il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2023
Questo non è il coccodrillo di Berlusconi
Questo non è il coccodrillo di B., come quelli che tutti i giornali tengono pronti in vista di ciò che prima o poi accadrà (non solo a lui: a tutti noi umani). Diversamente da B., che iniziò a combattere il comunismo quando questo morì, gli avversari preferiamo combatterli da vivi e in salute. Quando sono malati, non rinneghiamo nulla di ciò che abbiamo detto, scritto e pensato di loro. Ma mettiamo tutto in pausa, perché la battaglia per la vita viene prima di tutte, pronti a tornare all’attacco se il bersaglio tornerà mobile. Per fortuna, a parte qualche svitato reso celebre dai social, nessuno augura a B. di perdere quella battaglia. Quindi non si comprendono i furori dei suoi camerieri e impiegati che chiedono agli antiberlusconiani di abiurare, partecipare alla beatificazione preventiva del Caro Non Estinto, financo “arrendersi perché ha vinto lui” (Ballusti dixit). Per sapere se ha vinto o perso, andrebbe chiarito di che guerra, battaglia o partita stiamo parlando.
Quella contro il comunismo era stata vinta da altri (Reagan, papa Wojtyla, Walesa, Havel, i mujaheddin afghani ecc.), prima che lui scendesse in campo a funerali avvenuti. Quella per la rivoluzione liberale l’ha persa per abbandono, nel senso che l’ha sempre evitata: in una democrazia liberale, un satrapo monopolista assistito (prima dal Caf, poi da sé medesimo) e fuorilegge non avrebbe costruito i suoi imperi immobiliare, editoriale, finanziario e politico, perché l’avrebbero arrestato prima. Quella per passare alla storia come statista l’ha clamorosamente persa: oggi nessuno, neppure il cameriere più servile, saprebbe indicare una sola riforma o leggina dei suoi tre governi che abbia migliorato la vita degli italiani, tant’è che da dieci anni il grosso degli elettori di destra si rivolge altrove. Quella per cambiare il sentire comune l’aveva già vinta prima del 1994 con le sue tv, ma l’ha cambiato in peggio azzerando quel po’ di cultura, stile e serietà che prima sopravviveva: dopo il ’94, con la fine del barlume di concorrenza Rai-Mediaset e la berlusconizzazione della fu sinistra, è tutta una picchiata verso il basso. Quella per distruggere la Costituzione l’ha clamorosamente persa: la sua unica riforma, la Devolution, fu rasa al suolo dagl’italiani al referendum 2006. Invece quella per sdoganare l’illegalità, il conflitto d’interessi, il privilegio, il familismo, il sessismo, l’anti-antifascismo, la menzogna, l’impunità, la privatizzazione dello Stato, la prostituzione di tutto e di tutti l’ha vinta, ma non ha nulla di cui vantarsi. Gli auguriamo di campare almeno altri dieci anni, durante i quali continueremo a combatterlo senza un cent di sconto. E quando poi ci lascerà, se non ci avrà sotterrati tutti, seguiteremo a pensare del morto quello che pensavamo del vivo.