Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 08 Mercoledì calendario

Biografia di Mario Sarcinelli

Mario Sarcinelli, nato a Foggia il 9 marzo 1934 (89 anni) Economista. Dal 2007 al 2014 presidente della banca d’affari franco-belga Dexia Crediop (specializzata nel credito a enti pubblici), dal 2010 al 2015 della Ge.s.a.c. (la società che gestisce l’aeroporto di Napoli). Studioso di questioni monetarie, bancarie, finanziarie e fiscali, è autore di numerose pubblicazioni. È stato vicedirettore generale della Banca d’Italia (dal 1976 al 1981), direttore generale del Tesoro (dal 1982 al 1991), vicepresidente della Bers, presidente della Bnl (dal 1994 al 1998) presidente della Diners Club Sim, vicepresidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e, per pochi mesi nell’87, ministro del Commercio estero (Fanfani VI).
Vita Laureato in Giurisprudenza a Pavia, alunno del Collegio Cairoli. «Entrato nella Banca d’Italia nel 1957, nel 1960 divenne consigliere economico della rappresentanza italiana presso l’Onu. Di nuovo nella Banca d’Italia dal 1961, ricoprì, fino al 1969, vari incarichi presso i servizi centrali dell’Istituto di emissione, tra i quali il Servizio studi, per divenire in seguito capo del Servizio elaborazioni e sistemi informativi (1970-76), con specifica responsabilità dello sviluppo delle statistiche bancarie e dello sviluppo dell’elaborazione dei dati sia della Banca centrale sia del sistema bancario» (Treccani) • Il ricordo degli esordi in Bankitalia negli anni Cinquanta: «Avevo l’ufficio nel salone da ballo, che era stato suddiviso in quattro cubicoli. Nel pomeriggio, finito l’orario di lavoro, spesso mi sdraiavo sul pavimento a leggere un libro, nel riquadro dell’ultimo sole che entrava dalla finestra. Un giorno mi sorprese così il governatore Donato Menichella. Invidiavo il gatto del portiere, che aveva il privilegio di godersi il giardino» (a Lauretta Colonnelli) • Nel 1979, da direttore generale della Banca d’Italia, fu arrestato per iniziativa del giudice Antonio Alibrandi, che avrebbe messo in carcere anche il governatore Paolo Baffi (1911-1989) e ne fu impedito dai limiti d’età. «Giuliano Turone illumina “una pagina buia nella storia del Paese: l’attacco giudiziario romano alla Banca d’Italia”. Lo fa nel libro Italia occulta (Chiarelettere) […] La data chiave è il 26 marzo 1979, “una giornata nefasta” per la Repubblica. “Muore quel galantuomo di Ugo La Malfa e gli uffici giudiziari romani - precisamente il pubblico ministero Luciano Infelisi e il giudice istruttore Antonio Alibrandi - portano a compimento un’oscura operazione” contro la Banca, arrestando il capo della Vigilanza Mario Sarcinelli e incriminando a piede libero (solo per ragioni di età) il governatore Paolo Baffi. “Evidentemente colpiti, con un procedimento penale pretestuoso e strumentale, per la loro fermezza e il loro rigore” nell’opporsi a salvataggi e colpi di spugna bancari, in primis a beneficio di Michele Sindona. Baffi e Sarcinelli vengono accusati di interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento, per non aver trasmesso all’autorità giudiziaria le informazioni contenute in un’ispezione sul Credito Industriale Sardo. “Eccessivo potere di un solo giudice”, scriverà Arturo Carlo Jemolo su La Stampa del 26 aprile, criticando l’uso disinvolto dell’azione giudiziaria e riconoscendo a Baffi “prestigio morale” e a tutta la dirigenza della banca centrale “correttezza e scrupolosità”. L’inchiesta si concluderà nel 1981 con il proscioglimento di Baffi, Sarcinelli e di tutti i 79 indagati, ma nel frattempo dirompenti effetti politici e istituzionali si sono già prodotti: “la subdola manovra” ha ottenuto il risultato di “allontanare i due rigorosi e quindi scomodi dirigenti dai loro incarichi”. Colpito dal provvedimento cautelare (arresto poi tramutato in interdizione dall’ufficio), Sarcinelli riacquista la piena libertà solo dopo aver lasciato il cruciale posto di capo della Vigilanza. Baffi si dimette nell’estate dello stesso anno. Con La Malfa, tre avversari in meno per Sindona (e per i suoi sodali, politici e mafiosi). Il banchiere siciliano si occuperà poi di eliminare l’avvocato Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana che in Baffi e Sarcinelli aveva trovato sostegno, e di ridurre a miti consigli Enrico Cuccia, presidente di Mediobanca» (Giuseppe Salvaggiulo) • Scalfari ha riassunto così quella vicenda: «Erano arrivati i cupi anni di piombo e anche l’economia batteva il passo. Gli investimenti languivano, il potere politico effettuava invasioni sempre più pesanti nelle istituzioni, la Banca d’Italia era un intralcio sempre meno tollerato. Baffi lo sapeva e temeva l’occupazione politica del credito. Era rigoroso per carattere. Diventò inflessibile. Il capo della Vigilanza, Sarcinelli, ci metteva di suo l’intransigenza giovanile. Tra gli istituti di credito più influenzati dalla politica e dalle “arciconfraternite” c’era allora l’Italcasse e la Vigilanza decise un’ispezione accurata. Segnalò prestiti di grande rilievo senza sufficienti garanzie in favore dei “palazzinari” di allora, che godevano di larghe protezioni politiche. Il seguito di quella vicenda è noto: la procura della Repubblica di Roma spiccò mandati contro Baffi e Sarcinelli per un preteso abuso di potere in un’operazione dell’Imi. Sarcinelli fu arrestato, a Baffi fu ritirato il passaporto. Lo scandalo fu enorme. Si formò un fronte di resistenza e di protesta (venne tra l’altro sottoscritto da 130 economisti di tutte le tendenze politiche un documento di solidarietà a Baffi e Sarcinelli - ndr) e mi onoro di ricordare che Repubblica ne fu il capofila. Correva l’anno 1979. La Procura fece marcia indietro, ma il colpo per Baffi fu molto grave. Si dimise e Ciampi ne prese il posto» • «Nel marzo 1979 si verificò un grave episodio destabilizzante che colpì il vertice della Banca d’Italia. Fu arrestato il vicedirettore generale Mario Sarcinelli, responsabile del servizio vigilanza e fu messo sotto accusa lo stesso governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi. Entrambi erano stati coinvolti nell’inchiesta aperta contro la “Sin” di Rovelli sulla base di articoli pubblicati dalla rivista O.P. di Mimmo Pecorelli. L’inchiesta contro i finanziamenti all’industriale Rovelli fu avviata dal pm Luciano Infelisi e dopo la formalizzazione fu affidata al giudice istruttore Antonio Alibrandi. L’ istruttoria si concluse nel luglio 1981 con il proscioglimento di tutti gli imputati ma il vertice della Banca d’Italia ne rimase sconvolto. Paolo Baffi lasciò il posto di governatore e Sarcinelli quello di responsabile del servizio vigilanza. Erano questi gli obiettivi che Sindona – i cui piani di salvataggio della Banca Privata s’erano scontrati con il “no” delle autorità monetarie - e la P2 si erano fissati? […] C’è da dire a questo proposito che l’arresto di Sarcinelli, cui fece seguito la sua sospensione dall’ufficio pubblico, ordinata da Alibrandi, fu oggetto di una tempesta parlamentare. Da più parti fu chiesto al capo del governo, ai ministri di Grazia e giustizia e del Tesoro un’indagine approfondita per far completa luce sui retroscena del terremoto scatenato alla Banca d’ Italia. Le buone intenzioni da parte dei politici, sollecitate anche da personalità del mondo bancario internazionale, furono però accantonate. Nessuno si è più curato di andare a indagare su quanto era accaduto e su quali fossero i veri scopi del grave attacco che fu portato, in un momento molto delicato della vita nazionale, ai vertici dell’istituto di emissione. Sarebbe sufficiente controllare gli atti istruttori dell’inchiesta Sir per stabilire quale peso determinante hanno avuto gli articoli di Mino Pecorelli, portavoce della P2, sull’apertura dell’inchiesta, lo svolgimento delle indagini e la campagna denigratoria condotta contro il vertice della Banca d’Italia e in particolare contro Mario Sarcinelli» (Franco Scottoni) • «Una polpetta avvelenata politica che Mario Draghi anni dopo definirà “un attacco intimidatorio all’autonomia della Banca Italia”» (Carlo Marroni) • «“Il corso delle stelle nel 1979 fu infausto per Paolo Baffi e per me – scriverà dieci anni dopo Mario Sarcinelli, all’epoca direttore generale della Banca d’Italia – un’accusa infamante per la nostra probità fu elevata e sostenuta con gran rumore di stampa per il tramite di alcuni magistrati... Anche se le accuse apparvero ben presto frutto della malizia degli uomini, il loro permanere fu sufficiente a togliere autorità al Governatore che agli inizi di ottobre si dimise”» (Il Foglio) • Dal Tesoro «si dimise quando il presidente del Consiglio Giulio Andreotti gli chiese di assicurare alcune esportazioni alla Russia, trasferendo sullo Stato un rischio che egli riteneva non si dovesse correre» (Francesco Giavazzi) • Nel 2021, intervistato da Federico Carli, Mario Draghi ha raccontato: «Dopo circa un anno di lavoro alla Banca, verso la fine del 1990, ci fu un dissidio fra Carli e il direttore generale del Tesoro, Mario Sarcinelli, alla fine del quale Sarcinelli diede le dimissioni. La questione era la Sace, della quale Sarcinelli era presidente, in quanto direttore del Tesoro. C’erano forti pressioni di alcuni esponenti del governo (il presidente era Giulio Andreotti) per far affluire dei finanziamenti a imprenditori per esportazioni. Questi finanziamenti potevano essere concessi dalle banche solo se assicurati dalla Sace. Questa, con Sarcinelli, continuava a opporsi. Allora fu proposta una legge che poneva la decisione direttamente in capo al governo, sempre però previa valutazione della Sace. Le difficoltà continuarono e ci fu un voto contro Sarcinelli nel consiglio della società. Sarcinelli, non sentendosi sostenuto da Carli, si dimise. Fu allora che Ciampi mi chiamò e mi chiese se fossi interessato al posto di direttore generale del Tesoro. La mia prima risposta fu che non avevo la più pallida idea di cosa fosse questo lavoro. Esitai parecchio, circa un mese e mezzo. […] Alla fine di queste conversazioni, che tenemmo nell’ufficio che aveva in via Due Macelli, sia Carli che Ciampi mi dissero: “Si decida, per cortesia”. Accettai l’offerta» • Nel 2012 vinse la prima edizione del premio in memoria di Giorgio Ambrosoli • Ha insegnato Economia monetaria alla Sapienza di Roma • Si è più volte espresso a favore dell’ipotesi di una patrimoniale per rimettere ordine nei conti pubblici • Quindicimila euro al mese la pensione maturata nei 24 anni di attività presso Bankitalia (La Stampa) • Vedovo di Giovanna Longardi, morta nel 2021. Due figli.