Anteprima, 20 marzo 2023
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Biografia di Pier Attilio Trivulzio
Pier Attilio Trivulzio (1940-2023). Giornalista «Morto da sette mesi. Mummificato. Così l’hanno trovato alcuni operai inviati in un appartamento di corso Trieste a Novara, concesso in comodato d’uso […] In difficoltà da anni. Solo. Completamente, visto come se n’è andato, senza nessuno che si preoccupasse più di lui. Eppure era stato sposato, aveva un figlio emigrato da anni in Inghilterra per lavorare come scenografo nell’industria cinematografica. A chi lo frequentava nel paddock dell’Autodromo di Monza, un luogo d’azione amatissimo da Trivulzio, raccontava di una compagna, professione commercialista, che viveva nei pressi di Parma. Rapporti stinti, finiti. Così come quelli con i vecchi compagni di lavoro. L’ultimo a cercare di mantenere un contatto è stato Marco Pirola, con il quale ha condiviso l’esperienza de L’Esagono, giornale bi-settimanale pubblicato a Monza e in Brianza, chiuso nel 2012: “Pier Attilio, detto Pat, mi aveva chiamato nel 2020, quando eravamo in isolamento causa pandemia. Chiese una mano per ricaricare il telefono. Da allora l’ho cercato invano. Non rispondeva alle chiamate, alle mail. Ho chiesto in giro, ho cercato di avere qualche notizia da altri colleghi. Nulla. Sino a quando i proprietari della casa dove viveva hanno mandato qualcuno per fare dei lavori”. Così, viene addosso una pena profonda pensando alla condizione in cui deve aver trascorso gli ultimi anni della propria esistenza Trivulzio, niente a che fare con quel carattere che mostrava in pista, nel fare il mestiere. Un tipo duro e puro, a costo di esagerare con la gelosia per qualche notizia, con la pretesa di andare sino in fondo anche quando non era il caso. Un bravo cronista, con collaborazioni ad alta intensità per l’Espresso, Panorama, La Notte, Il Giorno, Bergamo Oggi, Il Cittadino di Monza e per l’agenzia Ansa prima di approdare all’Esagono. Le ultime collaborazioni; datate anche quelle, per un sito attivo legato all’attività di alcuni centri sociali lombardi. Niente che potesse salvarlo da una progressiva indigenza, da un isolamento totale» [Terruzzi, CdS].