Anteprima, 6 febbraio 2023
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Biografia di Massimo Piersanti
Massimo Piersanti (1939-2023). Fotografo. Tra i più attivi e impegnati nella scena culturale italiana dagli anni Settanta in poi, soprattutto a Roma. «Suo padre era un industriale con l’azienda a Pagani, mentre la madre era una bellissima giovane berlinese che avrebbe fatto l’attrice se, a Roma, non avesse conosciuto il futuro marito che, gelosissimo, fece sparire il film per cui era stata chiamata a Cinecittà. Nel ’52 la famiglia si trasferì a Napoli. Massimo venne mandato a Neuchâtel in Svizzera per la scuola di commercio e, dopo un po’, si spostò a Londra per imparare l’inglese. “Ma la mia fidanzatina di allora rimase incinta, non avevo neanche vent’anni, a quel punto dovevo essere responsabile. Tornai a casa e andai a lavorare nell’industria di mio padre e dei miei zii dove si faceva di tutto, dalla marmellata alle pesche sciroppate, ma l’eccellenza erano i pomodori San Marzano. La marca Arlecchino era molto conosciuta e, anni dopo, scoprii che perfino Pino Pascali aveva fatto per noi una pubblicità con la casa di produzione Lodolo”. Per diverso tempo, finché la società non fu venduta, visse a Napoli con la prima moglie e il figlio, lavorando in fabbrica con orari estenuanti. Tornò a Roma nel 1967: aveva 28 anni, un po’ di denaro e quella passione per la fotografia che gli avrebbe offerto nuove possibilità professionali […] Imparò da autodidatta […] All’inizio si è occupato di cinema e architettura, passando subito dopo alla fotografia pubblicitaria […] Il 29 novembre 1973 il parcheggio sotterraneo di Villa Borghese, progettato dall’architetto Luigi Moretti e non ancora inaugurato, diventò il palcoscenico della più ampia rassegna interdisciplinare che si fosse mai vista nella capitale. Tre mesi (fino al febbraio del 1974) all’insegna di arte, cinema, teatro, architettura, fotografia, musica, danza, libri e dischi d’artista, poesia visiva e concreta e informazione alternativa. Della lunga collaborazione con gli Incontri internazionale d’arte, per Piersanti, Contemporanea è stata certamente il momento più esemplare. Nelle serate che si susseguivano a Palazzo Taverna, c’era sempre un caos creativo. «Andavo lì per due ore con la Nikon e facevo quello che potevo, spesso senza neanche sapere cosa avrei trovato. Fotografavo soprattutto in bianco e nero con pellicola 400 asa che potevo spingere a tempi lenti, così, con molta attenzione, potevo fotografare anche con poca luce. Un problema di cui oggi, con il digitale, non ci si rende più conto. Qualche volta, però, usavo anche il colore come per Christo. Sono l’unico fotografo che ha avuto l’idea di salire sui tetti degli alberghi lì intorno, l’Hotel Jolly e il Flora, per riprenderlo dall’alto mentre impacchettava Porta Pinciana. Capita ancora che qualcuno mi dica “quella foto fatta dall’elicottero”. “Ma quale elicottero? Ero sul tetto!”» [De Leonardis, il manifesto]. Aveva 84 anni.