il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2023
Cacciari parla di Berlusconi
Adetta di Carlo Calenda con la possibile uscita di scena di Berlusconi dalla vita politica si chiude la Seconda Repubblica. Massimo Cacciari fa subito una premessa: “Le Repubbliche si contano sulla base di riforme costituzionali e istituzionali, è assurdo parlare di Seconda Repubblica. Non c’è dubbio però che gli anni che vanno dai primi Novanta fino a poco tempo fa sono stati profondamente segnati da Berlusconi. Non solo perché è stato a lungo al governo e ha retto un partito, o pseudo tale, di maggioranza relativa, ma anche perché ha influenzato le altre forze politiche, che sono state succubi della sua presenza sia imitandola che demonizzandola.
Effetto Berlusconi anche a sinistra, professore?
L’influenza culturale sulle forze di derivazione socialista e social-democratica è stata enorme e assolutamente deleteria. Sciaguratamente si è scelto di contrastare Berlusconi sul piano giudiziario e morale invece che su quello politico.
Era portatore di un conflitto d’interessi, mai visto prima e mai affrontato…
Non lo sto giustificando! I magistrati hanno, giustamente, indagato sui suoi affari e comportamenti. Ma è il mestiere dei magistrati, quello dei politici è un altro. Il centrosinistra avrebbe dovuto incalzare Berlusconi con proposte alternative che interessavano i cittadini e il proprio elettorato: politiche fiscali, salariali, le politiche del lavoro, strategie industriali. La rincorsa al grande leader è andata a scapito del radicamento territoriale e della valorizzazione delle energie locali, che erano la forza della sinistra fino a qualche decennio fa. Così la sinistra si è ridotta alla declamazione dei diritti.
Sulla destra invece che effetto ha avuto?
Positivo. Le destre italiane per allearsi e governare con lui sono state costrette ad avviare processi di ristrutturazione culturale interna.
Perché non ha trovato il famoso erede?
Perché la sua forza, il carattere nazional-popolare, la potenza economica lo rendevano insostituibile. Poteva avere dei secondi, ma i secondi poi scalpitavano, basta ricordare Fini. Il vero delfino era Renzi. Erano nati per convivere, sia sul piano antropologico che politico. Ma l’ego di entrambi li ha rovinati. Erano a un passo dall’en plein. Poi gelosia e sospetti hanno mandato all’aria il patto del Nazareno e a portato ambedue a suicidarsi per non cedere sull’elezione del presidente della Repubblica. Cosa ridicola perché cosa avesse Renzi contro Amato e Berlusconi contro Mattarella lo sa il cielo. Berlusconi non poteva fare un passo indietro per Fini, per Alfano o per Toti, ma per Renzi avrebbe potuto perché lui aveva le capacità politiche e mediatiche. Avrebbe dovuto farsi da parte, cosa impensabile per Berlusconi.
La parabola del Cavaliere è al tramonto?
Naturalmente gli faccio tanti auguri e spero che se la cavi anche questa volta. Non c’è dubbio però che la sua vita politica è finita, ma lo era già da qualche anno. Non ci saranno ripercussioni sul governo, forse Calenda e Renzi acquisiranno qualche cosa, ma nulla di che. I soldi e i voti li aveva Berlusconi.
Berlusconi è stato molte cose: grande imprenditore, uomo di televisione, straordinario comunicatore, politico, condannato per frode fiscale. Come sarà ricordato in futuro?
Come il primo e più formidabile segnale di crisi della nostra democrazia. Un sintomo gravissimo e non colto da chi avrebbe dovuto della deriva di un sistema che si avvia verso forme più o meno spurie di decisionismo, di deliranti invocazioni di esecutivi forti. Il berlusconismo è stato un bel laboratorio.
Il Foglio ha scritto che è stato un argine al populismo. Non è forse il contrario?
È assolutamente il contrario. Il Foglio è certamente quello che ha tenuto un livello di dignità culturale e analisi incomparabili rispetto ad altri giornali di area: ora sostengono che il loro discorso è stato questo attribuendolo a Berlusconi, che al contrario è stato un perfetto populista. Negli ultimi anni ha avuto un momento di riflessione, che non so dire se sia dovuto a un ragionamento politico o alla flessione di consensi del suo partito. La lascio con questo dilemma.