Tuttolibri, 8 aprile 2023
Atlante delle fobie
«Ho paura delle uova» confessò Alfred Hitchcock a Oriana Fallaci nel 1963, poco dopo l’uscita degli Uccelli. «Anzi, più che paura, disgusto! Il sangue è allegro, è rosso. Ma il tuorlo è giallo, schifoso. Non l’ho mai assaggiato.» Il regista le confidò anche di aver paura dei poliziotti, della folla, dei ladri, della gente che litiga, della violenza, del buio e della domenica (i genitori lo spedivano a letto alle sei di pomeriggio, spiegò, e poi uscivano per andare al ristorante). L’«ovofobia» è una delle 99 voci dell’Atlante delle fobie e delle manie della giornalista inglese Kate Summerscale, autrice di romanzi di epoca vittoriana in cui la finzione si basa su veri fatti di cronaca (un delitto spietato o il primo processo di divorzio contro una donna colpevole di essere intelligente e libera). Qui, per raccontare degli inevitabili impulsi a evitare o fare qualcosa, miscela scienza e psicologia, aneddoti, storia sociale, culturale e medica.Nel 1786 lo statunitense Benjamin Rush, il primo a catalogarle e riformularle, elencò 18 fobie, tra cui il terrore della sporcizia, dei fantasmi, dei dottori e dei topi, e 26 manie, come quella del gioco. A fine ’800 si erano moltiplicate e ancora oggi sono in continuo aggiornamento, perché ansie e ossessioni rappresentano lo specchio dei tempi, sono il «prodotto culturale» del momento in cui nascono e vengono identificate. «Quando decidiamo che un certo comportamento è maniaco o fobico, segniamo un confine al contempo sociale e psicologico: indichiamo le convinzioni su cui si costruisce il nostro mondo – scrive Summerscale -. Nel tempo, questi confini si spostano, e in un momento di crisi collettiva, una guerra, una pandemia, possono cambiare in fretta».Le fobie non sono da confondere con un disagio, anche se profondo. Per il DSM-Manuale diagnostico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association, si deve trattare di un comportamento esagerato o irrazionale, della durata di almeno sei mesi, che spinga chi ne soffre ad evitare la situazione o l’oggetto tanto da interferire con le normali funzioni della vita quotidiana. Le divide in sociali o specifiche. L’Atlante elenca le 99 voci in ordine alfabetico, se non vi riconoscete in nessuna non pensate comunque di essere salvi: il 7,2% di noi probabilmente ne sperimenterà una specifica ad un certo punto della vita (ma è una cifra che vale solo per i disturbi più invalidanti).L’avversione nei confronti degli animali (zoofobia) è tra le più comuni: ragni (aracnofobia), gatti (ailurofobia), rane e rospi (batracofobia). Le dimensioni non contano: Salvador Dalí soffriva di una tale entomofobia da trovare alcuni insetti più terrorizzanti della morte. C’è quella nei confronti degli oggetti, persino dei palloncini (globofobia); delle «consistenze», come la repulsione per l’ovatta(sidonglofobia)o gli agglomerati di piccoli buchi (tripofobia); o per le parti del corpo, la paura del sangue, del dentista o del vomito. Fino alle stranezze «battezzate per scherzo», come l’aibofobia, paura dei palindromi, o la nomofobia, l’ansia di perdere il cellulare. Alcune hanno una forte componente evolutiva o adattativa, un istinto di conservazione che spinge a provare disgusto per le bestie che portano malattie, vero terrore per quelle velenose (quello per i serpenti è chiamato ofidiofobia). E questo spiega anche perché i numeri crescano molto quando si tratta di donne in gravidanza o negli anni della fertilità, è istinto di protezione verso se stesse e i figli.E poi le manie, l’altro lato della medaglia, non meno inquietante: desideri che diventano bisogni irrefrenabili, disturbi ossessivo-compulsivi. Dalle più note, come cleptomania e ninfomania, all’oniomania, che porta a fare shopping in modo non controllabile, alla trictillomania (strapparsi i capelli), la sillogomania (il bisogno di accumulare oggetti), la bibliomania (il possesso maniacale di libri), fino alle vere e proprie isterie di massa come la Beatlesmania o la tulipomania: la frenesia per il commercio di bulbi che nel XVII dilagò fra la popolazione olandese, riducendo molte famiglie sul lastrico (ma la ricostruzione del tracollo è controversa fra gli storici). Le numerose forme compulsive includono l’abulomania (indecisione), l’aritmomania (la fissa di contare), la dromomania (di camminare o girovagare), la grafomania (di scrivere).La cura più accreditata è la terapia cognitivo-comportamentale ma, in particolare per le fobie, solo una persona su 8 cerca aiuto, preferendo semplicemente tentare di evitare la causa del proprio star male. A volte perché se ne vergogna e trova difficile dare, prima di tutti a se stessa, una spiegazione razionale. Ma il problema è proprio questo: è impossibile risolvere il problema utilizzando la logica o la statistica. Provate a convincere chi soffre di aerofobia che, secondo uno studio dell’Università di Harvard, la probabilità di morire in un incidente in volo è una su 11 milioni, contro una su 5mila di uno scontro in auto.L’Atlante delle fobie e delle manie è un libro da maneggiare con attenzione: potreste ritrovarvi ad avere paura dei bottoni, delle piume o persino dei pop corn. Rischiate insomma di fare la fine della Summerscale, che quando ha cominciato le ricerche per scriverlo non credeva di averne, «tranne, forse, il terrore adolescenziale di arrossire e una persistente ansia nei confronti degli aerei» – ha raccontato, ma che, a lavoro ultimato, si è convinta di averle quasi tutte, perché «alcune paure si impossessano di noi non appena ne veniamo a conoscenza».