Anteprima, 15 marzo 2023
Tags : Phyllida Barlow
Biografia di Phyllida Barlow
Phyllida Barlow (1944-2023). Artista britannica. «Conosciuta al grande pubblico per aver rappresentato la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 2017, è stata descritta dal Guardian come “una delle più celebri principianti del mondo dell’arte”, un paradosso largamente influenzato dalla tardiva scoperta del suo talento. Barlow era conosciuta al grande pubblico per le sue sculture e installazioni audaci e su larga scala, spesso realizzate con materiali di recupero come cartone, compensato, gesso, cemento, tessuto e polistirolo. Attingendo a ricordi di oggetti familiari, la pratica di Barlow era radicata in una tradizione anti-monumentale caratterizzata anche dalla sua esperienza nel maneggiare i materiali in modo pratico e diretto, con i quali creava un dialogo non filtrato con il pubblico. Barlow era la figlia dello psichiatra Erasmus Darwin Barlow, pronipote di Charles Darwin, e della scrittrice Brigit Ursula Hope Black. Trasferitasi con la famiglia a Richmond (a ovest di Londra) dopo la guerra, sarebbe stata influenzata per tutta la vita dalla traumatica esperienza d’infanzia dei bombardamenti. Formatasi al Chelsea College of Art e alla Slade School of Art, Barlow è salita alla ribalta internazionale solo quando, nel 2009, si ritirò dall’insegnamento artistico cui si era dedicata nei precedenti 40 anni, 20 dei quali alla stessa Slade School of Fine Art dove aveva avuto come studenti grandi personalità del mondo dell’arte contemporanea quali Rachel Whiteread, Tacita Dean e Monster Chetwynd. Le sue opere, che l’avrebbero resa una delle artiste più influenti della storia inglese, sono state mostrate per la prima volta in uno spazio pubblico alle Serpentine Galleries, attirando l’attenzione e il plauso della critica e del pubblico. Sono poi seguite le grandi mostre negli Stati Uniti, al New Museum di New York e al Nasher Sculpture Center di Dallas, e nel 2014 era stata incaricata di creare la colossale installazione site specific dock per le Duveen Galleries della Tate Britain» [Artribune.it].