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 2023  marzo 23 Giovedì calendario

Biografia di Giulia Lazzarini

Giulia Lazzarini, nata a Milano il 24 marzo 1934 (89 anni). Attrice.
Titoli di testa «Ritirarsi proprio alla mia età? Sarebbe una vigliaccata, dopo tutto quello che ho ricevuto da questo mestiere!»
Vita «Provengo da una normalissima famiglia. Mio padre era occupato in un’azienda di sanitari. Suonava a orecchio pianoforte e fisarmonica. Vivemmo i primi anni a Milano. Poi la guerra. Sfollammo a Riccione. Anni strani e brevi. Un’infanzia felice, malgrado tutto. La Romagna era terra fascista. Il Duce passava parte dell’estate a Riccione. Le colonie marine rinviavano alla mestizia di certi luoghi infantili. Ricordo la città d’inverno. Vuota. Gli hotel trasformati in ospedali per i soldati tedeschi. Ondeggiavano i biondi capelli come spighe di grano nel campo. E l’estate: i convalescenti seminudi e sdraiati tra le dune a prendere il sole. Tutto sembrava immobile mentre l’Italia affondava» [ad Antonio Gnoli, Rep] • «Essendo figlia unica (un po’ “melodrammatica”, sosteneva mamma), a volte mi sdoppiavo. Ecco, rappresentare un altro al di fuori di me: credo sia stato quello il primo clic. Poi, improvvisando spettacolini con i ragazzini sfollati come me a Riccione, parevo portata. Timida? No: definirei la mia ritrosia “complesso d’inferiorità”. È stata un’infanzia tranquilla, tutto sommato: il dramma è arrivato quando, dopo l’armistizio, siamo tornati a Milano e sono iniziati i bombardamenti» [Maria Laura Giovagnini, IoDonna] • «Tornammo a Milano l’8 settembre del 1943. Convinti che tutto fosse finito e che avremmo ricominciato a vivere. Fu invece il periodo più duro. Culminò nel bombardamento di Gorla, un quartiere milanese. Avvertivo lo strazio di quel 20 ottobre del 1944. Per errore bombardieri americani che avevano come obiettivo le fabbriche Breda di Sesto San Giovanni sbagliarono bersaglio. Riversarono su di una scuola i loro messaggi di morte. Perirono quasi 200 bambini. Mi è rimasta dentro quella tragedia» [ad Antonio Gnoli, Rep]. Tragedia che porterà in scena in Gorla fermata Gorla • «Fra gli amici dei miei c’era una signora che lavorava in un settimanale e suggerì di rispondere al bando del Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Mamma, che era un tipo intraprendente, mi ha fatto fotografare da Elio Luxardo e ha spedito i ritratti, però – quando mi hanno visto di persona – hanno detto no, troppo giovane. L’anno successivo, a 17 anni, sono stata ammessa» [Giovagnini, cit.] • «Io il mio corpo non l’ho mai molto amato. Ho sempre avuto complessi, anche da ragazzina, complessi di quelli stupidi. Perché ero piccola, le gambe non erano perfette. Non corrispondevo proprio a quelle caratteristiche che bisognava avere per essere considerati belli, una bella ragazza» [Rep]• «Per due anni feci scuola di recitazione. Al mio corso c’erano Carlo Giuffrè e Domenico Modugno» • «Roma, più che una città aperta, era vuota. Non c’erano macchine. Poca gente. Al Centro sperimentale si arrivava col tram. Era di fronte agli stabilimenti di Cinecittà. Ogni tanto Blasetti e Rossellini tenevano lezioni di regia. Ma il cinema non ci voleva. Il cinema – come avevano indicato Rossellini e lo stesso De Sica – gli attori preferiva prenderli dalla strada. Finita quell’esperienza tornai a Milano» [Gnoli, cit.] • «La televisione muoveva i primi passi (gli sceneggiati e le commedie si giravano qua). Non c’era gran concorrenza: gli attori di cinema o di teatro per snobismo non cedevano alla tv. Almeno fino a quando hanno capito quanta fama regalasse anche solo un Carosello» [Giovagnini, cit.] • Il suo primo film, Destino, con la regia di Enzo di Giovanni è girato nel 1951 per una casa di produzione regionale, la Eva Film. Con Giulia Lazzarini, nel ruolo di Annamaria, figurano nel cast anche Domenico Modugno, Renato Valente e Gianni Vitale. L’anno successivo affronta la sua seconda esperienza cinematografica: Non ho paura di vivere, regista è stavolta Renato Taglioni e la Lazzarini interpreta il ruolo di Lisetta. Si rende però presto conto di non incarnare una tipologia di attrice adeguata alle esigenze del grande schermo: «Ho capito subito che non mi avrebbero mai voluto per il cinema: era tempo di altri tipi femminili, di bellezze più rotonde e maliziose» [a Edgarda Ferri, Gran Milan] • Dopo tre anni di tv fa un provino per La rosa tatuata di Luchino Visconti e uno per il Giardino dei ciliegi di Strehler. La vogliono entrambi. Lei sceglie Visconti che l’ha chiesta per primo. «Alla fine, come quando si muore per la troppa abbondanza, Visconti non realizzò La rosa tatuata e mi persi anche Strehler. A ogni modo lavorai in parti secondarie con la compagnia di Laura Adani. Che tra l’altro aveva sposato il fratello di Luchino: il duca Luigi Visconti» [Gnoli, cit.] • È del 1954 il suo debutto teatrale, a Milano, al Teatro Olimpia, nella commedia I grattacieli di Guglielmo Giannini allestita dalla Compagnia degli Spettacoli Gialli nel ruolo di una perversa ragazzina squillo. Recita insieme a lei Laura Adani • «In scena mi sentivo libera mentre nella vita sono sempre stata schiva. Solo con la maturità si acquista una certa coscienza di sé e ci si affranca dai timori stupidi: quanto tempo perduto in “gnè gnè”» [Giovagnini, cit.] • Nel 1954 Strehler la richiama per l’Arlecchino: «Sapeva guardarti dentro, leggere cose che neppure sospettavi di avere. Sul finire degli anni Ottanta allestì la regia di Faust. Interpretai il ruolo di Margherita. E Giorgio mi spinse a fare cose che non pensavo di avere. Quell’aggressività o forza che credevo di non possedere uscirono naturalmente. Mi sorpresi. Convinta della mia innata fragilità scoprii qualcosa di nuovo. Era come se avessi ripensato interamente la mia esistenza» [Gnoli, cit.] • «La tempesta è stata una delle sfide più atroci: “Ariel lo vedo come una pallina nell’aria, da cui vengono fuori due manine e due piedini” spiegava Giorgio. Allora non c’erano le tecnologie di oggi, ero legata a un cavo d’acciaio (devo a quelle rappresentazioni i miei problemi alla schiena), mascherato dalle sue inimitabili luci di scena, mentre un enorme ventilatore mi soffiava addosso. Ma Giorni felici è stato altrettanto complicato, da perdere la testa: recitare con il corpo immobile, sepolto nella sabbia. In ogni spettacolo inseriva qualche ostacolo per andare oltre, oltre, oltre. Persino in Elvira o la passione teatrale di Louis Jouvet, in fondo, l’asticella era alta» [Giovagnini, cit.] • Di Giorni felici: «Accettare la vita non significa arrendersi, ma vivere in modo costruttivo, resistendo fino alla fine con ironia come fa Winnie cantando il valzer della Vedova Allegra prima che si chiuda il sipario (...) Sento ancora la voce di Giorgio che mi diceva “ricordati che se parli velocemente ti senti viva, se non parli così, muori subito”. È la frenesia del mondo di oggi...» [Catalogo dei viventi] • Gli anni Sessanta furono quelli degli sceneggiati I Miserabili (1965), nel doppio ruolo di Cosetta e Fantina; Il Mulino del Po di Bacchelli, 1963, nel ruolo di Dosolina • «Ronconi? Ho lavorato con lui in Il ventaglio, ma ero più consona alla metodologia di Giorgio, che voleva conoscerti profondamente; Luca non se ne preoccupava» [Giovagnini, cit.] • «Strehler impersonava il maestro, io l’allieva… alquanto agée: avevo 52 anni!» [Giovagnini, cit.] • «Di carattere a volte sono abbastanza complicata e sono soprattutto malinconica. La malinconia è la mia forza ed è anche la mia debolezza. Quello che mi salva è l’ironia. Ripenso spesso alle cose che avrei potuto magari fare meglio per me stessa o per gli altri. Non parlo della carriera, parlo della vita. Però poi vedo le cose che ho fatto e tutto sommato oggi mi danno soddisfazione. Non mi sento scontenta» [a Giovanni Falcone, l’Espresso]• «Ricordo Giulia la prima volta che l’ho incontrata in un teatrino dove facevo delle audizioni? Giulia recitò allora una scena di Piccola Città, recitò come oggi. La stessa chiarezza, la stessa tenace dolcezza, la stessa semplicità. Mancava, come dire, soltanto la profondità di oggi, lo spessore di oggi, cioè lo spessore della vita che passa sopra di noi ed anche e sopra dentro di lei. Ecco, il cammino di Giulia è stato questo, di recitare più profondo e più giusto con motivazioni profonde» [Giorgio Strehler nel programma di sala dal Piccolo Teatro di Milano, Stagione 1981/82] • «È logico che faceva Goldoni, ma lo faceva vedendo di Goldoni quello che forse non era stato mai scoperto o poco scoperto. Cioè, la parte umana, la parte popolare, la fame. Non era soltanto folklore. I Goldoni di Strehler erano pervasi di malinconia, di una verità che sino ad allora non era mai stata messa in scena» [Falcone, cit.] • «Noi attori siamo gente libera. Professionisti allo sbaraglio o al miglior offerente. Ripresi le mie collaborazioni con la televisione e con il cinema» • Nel 1983 è in tv con la versione Ti ho sposato per allegria per la regia di Carlo Battistoni. La prima, del 1964, era di Natalia Ginzburg. «Le era piaciuto e mi telefonò. A mio marito Carlo venne l’idea di chiederle un testo. Ne uscì un personaggio vero, sensibile, intelligente, fuori dal mondo: un’anima bella». Era L’intervista [Ibid.] • Dopo la morte di Strehler, nel 1997, porta avanti la ripresa dello spettacolo Giorni Felici e lavora anche con altri registi, ad esempio Cesare Lievi che l’ha diretta, accanto ad Umberto Orsini, in Erano tutti miei figli di Arthur Miller. Nel 2002, con Giancarlo Cobelli invece ha messo in scena Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller per il Teatro Eliseo di Roma, tutti spettacoli che confermano l’eccellenza della sua recitazione Nel 2005 accetta dal Piccolo Teatro di Milano un’ulteriore sfida: partecipare al riallestimento di uno storico spettacolo di Strehler Temporale di Strinberg nel ruolo di Gerda. La sfida anche stavolta è vinta: «Si confronta con un ruolo, quello di Gerda, lontano dai suoi personaggi abituali, lanciandosi senza rete nella contorta psicologia di una donna ambigua, regalandoci un’alta lezione di stile» [Maria Grazia Gregori, L’Unità] • Nel 2007 è la madre di Maria Montessori nella miniserie per Canale 5 Maria Montessori - Una vita per i bambini. L’anno successivo è fra gli interpreti di Capitan Basilico • Nel 2012 viene chiamata per Mia madre di Nanni Moretti. Come è nata la collaborazione? «Ci fu una telefonata molto gentile nella quale Moretti mi chiese se volevo incontrarlo. Mi sentii lusingata e andai a trovarlo a Roma. Mi disse che aveva in mente di girare un film, parlammo del suo cinema. E poi mi accompagnò in albergo con la macchina. Lungo il percorso mi raccontò che il film voleva essere sulla madre. Mi chiese se me la sentivo di interpretarne il ruolo. Dissi di sì. E nei giorni successivi feci dei provini. Poi per circa un anno non seppi più nulla. Era chiaro che il film per qualche ragione era stato rimandato» [Gnoli, cit.]. Il film uscirà nel 2015: «Faceva trenta ciak per una scena. Ricordo quella all’ospedale con Margherita Buy a fianco del letto (un freddo, un freddo!), dovevo stare china verso lei. Dopo il ventesimo, Nanni fa: “Bene, è andato bene!”. “Oh, meno male!”. “Ora facciamone un altro…”. A un certo punto ho gridato: a-i-u-t-o! Non posso più muovere il collo! Risultato? Una settimana a casa, tra massaggi e iniezioni» [Giovagnini, cit.]. Riceve il David di Donatello: «Prendere un premio per il cinema, per me che avevo fatto per quarant’anni il teatro è stato un bel punto di ritorno alle origini. Però, poi ,come vede non succede niente, perché per fare il cinema bisogna stare a Roma. Ho fatto anche un’altra cosa con Genovesi. Mi piace anche farlo, il cinema, immagino che mi piacerebbe farlo, perché il teatro è molto più faticoso tutto sommato. E quindi avrebbe risolto molti problemi a un certo punto della vita. Invece sono andata avanti con la carretta dei comici come dice Pirandello ne I giganti della montagna, facendo teatro, e di conseguenza cultura e tutto quello che segue» [Falcone, cit.] • Cosa legge? «Quello che capita. Sono lenta nella lettura. Ho la tendenza a visualizzare le parole, le ambiento, è più forte di me. E questo richiede tempo. Ho riletto in questi giorni Il giovane Holden. Che personaggio magnifico. E poi ho pensato: sì, magnifico ma creato da un uomo tristissimo; afflitto da una vita priva di amicizia: difficile, faticosa, piena di divieti e di sospetti» [Gnoli, cit.] • Mai pensato di scrivere un’autobiografia? Lei incarna la storia del teatro italiano. «No, no, no! (ride). Non mi sento così interessante: ho solo messo a frutto un talento (di questo sono orgogliosa) senza disperdermi in vanità. Invece di “carriera”, la mia chiamiamola militanza, termine che implica disciplina…» [Giovagnini, cit.] • Nel 2015 vince il Premio Le Maschere del Teatro italiano come Miglior Interprete di monologo per lo spettacolo Muri - prima e dopo Basaglia scritto e diretto da Renato Sarti. Vista anche in Racconti di tempesta di Myriam Tanant, Donna Rosita nubile di Garcia Lorca (regia di Lluis Pascal), Matermundi, in ricordo di Madre Cabrini messo in scena da Anna Bonel e scritto da Egidio Bertazzoni. Nel 2017 vince nuovamente il premio come Migliore Attrice Protagonista per lo spettacolo Emilia scritto e diretto dall’argentino Claudio Tolcachir: «Mi ero dovuta fermare mentre recitavo in Emilia di Tolcacir per farmi operare, perché mi si era spappolata una vertebra. Poi a luglio del 2019 mi è stato proposto Arsenico e vecchi merletti. Lì mi sono rimessa in gioco con questa situazione felice di correre ancora sul palcoscenico come ho sempre fatto. È andata molto bene fino a febbraio, quando hanno interrotto tutto. Adesso sono in un momento di blocco. È come se non avessi mai fatto niente prima e come se non potessi fare più niente dopo perché il tempo passa. Uno potrebbe dire che tanto ricominciamo a gennaio. Per tutti è solo qualche mese. Per me… Tutto questo balla nella mia testa» [Falcone, cit.] • Alla fine dello stesso anno riceve il Premio Ubu come Migliore Attrice per lo stesso ruolo • «Non mi piace il mondo in cui vivo, anche se so di essere privilegiata rispetto a una miriade di nuovi disgraziati. A volte mi affaccio su questa grande piazza e vedo quel grattacielo sullo sfondo che pare una nave in partenza. Ma è sempre lì. Immobile e minaccioso. Mi consolo nei giorni di nebbia. Quando tutto scompare come per magia. E la città sembra di nuovo pulita, onesta, vivibile» [Gnoli, cit.].
Amori Nel febbraio del 1960 sposa, a Gardone Riviera, il collega Vincenzo de Toma (conosciuto anni prima all’epoca della sua prima esperienza in palcoscenico, con I Grattacieli) con il quale avrà Costanza nel 1972. Il marito muore nel novembre del 1977 e nel 1982 convola a nozze con Carlo Battistoni (1935-2004), regista e collaboratore di Strehler. Ha tre nipoti.
Titoli di coda «Io sono un po’ anomala, forse. Ho fatto questo mestiere in maniera mistica come potevano prescrivere Copeau o Jouvet. Non c’è una religione, ma c’è una disciplina, un rigore. Bisogna innanzitutto capire che senso vuoi dare a una parola».