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 2023  marzo 22 Mercoledì calendario

Biografia di Francesco Maselli

Francesco Maselli (1930-2023). Regista. Fotografo. Meglio noto come Citto. «“Ho un’ambizione che non ho mai rivelato a nessuno, nemmeno a me stesso. È quella di essere dimenticato come regista e riscoperto, invece, come fotografo”. Lo confessava a Paese sera nel 1981 (“la cosa più orribilmente sincera che abbia mai detto”), quando stava per mostrare le sue Polaroid al festival di Porretta Terme e prima di dirigere per la televisione Avventura di un fotografo (dal racconto di Italo Calvino). Eppure, a ben guardare, Francesco Maselli fotografo lo è sempre stato, perché i suoi film e la sua altrettanto importante attività politica si sono sempre sforzati di fissare la realtà che gli pulsava intorno, addirittura di fermarla perché gli interessava mettere ben in evidenza tutti gli elementi che la costituivano, piuttosto che raccontarne l’evoluzione e la dialettica. Finendo così per soffocare i palpiti e le pulsioni delle sue opere, per isolarne i temi, i messaggi, i valori. Tenuto a battesimo dallo zio Luigi Pirandello, figlio di un critico d’arte che apriva la casa al mondo intellettuale e progressista romano (Bontempelli, Savinio, Alvaro, Cecchi), Citto – da Francesco – Maselli dimostra una precocità sorprendente in tutto: a sette anni sa l’Amleto a memoria; a tredici, durante l’occupazione tedesca, porta armi e cibo ai partigiani dei Gap, impegnandosi nell’Unione Studenti Italiani e riuscendo così, a soli quattordici anni, a entrare nel Pci. Dopo aver realizzato due cortometraggi dai toni surreali, è accettato a diciassette anni al Centro Sperimentale di Cinematografia: nel 1949 il documentario Bagnaia paese italiano è premiato a Venezia, l’anno successivo collabora con Antonioni alla sceneggiatura di Cronaca di un amore e nel ’52 a quella di La signora senza camelie. L’esordio nella regia è del 1953, con Storia di Caterina, episodio di L’amore in città, e nel 1955, a venticinque anni, firma il suo primo lungometraggio, Gli sbandati, che ottiene una menzione speciale al Festival di Venezia. Seguono I delfini (1960) e Gli indifferenti (1964) dove il romanzo di Moravia gli serve per sottolineare gli eterni vizi di una classe che sembra incapace di fare i conti con la Storia (il film è ambientato negli anni Venti, dopo che primi due lo erano rispettivamente negli anni Quaranta e Cinquanta). È evidente il debito che il regista-sceneggiatore ha verso un’interpretazione marxista della realtà. La sua militanza, però, a metà degli anni Sessanta sembra allentarsi, cedendo a una serie di redditizi contratti pubblicitari per Perugina, Buitoni e Peroni (suoi i «Caroselli» con Terence Hill e Solvi Stubing: «Chiamami Peroni, sarò la tua birra!») e alle lusinghe della commedia: Fai in fretta ad uccidermi… ho freddo! (1967) e Ruba al prossimo tuo… (1968). Lo scarso esito al botteghino dei due film e un più generale ripensamento del proprio ruolo e impegno (cui non è estranea la decisione di andare in analisi) riportano Maselli alla militanza politica, vicino alla sinistra ingraiana: entra nella segreteria della Commissione cinema del Pci, è segretario dell’Anac (l’associazione degli autori cinematografici) e si impegna nel rinnovamento della Biennale di Venezia, diventando consigliere, anche se il suo piano di “nobilitazione culturale permanente” non verrà mai attuato. Il primo effetto di questo ritorno all’impegno è Lettera aperta a un giornale della sera(1970), dove stigmatizza l’impotenza dell’intellettuale di fronte alle sfide reali della rivoluzione cui seguirà Il sospetto di Francesco Maselli (1975). Dopo una lunga parentesi televisiva, Maselli torna al cinema con quattro film centrati sul ruolo della donna e la sua superiorità, dove la psicoanalisi sembra prendere il ruolo-guida che aveva avuto il marxismo: Storia d’amore (1986, che fece vincere a Valeria Golino la sua prima Coppa Volpi), Codice privato (1988, con la sola Ornella Muti in scena), Il segreto e L’alba (entrambi del 1990 ed entrambi interpretati da Nastassja Kinski). Con Cronache del terzo millennio (1996), il regista torna ai temi politici – la minacciata demolizione di un condominio spinge gli inquilini alla mobilitazione, anche se i risultati sono contraddittori – ma scivola in un estetismo compiaciuto e improduttivo. L’elogio dell’impegno è ancora al centro di Il compagno e quello di chi è emarginato in Civico 0 (2007) mentre Frammenti di Novecento (2005) e Le ombre rosse (2009) cercano di fare un bilancio della propria vita e del proprio ruolo di intellettuale, a volte con sinceri accenti autocritici, come a chiudere un cerchio aperto da Lettera apertaquarant’anni prima» [Mereghetti, CdS].