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 2023  marzo 02 Giovedì calendario

Biografia di Enzo Bianchi

Enzo Bianchi, nato a Castel Boglione (Asti) il 3 marzo 1943. Biblista. Teologo, scrittore, ascoltato da Papi e ricercato nei caminetti televisivi della domenica sera («più di una volta l’anno non accetto di andare in tv») [Barlaam, Sole] • «Mattone su mattone», ha costruito tra il 1965 e il 1968 la comunità di Bose sulle colline del biellese di cui è stato priore fino a pochi anni fa
Titoli di testa Padre Bianchi perché non si è mai fatto prete? «Mai sentita la vocazione. Il cardinal Pellegrino mi ha chiesto più volte se volevo ordinarmi prete, ma io sono sempre voluto restare un semplice laico come tutti».
Vita «Mio padre Giuseppe faceva lo stagnino e, occasionalmente, anche il barbiere. Mia madre Angela purtroppo è sempre stata malata. Aveva una valvola mitralica al cuore che le procurava costantemente crisi d’asma. Allora non usava operare, infatti quando avevo otto anni, nel ‘51, è morta […]. È stata molto dura quando è mancata, ho provato una grande solitudine. Poi, per fortuna, sono entrate nella mia vita due donne, la maestra e la postina del paese che mi hanno accompagnato nel mio percorso di crescita e mi hanno anche supportato economicamente, senza il loro aiuto non avrei potuto studiare. Eravamo una famiglia molto povera e mio padre si arrangiava come poteva» [Bolino, Rep]. La maestra e la postina gli insegnarono il latino a 12 anni e gli fecero leggere Tolstoj, Dostoevskij e Mauriac… e la Bibbia in tre volumi • A suo padre che gli chiese quale regalo desiderasse per aver passato gli esami di terza media rispose: «L’orto» • «Leggevo e sottolineavo ogni cosa. E poiché avevo bisogno di confronto che certo non potevo trovare intorno a me, ho iniziato un corso di corrispondenza con Roma. Divoravo Lucrezio, compagno di strada meraviglioso che ho sempre sul comodino. E alle superiori ho avuto un professore davvero unico e straordinario, Giovanni Boano, che è diventato poi deputato europeo della Dc. Ci insegnava il russo perché potessi leggere Dostoevskij in lingua originale» [Bolino, cit.] • Alle superiori entra in Azione Cattolica: «Volevo far carriera, i dirigenti mi dicevano che c’erano già troppi filosofi e professorini e invece mancavano gli economisti. E così sono arrivato a Torino e mi sono iscritto a Economia. Abitavo in via Piave 8 ed è in quel periodo che ho iniziato a frequentare la Fuci (la Federazione degli universitari cattolici) ma poi, in meno di due mesi, mi sono messo in proprio. Ci riunivamo prima in via Piave dove abitavo poi, essendo in troppi, ci siamo spostati in una sala di un seminario di via XX Settembre» [Bolino, cit.] • A metà degli anni Sessanta trascorre tempo con l’Abbé Pierre alla periferia di Rouen: «A lungo vissi con gli “scarti”: alcolizzati, ex-legionari, ex-carcerati, straccioni. Quell’esperienza mi insegnò il senso della carità intelligente, la carità di vicinanza, non quella militante e parolaia che avevo conosciuto fino ad allora. Ho indossato come loro i vestiti raccolti, mangiato le stesse cose, dormito nei medesimi giacigli. Puzzavo come loro, ma i loro occhi nei miei e i miei nei loro mi bastavano per vivere ogni giorno sapendo il perché» [Gnoli, cit.] • «Ammiravo profondamente certi laici di grande fede come Giorgio La Pira. Nel 1965 capitai per caso a Bose: c’era una piccola chiesa con intorno delle case diroccate, abbandonate nel vento...». Si decise a dedicarsi alla vita monastica [Ibid.] • «In casa pensavano fossi un matto. Mio padre sentenziò che ogni famiglia è afflitta da un deficiente e che io indiscutibilmente lo ero. Ci fu rottura» [ibid.] • Per tre anni resta lì solo: «Non c’era il frigo, essendo senza energia elettrica, così mettevo il burro nel pozzo, il posto più fresco. Avevo una vespa con cui andavo in paese per rifornirmi di cibo. E poi per guadagnare qualcosa, traducevo dal francese articoli di teologia. Ho anche messo una campana che suonavo per me tre volte al giorno. A un certo punto, quasi misteriosamente, alcune persone hanno cominciato a venire per capire cosa facevo» [Bolino, cit.] • «Ho avuto il tempo per conoscermi a fondo. Ho incontrato persone davvero speciali, viandanti e girovaghi che erano di passaggio, si fermavano, li ospitavo. Vicino a me abitavano una signora con il figlio: cucinavano la polenta e ogni tanto me ne davano qualche fetta. Ne ho mangiata così tanta con il gorgonzola» • Nel giro di pochi anni, a Bose, vivevano in 95 • Quale era “la regola” da lei istituita che ha scolpito l’identità della comunità di Bose? «Innanzitutto mi sono ispirato al monachesimo basiliano e a san Pacomio, monaco cristiano egizio poco conosciuto in Occidente. Il suo era un modello di pensiero e di vita cui non solo ho guardato ma che ho anche messo in pratica. Ho fondato una comunità con tre ideali principali: dovevano essere persone semplici, laiche, non religiose, non preti, battezzate come tutti gli altri. Uomini e donne che dovevano lavorare e non dipendere dalle offerte o dai finanziamenti e dunque liberi dalla Chiesa. Terzo aspetto fondamentale: dare ospitalità a chi lo chiedeva, abbiamo accolto circa quindicimila persone l’anno» [Bolino, cit.] • Dei tanti che vengono qui ogni anno il 60% sono cristiani, il 40% non credono. Tutti chiedono di essere ascoltati [Barlaam, cit.] • Dopo il consolidamento della comunità, nel corso degli anni Enzo Bianchi dedica il suo ministero soprattutto alla predicazione, in comunità e nelle chiese locali, cattoliche, protestanti e ortodosse. Gira il mondo per conferenze e presentazioni di libri ma a Bose l’unica regola che vige a Bose è il silenzio. «Ci sono momenti in cui si lavora o si pranza accanto a monaci e monache, ma restando in silenzio. A terra ci sono cartelli che vietano di infrangere il silenzio e di accedere in certe aree della comunità, come i divieti che impediscono alle auto di entrare nei centri storici delle città. “Il silenzio è il mezzo per entrare dentro sé”. La campana suona alle 8 di sera. Tutti i monaci entrano nelle celle e “facciamo silenzio fino all’alba. Noi abbiamo 12 ore al giorno di solitudine”. Nelle celle non ci sono né tv né computer. “C’è la solitudine che serve per la vita interiore. Per andare in profondità. Altrimenti il celibato diventa una castrazione. La solitudine ti fa conoscere i nostri abissi. Il monachesimo ti fa conoscere l’ateismo. Il nulla che a volte ci abita. Esperire a questi momenti e poi risalire è una grande esperienza”» [Barlaam, cit.] • «Ho incontrato Giovanni Paolo II quando mi ha chiesto di restituire al patriarca Alessio II l’icona della Vergine di Kazan nella cattedrale della Dormizione al Cremlino. Poi nel 1976 ho conosciuto papa Benedetto, quando era un teologo, ad un convegno sul Vaticano II. E da allora abbiamo avuto molte altre occasioni di incontro, abbiamo scritto un libro insieme, partecipato al Giubileo del 2000 sulla confessione dei peccati della Chiesa. E mi ha nominato come esperto per due Sinodi, cosa che non accade così spesso, soprattutto per un laico come me. E papa Francesco, con cui ho avuto un rapporto più umano, meno teologico» [Bolino, cit.] • Nel 2004 fa parte della delegazione inviata a Mosca da papa Giovanni Paolo II per restituire l’icona della Madre di Dio di Kazan. Nel 2008 e nel 2012 ha partecipato come esperto nominato da papa Benedetto XVI alle Assemblee generali del Sinodo dei vescovi, dedicate la prima alla Parola di Dio e la seconda alla Nuova evangelizzazione. Il 22 luglio 2014 è stato nominato da papa Francesco consultore del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani • In occasione del suo settantesimo compleanno la Einaudi pubblica La sapienza del cuore. Omaggio a Enzo Bianchi (2013), «un volume impressionante di omaggi, di saluti e di lodi francamente iperboliche redatte senza battere ciglio da intellettuali di solito caratterizzati dall’autocontrollo riflessivo, dallo scetticismo, dall’agnosticismo religioso, dall’ateismo dichiarato e dall’impegno militante contro ogni chiesa e ogni fede. Di solito, ho detto. Ma di fronte a Enzo Bianchi questi stessi intellettuali perdono misteriosamente ogni ritegno e senso delle proporzioni trasmettendo l’idea, la certezza che il priore di Bose è un incomparabile genio della spiritualità, un faro del cristianesimo, un maestro di vita e di pensiero imprescindibile per tutti e infine un vero amico di chiunque» [Alfonso Berardinelli, Il Foglio] • Il 26 dicembre 2016 annuncia le dimissioni da priore della Comunità di Bose, con effetto a partire dal 25 gennaio 2017: «Se penso alla storia della mia vita monastica ti confesso che ho visto realizzarsi poco a poco ciò che speravo e desideravo: nulla di più e nulla di meno. La comunità che ho guidato per cinquant’anni come priore è stata fedele nella forma e nello spirito alla mia intuizione inziale, legata alla grande tradizione monastica. Non è stato facile. L’ostilità insorta nei nostri confronti da alcune parti della chiesa non è mai mancata. Ma al tempo stesso c’è stata anche la compassione e l’amicizia di alcuni grandi pastori della chiesa» [Gnoli, cit.] • In realtà fratel Enzo Bianchi, il laico che papa Francesco avrebbe dovuto creare cardinale (questo era vero secondo alcune ricostruzioni poi smentite dai fatti) è stato cacciato da Bose con un decreto della Santa Sede: «Si è posto – si legge nel decreto – al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in mondo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità, provocando lo scandalo. Un precedente tentativo mirante a ristabilire pace e concordia attraverso indicazioni spirituali ed esortazioni morali - viene annotato - non ha dato purtroppo i risultati sperati, anzi la situazione si è progressivamente aggravata» [Boezi, Giornale] • «Non fu un gesto improvviso. Da tempo avevo annunciato alla comunità la mia intenzione di non restare priore fino alla morte, come di solito fanno i fondatori. E quando ho sentito che le forze fisiche, non quelle mentali, diminuivano mi sono consultato con alcuni uomini e donne “spirituali” capaci di discernimento e ho lasciato il timone con grande pace». Ti sei isolato da tutto? «No, prego, leggo, rifletto, scrivo stando comunque nel mondo senza isolarmi» [Gnoli, cit.] • Agli inizi di giugno del 2021 si trasferisce a Torino in un alloggio fornitogli da amici • «Bianchi è critico radicale di quella che egli chiama l’“epoca costantiniana” della Chiesa, durata dal IV secolo fino alla seconda metà del XX e oggi prolungata, a suo giudizio, in quel nuovo peccato storico che è la “religione civile” a sostegno dei moderni imperatori» (Sandro Magister) • Che ne è di Dio nel momento più estremo e dove cercarlo oggi? «Dio! Spero di non scandalizzare: Dio è una parola insufficiente e anche ambigua, che si presta a equivoci». È strano sentirlo dire da te. «Tutti parlano di Dio ma poi ognuno ne ha una propria immagine che spesso ne contraddice un’altra. Non credo che ci sia lo stesso Dio per i credenti di tutte le religioni. Il mio ad esempio non è il Dio di tutti, ma è il Dio di Gesù Cristo» […]. Hai spesso ribadito la centralità di Gesù. Perché ai tuoi occhi è così importante? «Per noi cristiani Gesù ha spiegato e narrato Dio e ciò che egli non ci ha detto di Dio non va creduto» [Gnoli, cit.] • «Temo che alla “morte di Dio” si sia aggiunta la morte del prossimo, così non sappiamo più dire “noi, ma solo e sempre “io”» [ibid] • «La mia giornata è semplice. Ascolto il canto del gallo vicino al mio eremo poco prima dell’alba. Poi vi è la preghiera, la lettura delle Scritture e l’esercizio del pensiero e del discernimento. Dedico le ore del mattino a studiare e a scrivere. Poi, dopo la preghiera comune del mezzogiorno e il pranzo, curo per quanto posso il mio orto e accolgo chi viene a incontrarmi. Leggo, ma non so farlo per svago. Leggo per pensare, per godere della bellezza di una poesia o di un romanzo, ma sempre con uno scopo: imparare a vivere con gli altri» [Gnoli, cit.] • Di recente l’ex priore di Bose Enzo Bianchi ha ammesso di aver sofferto per essere stato allontanato dalla sua comunità: «Questa sofferenza c’è. Non mi ha destato rancore, amarezza, non mi ha scosso nella fede, non mi ha scosso nell’amore nonostante non riesca a capire l’enigma di persone vicinissime a me che hanno consumato un vero e proprio tradimento nei miei confronti senza motivo, perché c’era un accordo. Salvo una doppiezza mantenuta per anni, c’era quasi un’amicizia oltre che una fraternità» [a Vita Pastorale] • C’è la frase di un autore che ti accompagna? «È un pensiero di Bernardo di Chiaravalle: “L’amore basta a sé stesso”. Vale a dire: ciò che conta è avere amato, non conta se l’altro non ha ricambiato o ha tradito» [Bolino, cit.] • Oggi Bianchi si sta preparando a traslocare a Casa della Madia ad Albiano, un piccolo paese a una cinquantina di chilometri da Torino, per vivere in fraternità con poche persone: «A giugno mi trasferirò. Verranno anche alcuni amici, in parte quelli che hanno lasciato Bose. Insomma, è una bella sfida a ottant’anni». Ma, precisa, «non sarà una nuova Bose perché la comunità ecumenica di Bose è come un figlio: una volta fatto non si può rifare» • «Ho tanta paura della sofferenza fisica e della malattia mentale da vecchio: Alzheimer e demenza senile. Perché quando ho avuto a che fare con queste malattie ho visto quanto è difficile vivere per loro e per chi li assiste. Per cui vorrei che mi fosse evitato, spero che il Signore non mi faccia passare attraverso questa strada. Il dolore spero che mi sia alleviato anche a costo di abbreviarmi la vita (l’ho scritto nel mio testamento); anche la Chiesa permette le cure palliative. C’è un limite alla sopportazione del dolore».
Libri Ha pubblicato numerosi libri (molti dei quali presso l’editrice della comunità, Qiqajon), tradotti in più lingue, in cui esprime una spiritualità che si rifà alle fonti bibliche e alla grande tradizione ecclesiale ma conciliante con il mondo attuale. Membro della redazione della rivista internazionale Concilium, ha diretto per quindici anni, fino al 2005, la rivista biblica Parola, Spirito e Vita. Tra i suoi libri: Non siamo migliori (Qiqajon, 2002), Cristiani nella società (Rizzoli, 2003), La differenza cristiana (Einaudi, 2006), Ascoltare la parola (Qiqajon, 2008), Il pane di ieri (Einaudi, 2008), Ogni cosa alla sua stagione (Einaudi, 2010), Le tentazioni di Gesù Cristo (San Paolo, 2012), Fede e fiducia (Einaudi, 2013); Gesù e le donne (Einaudi, 2016), La vita e i giorni. Sulla vecchiaia (Il Mulino, 2018), Siamo tutti assetati. Gesù e la samaritana (San Paolo, 2018), L’arte di scegliere. Il discernimento (San Paolo, 2018) • Scrive su Stampa, Repubblica, Avvenire, Famiglia Cristiana, e sul quotidiano cattolico francese La Croix e La Vie • «Se non avessi ore e ore di silenzio, sarei incapace di parlare e di scrivere».
Curiosità È appassionato di cucina: «Mia nonna era una cuoca francese, venne in Italia e sposò mio nonno, un panettiere. In casa c’è sempre stato il culto per la cucina» [Gnoli, Rep] • «Camminare è essenziale per me. Quando cammino vivo con più consapevolezza il fatto che la nostra esistenza è un cammino. Andare a piedi ti aiuta a contemplare. Ti aiuta a sviluppare l’attenzione alle cose e agli altri. Lo stupore. La curiosità» [Barlaam, cit.] • A Bose era solito abbracciare una grande quercia vecchia di 550 anni almeno.
Amori Una fidanzata quand’era all’università. Avevo vent’anni. «Ci siamo amati molto per due anni. Poi però sono stato troppo assorbito dal mio ideale, dalla volontà di dar vita al mio sogno». Ha rimpianti? «Vuole sapere se mi manca l’amore? Certo. Avrei anche voluto figli. D’altronde l’essere umano è anche fatto di carne. Ma è andata così» [Bolino, cit.].
Titoli di coda «Ho lasciato la terra del Monferrato che ancora oggi amo e desidero, almeno come la terra che accoglierà il mio corpo quando sarò morto».