia e assolutamente originale.
Molto più travagliato fu l’approccio verso Berlusconi del giovane venticinquenne, Urbano Cairo, tornato da poco dagli Stati Uniti. Con spinta giovanile Cairo tentò più volte di approcciare Berlusconi quando arrivava nella villa di via Rovani, diventato il quartier generale del futuro Cavaliere a Milano. Cairo fu respinto varie volte dalla scorta e si presentò a me dicendo che Capital aveva scritto una bufala. Chiamai allora la segretaria di Berlusconi, Marinella, con Cairo davanti. Mi rispose, sì, ma certo, la scorta lo ha respinto perché non si sapeva chi fosse. Marinella fissò a Cairo un appuntamento. Dopo una settimana Berlusconi lo assunse come suo assistente personale. E da lì, dopo alcuni anni, Cairo ha spiccato il volo fino a diventare l’editore più importante d’Italia con il Corriere della Sera. Quando Cairo decise di mettersi in proprio, Berlusconi non fece certo salti di gioia ma capì la scelta.
Berlusconi è stato unico anche per il modo in cui è entrato in politica: amico di Bettino Craxi, quando Craxi è entrato in crisi ne ha preso sostanzialmente il posto ma non seguendo l’ideologia socialista, quanto piuttosto quella liberale. Da presidente del consiglio, il merito che sicuramente ha avuto è stato quello di scegliere Mario Draghi come primo governatore della Banca d’Italia scelto dal governo, dopo le dimissioni di Antonio Fazio e la crisi di Bankitalia. A portare Draghi, allora deputy chairman di Goldman Sachs, fu il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi in una giornata piena di sangue a Porto Rotondo, perchè Draghi facendo il bagno mise il piede su uno scoglio nascosto, procurandosi un taglio enorme che rese rosso il mare. Per andare a cena a Villa Certosa, Draghi dovette essere portato a braccia perché non poteva mettere il piede a terra. E per nominare Draghi, Berlusconi non esitò a rompere con Giulio Tremonti, che come ministro dell’economia aveva ben altre idee e, fatto davvero non istituzionale, criticò ripetutamente, da ministro dell’economia, il nuovo governatore della banca centrale.
Del resto, anche quando accettò di farsi fotografare per la copertina di Capital, Berlusconi fu atipico: chiese che oltre al fotografo e all’intervistatore, Galeazzo Santini, andassi anch’io a villa Certosa. Era libero solo di sabato e io inutilmente gli spiegai che il sabato lo dedicavo ai figli. Niente, ribatté: porti anche suo figlio Luca. Da allora, tutte le volte che ci siamo incontrati, come prima cosa mi ha chiesto: «Luca come sta?». E mi disse perentorio «porti anche Luca», quando con Andrea Cabrini andammo a intervistarlo a Roma, a palazzo Grazioli. Venne ad aprirci in tuta e vedendo Luca, come prima cosa esclamò: «Luca mi dispiace, le ragazze sono appena andate via». Insomma la battuta ipermaschilista gli è sempre piaciuta. E per le donne, con le donne, ha prestato il fianco ai suoi durissimi critici soprattutto di sinistra, fino ai processi per il Bunga Bunga.
Berlusconi è unico nella storia imprenditoriale e politica italiana per questo piacere, senza pudore, di essere maschio. Se tirasse le somme, i guai maggiori gli sono arrivati proprio dalle donne. Avendone una, la figlia Marina, che tuttavia lo ha sempre difeso con le unghie e con i denti.
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Ci sono stati altri politici esteri che si sono giocati molto per il cotè femminile. Basta citare il presidente Usa Bill Clinton. Per non parlare di Donald Trump e dell’inglese ministro della guerra John Profumo, che si trovò ad avere una relazione con la modella Christine Keeler, che era al contempo amante anche di una presunta spia russa, Eugene Ivanov, addetto navale dell’ambasciata sovietica. Ma certo il cotè femminile è stato quello che ha offerto di più il fianco ai critici e ai nemici di Berlusconi.
Ed è stata una donna, la prima ministra tedesca Angela Merkel che ne ha segnato la retrocessione politica, quando Berlusconi fu costretto a dimettersi e nacque il governo tecnico presieduto dal professore (fatto senatore a vita pochi momenti prima di ricevere l’incarico) Mario Monti. Da allora, la stella politica di Berlusconi non è più tornata a brillare, nonostante l’impegno personale ed economico profuso per non fare scomparire Forza Italia, il partito con il nome più vicino allo sport del calcio, il preferito di Berlusconi, come ha dimostrato la volontà di tornare nel mondo del pallone con il Monza. E dimostrando che nel calcio è al limite più abile che nella politica. Portato il Monza in serie A in accoppiata con Galliani, dopo le prime partite negative non ha esitato un attimo a licenziare Giovanni Stroppa (l’allenatore della promozione) e a scegliere il giovanissimo Raffaele Palladino, che non aveva mai allenato più della Primavera.
Ma le regole del calcio non sono quasi mai quella della politica. E se da una parte è ammirevole lo sforzo che Berlusconi ha compiuto per tenere almeno all’8% Forza Italia, dall’altra al momento non ha saputo far crescere dei validi eredi.
Berlusconi è unico proprio per le infinite caratteristiche che assomma: imprenditore coraggioso e rivoluzionario, politico coraggioso che si butta nella mischia per colmare il vuoto di Craxi (lui disse, in realtà, che era sceso in campo per evitare che l’Italia finisse in mano ai comunisti) con la nascita di Forza Italia, un partito molto legato all’azienda, ma che sicuramente ha saputo, insieme a non pochi personalismi, difendere alcuni valori del liberismo, soprattutto grazie all’ex-ministro Antonio Martino, figlio di Gaetano Martino, che fu fra i promotori della Comunità economica europea e presidente del Parlamento europeo dal 62 al 64.
Avrebbe potuto Berlusconi creare un gruppo imprenditoriale come quello attuale (dalle televisioni alla Mondadori, da Mediolanum alla proprietà di squadre come il Milan…) se non fosse sceso in politica? Avrebbe potuto per vari anni essere ai vertici della classifica dei più ricchi italiani quotati in borsa, stilata da questo giornale? Forse sì e forse no? Sì per il coraggio e l’abilità. No per la via che aveva scelto, quella della televisione, che era un monopolio pubblico, gestito dai partiti, che poteva essere smontato solo prendendo egli stesso la via della politica. Certo, se fosse indetto un concorso sul protagonista della vita italiana degli ultimi 50 anni, nel bene e nel male, lui il Cavaliere, sarebbe il vincitore, con un segno indelebile.
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Dopo la proclamazione fatta da Capital, due settimane fa, degli imprenditori più coraggiosi d’Italia, si è scatenata una gara a recuperare questo titolo da parte di chi non era nei 100.
Nell’introduzione al premio ho scritto che ogni imprenditore è per definizione coraggioso. Il coraggio di intraprendere è sicuramente di una élite, appunto quella degli imprenditori, che nascano in una famiglia di imprenditori e continuino nel mestiere o che partano da zero. Come tutte le Classifiche, anche quella dei 100 Imprenditori più coraggiosi d’Italia, ha appunto il limite del 100, mentre per fortuna in Italia, gli imprenditori delle pmi sono più numerosi che in qualsiasi altro paese. Ma non mancano neppure quelli grandi. Quindi per coloro che si sono sentiti esclusi, la Classifica ha comunque avuto un effetto di stimolo, che era anche uno scopo dell’iniziativa: quello di creare emulazione. Ci auguriamo, quindi, che gli esclusi non si sentano offesi, perché l’iniziativa proseguirà e ci sarà l’opportunità di entrarne a far parte. Figuratevi che non si è offeso neppure un escluso che più coraggioso di lui è difficile trovarne: Gianni Tamburi. In effetti, di coraggio lui ne ha avuto tantissimo nella sua carriera, passando da dirigente a imprenditore, costruendo dal nulla nel 1999 con la moglie Alessandra una holding di partecipazioni di minoranza, la Tip, assolutamente inedita per il mercato italiano. Ed è stato anche coraggioso nell’andare contrario alle mode del momento, come quando sposò per primo la campagna di ItaliaOggi pro titoli italiani nel 2011 e successivamente il Tagliadebito. Oggi tanto coraggio è premiato da una capitalizzazione di borsa di 1,4 miliardi di euro (che considera bassa), dall’aver conseguito un total return del 500% negli ultimi dieci anni e dall’essere considerato, a ragione, una specie di Warren Buffett italiano.
Ma sono sicuro che non si è offeso neppure l’imprenditore Berlusconi, perché imprenditore è nato ed è rimasto.