17 marzo 2023
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Biografia di Francesco Boccia
Francesco Boccia, nato a Bisceglie (Bari) il 18 marzo 1968 (55 anni). Economista. Politico (Partito democratico; già la Margherita). Già ministro per gli Affari regionali e le autonomie (2019-2021). Senatore (dal 13 ottobre 2022), già deputato (2008-2022). «Un numero due» (Giancarlo Perna). «I suoi goal in politica? “L’idea di una web tax per i giganti della rete e la firma sulla riforma della legge di bilancio”» (Vittorio Zincone) • «I Boccia sono una cospicua famiglia di Bisceglie, graziosa marina fra Trani e Bari. I genitori guidavano una fiorente azienda tessile. Il ragazzo crebbe in una villa immensa – diverse decine di stanze – con cappella privata e campi da tennis. Si divideva tra l’università e il gioco delle carte, di cui era maestro. Aveva una ragazza fascinosa (su questo non ha mai transatto) che, lustri dopo, divenne first lady di Trani, ossia moglie di un sindaco. […] “Mai stato democristiano”, ha osato dichiarare tempo fa. Una frottola: fine anni ’80, ancora prima di laurearsi in Scienze politiche a Bari, militava già nella Dc» (Perna). «Cominciò da ventenne, non ancora laureato, a fare politica, militando in modo attivo e dinamico nelle file della Democrazia cristiana nella corrente dorotea dell’ex ministro Lattanzio (che certamente non guardava a sinistra). In quegli anni ricoprì importanti incarichi pubblici, quali, ad esempio, quello di componente del cda della casa di riposo Principessa Jolanda di Bisceglie, all’epoca importante casa di riposo pubblica, fallita e cessata qualche anno dopo» (Enzo Di Pierro). «Il suo esordio politico? “Inizio anni Novanta. Eletto in consiglio di facoltà a Bari in una lista di cattolici-popolari. All’inizio mi candidai perché c’era un bel giro di ragazze, eheh. Giocavo soprattutto a pallone: ero attaccante nel Bisceglie, in Eccellenza, e ho fatto qualche presenza in C2. Ho smesso con il calcio per gli impegni universitari”» (Zincone). «Tutto sembrava destinarlo al ruolo di ottimate locale, quando l’impresa familiare fallì. Fu un trauma con pesanti code economiche e giudiziarie. Francesco lasciò Bisceglie e cominciò a girare il mondo – quattordici residenze diverse in un pugno d’anni! – per perfezionare gli studi economici: master alla Bocconi, quadriennio alla London School, soggiorno negli Usa» (Perna). Nel 1993 «“avevo lasciato la Puglia per Milano, a ridosso del master alla Bocconi facevo anche colloqui di lavoro. Ricordo un viaggio verso Mestre con la mia Fiat Brava per un colloquio con Coin. C’era nebbia, pensavo ‘Io, qui, non ci vorrei venire’. Arriva un colpo di fortuna: da rappresentante dell’aula master organizzavo in Bocconi dibattiti sulla situazione politica: si era in piena Tangentopoli. Viene Fabio Tamburini, che oggi del Sole 24 Ore è il direttore, a presentare il suo libro su Cuccia. Gli chiedo un contatto col Sole per presentare il mio lavoro sui Boc, i buoni obbligazionari comunali. E loro lo pubblicano in un volume. Per la prefazione contatto Mino Martinazzoli e Antonio Bassolino”. Poi va a Londra, giusto? “Volevo fare finanza. La London School of Economics era il massimo. Là conosco Filippo Andreatta: mi suggerisce di mandare la mia ricerca sul debito degli enti locali al papà”. Così ha incrociato Nino Andreatta? “Gli mando tutto con un fax. Una domenica mattina squilla il telefono, non mi sembrava vero: ‘Quando torna in Italia, venga a trovarmi’. Stava lavorando alla costruzione dell’Ulivo, insieme a Prodi. Era il ’95. Volo a Roma, mi porta a pranzo. ‘Ora ci raggiunge un altro giovane con cui vorrei che entrasse in contatto’, mi dice Andreatta. Al momento del caffè si presenta Enrico Letta”. Lei sarebbe tornato a Londra? “Sì. Ma Andreatta mi propone di presentare il mio lavoro sulle Regioni l’11 dicembre successivo, all’Arel. Io pensavo a una cosa ristretta. Arrivo nella data stabilita, entro nell’appartamento del centro studi, apro la porta del salone e trovo una trentina di persone che avevo visto solo sui giornali o in tv: da Mario Draghi a Sarcinelli, passando per Federico Pepe del Banco di Napoli. Chiusi subito la porta, pensando di aver sbagliato stanza. Invece erano là per ascoltare me. Andreatta mi disse: ‘Non si preoccupi. Tanto, il suo lavoro, come lo conosce lei, non lo conosce nessuno’. Andreatta era un gigante”» (Tommaso Labate). «A ridargli un destino italiano fu […] Letta, che, diventato ministro dei governi D’Alema e Amato (1998-2001), lo chiamò come consulente all’Industria, inducendolo anche a iscriversi alla Margherita» (Perna). Nel 2002 tornò in ambito universitario, dapprima come professore ospite all’Università dell’Illinois a Chicago e poi come professore associato alla Liuc di Castellanza (Varese). Nel frattempo «entrò […] nelle grazie del sindaco Ds di Bari, Michele Emiliano, che lo nominò assessore comunale al Bilancio (2004) e lo montò al punto da imporlo come candidato ufficiale della sinistra per la presidenza della Puglia contro il berlusconiano Raffaele Fitto (2005). Quando già Boccia era certo di essere lui il campione dei Ds – aveva dalla sua Max D’Alema, Romano Prodi, ecc. –, il semisconosciuto Nichi Vendola lo sfidò alle primarie e vinse di un soffio. […] L’imprevista sconfitta nei confronti di Vendola, mentre tutto l’apparato era con lui, chiarì per sempre che Boccia non incanta folle, né porta voti. Più che un valore aggiunto è una sottrazione, come spesso i bravi ragazzi un po’ secchioni. Venne così incasellato come tecnico e relegato in quel recinto» (Perna). «Diventa capo del dipartimento economico a Palazzo Chigi con Romano Prodi presidente del Consiglio nel 2006. Nel 2007 l’approdo nel Pd, in cui sostiene Enrico Letta e in cui si ritaglia il ruolo di esperto di questioni finanziarie ed economiche» (Anna Messia). Eletto nel 2008 alla Camera tra le file del Partito democratico, «nel 2010 ha risfidato Vendola alle primarie per la guida della Puglia ed è stato stracciato: 73 per cento dei voti contro il 27» (Perna). A livello nazionale acquisì notorietà nel corso della XVI legislatura soprattutto per via della clamorosa relazione con l’allora collega del Popolo della libertà Nunzia De Girolamo, con cui convolò poi a nozze a fine 2011. All’inizio della successiva legislatura, nel 2013, «c’è stato un momento […] nel quale Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia, moglie Ncd e marito Pd, sembravano la rappresentazione plastica di una stagione che arrivava per restare. Ministro lei, presidente della commissione Bilancio della Camera lui. Entrambi “vedroidi”, che sta per membri dell’associazione VeDrò di Enrico Letta, quella che con sei ministri, un vicepresidente e il premier era sembrata per qualche mese il nuovo compasso del potere politico e culturale del Paese. Poi è arrivata la Leopolda a prendersi la parte del leone, e per i due sono iniziati i guai. Lei senza più la poltrona da ministro (che già aveva perso sotto Letta) e lui spesso critico col nuovo presidente del Consiglio» (Francesco Maesano). Pur avendo appoggiato Renzi in occasione delle primarie di partito del dicembre 2013 («Matteo coniuga tradizione e cambiamento. Rappresenta la migliore sintesi tra la storia dell’Ulivo, il Pd e il futuro. […] Renzi può e deve “asfaltare” quella nuova via della sinistra italiana che porta il Pd a capire la società italiana e non viceversa»), infatti, già nel corso del 2014 Boccia iniziò a prendere le distanze dal segretario, nel frattempo diventato presidente del Consiglio («Io ho votato Renzi perché trasformasse il Pd in un moderno partito di sinistra, non perché trasformasse il Pd in un partito di destra. […] Io, il Paese, lo voglio cambiare non con un approccio individualista di destra ma con un approccio sociale di sinistra»), tanto che, pur avendo dichiarato il proprio «sì» in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, in vista delle primarie tenute dal Pd nell’aprile successivo sostenne la candidatura di Michele Emiliano, attestatosi poi terzo, dietro Renzi e Andrea Orlando. «Ricordo la mia battaglia per la web tax, approvata […] in Parlamento e poi cancellata da Renzi. La destra e il solito Renzi ammiccavano alle multinazionali del web» (a Giovanna Casadio). Alle successive primarie, nel marzo 2019, sostenne invece Nicola Zingaretti, che risultò vincitore e, dopo averlo nominato responsabile Economia e Società digitale del partito, ne favorì la nomina a ministro per gli Affari regionali e le Autonomie del governo Conte II. «Boccia nell’èra del governo giallorosa da ministro degli Affari regionali è diventato […] il più contiano tra i democratici, finendo per essere sotto pandemia il più vicino al premier dei Dpcm. Con costanza, ma anche con qualche slancio: ad esempio la volta in cui formulò l’ardito progetto degli “assistenti civici contro il Covid”, vagheggiava cioè di assumere sessantamila persone per vigilare su distanziamento e mascherine (praticamente un reddito di cittadinanza pandemico: la proposta durò mezza giornata)» (Susanna Turco). Cessato l’incarico ministeriale con l’avvento del governo Draghi, nel marzo 2021 Boccia fu nominato da Letta, appena subentrato a Zingaretti alla guida della segreteria del Pd, responsabile Autonomie territoriali ed Enti locali del partito, e in seguito commissario del partito per la Puglia e per la Campania. «Scintillante esempio di un’èra senza svolte e senza entusiasmi Francesco Boccia: […] responsabile Enti locali del Pd, il vero generale sul campo del lettismo, una specie di vicesegretario ombra agli affari correnti, quello addetto a mettere le mani dentro le sabbie umide delle faccende di partito. […] Un ruolo in sé mediocre, ma che spicca nell’assenza totale di quasi tutto il resto. […] Si è erto a garante del campo largo e cioè dell’alleanza con i Cinque stelle, pozzo nel quale Enrico Letta lo condannò a nuotare un minuto dopo la sua ascesa al trono del Nazareno, nel marzo 2021. Era del resto l’uomo giusto per quel ruolo. […] Spiegazioni ordinate, un ragionevole equilibrio tra realtà e propaganda, nessun effetto speciale. Un “facci sognare” ragionieristico, che al massimo può essere declinato con un “difendo le ragioni dell’alleanza” anche se “è faticoso”. […] Prevedibile come una camomilla, ossessionante come uno stalker, al motto secondo cui “le peggiori sconfitte sono le battaglie che non si fanno”, Boccia quando ti individua non ti molla più. Tampina con delicatezza, insiste con diplomazia, dice la parola che aspettavi da anni. […] Dalla Puglia alla Calabria, da Molfetta a Catanzaro, ovunque lui vada lo schema è quello del sicario gentile. Tu gli dici di no, e lui risponde “parliamone”. Gli scrivi una sequela di insulti, e lui telefona e ti dà ragione. Lo asfalti, e alla fine della telefonata ti domanda: “Possiamo risentirci domani?”. Il tempo di domandarsi “Cosa vorrà ancora?”, e ha già vinto. Non che vinca spesso (a Barletta, per esempio, ha vinto il caos), ma anche la resistenza è una virtù, anche lo sfinimento è una linea politica: il coraggio è sopravvalutato, il carisma forse pure. Quale miglior interprete del lettismo attivo e operante?» (Turco). Nel luglio 2022 Boccia tentò un’estrema mediazione col Movimento 5 stelle per scongiurare la caduta del governo Draghi: persino «di fronte all’ultimatum del leader dei 5 stelle sui 9 punti il deputato dem continuava a definire Conte “un alleato affidabile che ha posto dei temi seri”. Addirittura, per Boccia, anche se i 5 stelle non avessero votato la fiducia a Draghi, il governo sarebbe andato avanti lo stesso, come pure l’alleanza giallorossa per le politiche. E invece i dem, constatato lo sfascio totale dei 5 stelle, incapaci persino di formare una lista, hanno deciso di chiudere le porte ai grillini per le elezioni. […] E, mentre Boccia continuava ad accusare Renzi di aver portato alla sconfitta il Pd nel 2018 per la scelta dell’autosufficienza, Letta ha deciso di compiere la stessa scelta» (Annarita Digiorgio). Eletto al Senato alle elezioni politiche del 25 settembre 2022, in vista delle primarie del Pd del 26 febbraio successivo Boccia appoggiò Elly Schlein, che lo nominò coordinatore politico della sua mozione, risultata poi vincente. «“Elly rappresenta la speranza di un cambiamento epocale che la sinistra aspetta da tempo, è quello che Time definì il colpo di rasoio che separa il passato dal futuro: era riferito al ’68, ma oggi è più attuale che mai”. Francesco Boccia […] non ha dubbi: “Con lei alla guida del Pd torneremo a essere il primo partito dei progressisti e, ricucendo con il M5s, riusciremo a battere le destre”. Come? Partendo dall’abiura dell’esperienza Draghi. […] “Sostenere Draghi insieme alla destra è stato un errore fatale. Ha rivinto la logica del potere, anziché le ragioni della sinistra”. Rivendicato anche in campagna elettorale, però. “È la ragione della sconfitta. Draghi resta un eccellente banchiere, ma la connessione sentimentale con il popolo è un’altra roba”. Il M5s ha fatto bene a buttarlo giù? “No. Bisognava completare la legge di bilancio. […] Dopo di che, bisognava andare uniti al voto: se fosse successo, Meloni non sarebbe a Palazzo Chigi. Una scelta presa dall’intero gruppo dirigente del Pd”. Lei compreso. “Sono stato travolto dalla sicumera di chi diceva che il Paese si sarebbe indignato per la caduta di Draghi”. […] Conte tornerà a essere il riferimento forte dei progressisti? “No, sarà il Pd capitanato da Schlein, un partito nuovo, con una classe dirigente giovane e radici salde, perché noi portiamo in dote le grandi eredità politiche della Repubblica”» (Giovanna Vitale) • Tre figli: Edoardo e Lodovica dalla lunga relazione con Benedetta Rizzo, stretta collaboratrice di Enrico Letta, e Gea dal matrimonio con Nunzia De Girolamo, che conobbe. «“all’inizio del 2009, all’università Federico II di Napoli. Il mio amico Tommaso Pellegrino, ex parlamentare dei Verdi, aveva organizzato un convegno sul caos spazzatura”. Ma eravate entrambi in Parlamento da qualche mese. “Sì, ma non ci eravamo mai incrociati. Io ovviamente sapevo chi fosse. Lei, mi avrebbe detto dopo, prima di quel giorno a Napoli non aveva idea di chi fossi io. […] Iniziamo a frequentarci clandestinamente. Primo viaggio insieme in Libano. Con una macchina noleggiata ci spingiamo fino al confine presidiato dagli Hezbollah. Laggiù non ci conosceva nessuno”. Non temevate di essere beccati, prima o poi? “La situazione, che oggi fa sorridere, era serissima. Lo scontro tra il centrosinistra e Berlusconi era a livelli altissimi nel 2009. Ero andato a vivere da Nunzia: quando uno dei due riceveva una telefonata di lavoro andava a parlare in un’altra stanza. La politica doveva rimanere fuori dal rapporto, altrimenti sarebbe finita male e subito. Decidiamo però di dirlo a Berlusconi. […] Quando lo seppe, Berlusconi la prese con un sorriso: ‘Va bene, basta che ti tratti come una regina’”» (Labate). «Per i fanatici della pacificazione nazionale i ragazzi rappresentavano, novelli Romeo e Giulietta, l’occasione perfetta per metter fine agli antichi dissidi tra berluscones ed ex comunisti: giovani e carini, deputati, entrambi in ascesa, assai moderati e fan della grande coalizione. Non è un caso che lo sposalizio in chiesa, annunciato ma non avvenuto, avrebbe avuto come testimoni Silvio Berlusconi per Nunzia e Pier Luigi Bersani per Francesco» (Emiliano Fittipaldi) • «Io mi considero un liberale di sinistra» (a Claudio Cerasa). «Il mio primissimo voto andò alla Dc di sinistra, morotea. Poi Pds, Ulivo e Pd. […] Nunzia sui diritti sa essere più a sinistra di me» • Juventino. «Attaccante della Nazionale parlamentari, è presidente del Club Giovanni Agnelli di Camera e Senato» (Messia) • «Passione per il web (è tra i promotori, nella sua Bisceglie, di Digithon, che mette in vetrina, con un appuntamento annuale, le start-up digitali)» (Messia) • «Uno che in gara non ha mai vinto. […] Ma è pur vero che Boccia è uno che è stato sempre a galla» (Mario Lavia). «L’ultimo samurai dell’alleanza giallorossa» (Digiorgio). «Lo stato maggiore del Pd considera Boccia una via di mezzo tra un fachiro e un incantatore di cobra: riesce ad ascoltare i grillini senza perdere la pazienza o addormentarsi – secondo alcuni testimoni, una volta riuscì a parlare per un’ora anche con Vito “orsacchiotto” Crimi –, in genere comunque li tiene mansueti, li fissa negli occhi, e loro quasi mai lo attaccano. Esperto, di antico rito lettiano, empatico, viene dall’esperienza pugliese, dove il governatore Michele Emiliano mise su una sorta di laboratorio d’intesa Pd-5 stelle; ma non solo: essendo poi il responsabile Enti locali del Pd, Boccia con i grillini tratta anche per le alleanze alle Amministrative, e quindi conosce bene le loro debolezze, sa che adorano le poltrone, il potere, le auto blu, e che – se sai prenderli – alla fine si fanno piacere tutto: Tav, Tap, Europa, banche. Però è soprattutto con Giuseppe Conte che Boccia dà il meglio» (Fabrizio Roncone). «Taluni zoologi democratici lo chiamano “il tardigrado”: capace di reggere qualsiasi temperatura, praticamente indifferente al clima politico e quindi impossibile da uccidere, Boccia è come quell’animale in grado di sopravvivere, insieme a pochi altri, anche all’apocalisse. […] Boccia, il luogotenente delle missioni non impossibili, ma parecchio stancanti: l’addetto ai compiti ingrati. L’uomo a cui la storia, ma soprattutto il carattere, hanno dato in mano lo scotch per tenere insieme alleanze che non avrebbero altro collante. Nessun ideologismo, molto senso pratico» (Turco) • «È diventato molto di sinistra, al pari di tanti amici ex democristiani come Rosy Bindi e forse Dario Franceschini, tutti cattolici democratici cresciuti alla scuola di Aldo Moro, Beniamino Andreatta, Vittorio Bachelet e oggi folgorati sulla via del socialismo e di Giuseppe Conte nell’operazione politicamente più incestuosa che si potesse immaginare: la mescolanza della giustizia sociale con il populismo arraffavoti è mistura dei peggiori bar di Caracas» (Lavia).