il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2023
Fratelli d’Italia, gli eroi da divano che mandano in guerra Rachele
Certo che fanno sorridere parecchio, questi politici di Fratelli d’Italia. Non fanno che rivendicare l’italico orgoglio, il sangue freddo con cui affrontano avversari e avversità, definiscono zerbini i nemici, accusano di vigliaccheria e servilismo chi si allinea alle decisioni di Macron, dell’Europa, di chiunque non abbia la bandierina tricolore stampata sulla cravatta. Giorgia Meloni è quella che “andremo a scovare gli scafisti in tutto il globo terraqueo”, “A volte falliremo ma non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo”, “Coraggio, coerenza, onestà. Sono questi i valori che Giorgio Almirante ci ha lasciato in eredità!” e poi, al primo gossip, se la fanno nel pannolone tricolore. Perché non so se vi è chiaro, ma dalle parti di Fratelli d’Italia, nelle ultime settimane, non regnava l’imbarazzo, ma la paura. Paura che venisse fuori il pettegolezzo che circolava da tempo tra politici e giornalisti su un politico del partito e sulla deputata ascolana di Fratelli d’Italia Rachele Silvestri. Si diceva, come lei stessa ha rivelato nell’ormai nota lettera inviata al Corriere della sera, che il figlio avuto a dicembre fosse di un pezzo grosso di Fratelli d’Italia e che lui non avesse alcuna intenzione di riconoscerlo. La voce (arrivata anche a me), più che da commenti morbosi, era accompagnata da considerazioni sarcastiche sul concetto elastico di famiglia tradizionale, dalle parti di Fratelli d’Italia. Della serie: ormai questi per sapere se sono davvero Fratelli devono fare il dna.
Ma torniamo alla faccenda dell’eroismo così sbandierato e rivendicato dai nostri. Il protagonista del gossip, uomo di fiducia di Giorgia Meloni, temeva che qualcuno prima o poi pronunciasse il suo nome. Se la faceva, come dicevamo, nel pannolone tricolore. Del resto, capite bene che mentre Fratelli d’Italia fa la sua battaglia per bloccare il riconoscimento dei figli di coppie dello stesso sesso, non è simpatico avere uno dei volti più noti di Fdi al centro di un gossip secondo il quale quelli di Fdi non vogliono riconoscere manco i figli nati da genitori di sesso diverso. C’è da capirli. E visto che si tratterebbe di una squallida maldicenza, ci si aspettava dunque che dal partito dei coraggiosi arrivasse una mossa coraggiosa. Si immaginava che dal partito che manda pacchetti di sanzioni e pacchi di artiglieria pesante in Ucraina, ci fosse un deciso interventismo anche in questa circostanza decisamente meno rischiosa di una guerra. E invece, appunto, hanno fatto come con la guerra: partecipiamo, sì, ma a combattere ci vanno gli altri. Ed è così che mentre il protagonista maschile (in perfetta età per arruolarsi) se ne è rimasto sul divano, la protagonista femminile, pure neo-madre, è stata buttata in trincea a schivare bombe e proiettili. Perché diciamolo: la lettera di Rachele Silvestri al Corriere non difende se stessa, dal gossip, ma l’altro. Il soldato sul divano. Quasi nessuno sapeva chi fosse la deputata, il grande pubblico non conosceva né il suo volto né la maldicenza. Il vero protagonista del chiacchiericcio era la parte maschile della storia. Se il gossip fosse stato su Rachele Silvestri e un qualunque deputato sconosciuto quanto lei, al massimo se ne sarebbe parlato sulla pagina Facebook “Sei di Ascoli Piceno se…”. E quindi, le strade da percorrere in un mondo ideale, popolato da persone corrette, erano due: o si taceva o la smentita pubblica toccava a lui, che è il politico famoso e (ci sembrava) con le spalle grosse. Lui doveva difendere l’identità di Rachele Silvestri, che tra l’altro si trova in una condizione di evidente vulnerabilità. Invece, il partito degli eroi, quello della prima donna presidente del Consiglio che è un buon segnale per tutte le donne, ha riservato alla donna (che si chiama pure Rachele, per un curioso scherzo del destino) la pubblica umiliazione.
Ed è impossibile non pensare alla lettera che nel lontano 2007 Veronica Lario inviò a Repubblica per difendere la sua dignità di moglie, non esitando a umiliare pubblicamente il potente marito Silvio Berlusconi per le sue battute ad altre donne. Lei, sì, venne allo scoperto per dire non sono “la metà di niente” e aggiunse che si era esposta per insegnare ai suoi figli i concetti di dignità femminile e di rispetto per le donne. A distanza di sedici anni, la lettera di Rachele Silvestri sembra il frutto di uno di quei miseri compromessi da secoli bui per le donne. Della serie: fai il test del dna, mortifica te stessa e la tua famiglia, proteggi l’identità dell’uomo potente e poi taci. Il paradosso è che la lettera di Silvestri si addentra pure in sentieri minati, sbandiera una presunta emancipazione facendo riferimento proprio al coraggio (“col partito di Giorgia Meloni condividevo da tempo le idee e il coraggio”) e al femminismo ( “…se sono stata inserita nelle liste delle elezioni politiche ha contribuito anche il fatto di essere donna in una forza politica che pratica, nei fatti, la parità di genere”). Come no, questa è proprio una vicenda da cui Fratelli d’Italia esce come il partito del coraggio e della parità di genere. Nel frattempo, chissà cosa pensa Giorgia Meloni della storiaccia. La Giorgia Meloni a cui si deve solidarietà per la scritta su un muro o il coro di quattro scemi, ma quando c’è da esprimere solidarietà nei confronti di una donna del suo partito, tace. Un silenzio bizzarro. Mi aspettavo un po’ di coraggio e che lo stesso coraggio lo pretendesse dall’uomo del suo partito che sarebbe vittima del gossip tanto quanto Rachele Silvestri. Era proprio Giorgia, in definitiva, quella che giudicava vigliacchi i migranti che secondo lei scappano da guerre e carestie lasciando donne e bambini a casa. Era lei quella che voleva gli uomini africani, siriani, afghani così eroici da caricarsi i neonati in spalla e attraversare deserto, territori minati e confini, mettendo in conto che figli e mogli potessero morire. Ora che un uomo del suo partito dovrebbe compiere l’atto ben meno eroico di non far imbarcare una donna sola sul barcone del pettegolezzo, se ne sta zitta.
Del resto, c’è da capirla, direte voi. Gli uomini di Fratelli d’Italia sono tutti impegnati in battaglie serie, tipo togliere la carne sintetica da un laboratorio per fare posto al dna di un povero bambino. Non disturbiamoli.