7 febbraio 2023
Tags : Saverio Rino Barillari
Biografia di Saverio Rino Barillari
Saverio Rino Barillari, nato a Limbadi (Vibo Valentia) l’8 febbraio 1945 (78 anni). Fotografo. “The king of Paparazzi” (copyright Federico Fellini).
Titoli di testa «Si scrive privacy, si legge provaci. È la mia legge. Forever». Altro motto: «Dio ti vede, Barillari pure»
Vita «Se nasci a Limbadi, provincia di Vibo Valentia, nel 1945, vuol dire che la vita te la devi costruire pezzo per pezzo, te la devi proprio inventare, come fosse un film. Se poi hai uno zio che si fa aiutare mentre proietta i film hollywoodiani, lo sai che oltre il paesello c’è un altro universo, ci sono i divi del cinema e c’è tutto un mondo un po’ pettegolo e guardone che sogna appresso a quelli» [Barillari, eccellenzeitaliane.eu] • Arriva a Roma dalla Calabria a 14 anni. È senza una lira. La notte dorme all’aperto [Morvillo, CdS] • «Avrei voluto fare l’attore o l’operatore di cabina: erano i sogni di un ragazzino, ma mi trovai a Fontana di Trevi, dove c’erano gli “scattini”, quelli che di mestiere facevano foto ai turisti e stavo lì con loro, a guadagnarmi qualche soldo. All’epoca quasi nessuno aveva la macchina fotografica; allora i turisti, se volevano avere un loro ricordo davanti a un monumento, dovevano rivolgersi a quelli che stavano lì apposta per fare le “foto souvenir”: ma, per farle, bisognava far allontanare le altre persone (sennò che foto erano, insieme a tutti quegli estranei) e poi, dopo lo sviluppo, dovevano essere “messe in busta” e portate a destinazione, all’albergo in cui i turisti soggiornavano. Diventai amico di molti scattini e loro mi facevano recapitare le buste.» [Barillari, cit.] • Qualche mese dopo, a Porta Portese, si compra una macchina fotografica, una Comet Bencini. Ma non va a fotografare i turisti ma i personaggi famosi. «Infatti mi era venuta l’idea di cambiare zona: Via Veneto, Piazza del Popolo, Piazza di Spagna» [ibid.] • «Nelle calde notti di Roma, erano lì, in carne e ossa, quelli che ti facevano sognare sul grande schermo, non dovevi far altro che scattare per portarli sulla carta stampata» [ibid.] • «Ero solo un ragazzo e stavo in mezzo agli altri fotografi, ben più esperti di me, facendo sempre la parte dell’imbecille, perché se facevo vedere d’essere intelligente si sarebbero ingelositi; allora ero sempre quello che cascava dalle nuvole e continuamente gli rompevo le scatole facendo domande. Per rendermi più credibile, chiedevo loro molte volte la stessa cosa: li facevo contenti e gabbati e loro mi aiutavano. L’Italia degli anni ’60 era un Paese meraviglioso, magico, nonostante tutte le difficoltà. C’era tanta voglia di mettersi in gioco, di dare il meglio, le persone avevano valori solidi e non mercanteggiavano per ogni cosa, come invece si fa adesso. Poi c’erano i grandi fotografi, quelli da cui ho imparato, uomini come Marcello Geppetti e Tazio Secchiaroli, gente seria, corretta, generosa. Loro no, non erano gelosi» • «Tazio? Era lui il fotografo che ispirò il personaggio de La dolce vita, Paparazzo, appunto, da cui il nome di tutti quelli che fanno questo mestiere. Non sarei diventato un fotografo se non lo avessi incontrato: uno che mi ha insegnato quello che c’era da imparare, i trucchi del mestiere e la passione per la fotografia; da lui ho appreso come “rubare” lo scatto giusto ai vip più sospettosi, come fare foto senza farsene accorgere» • «Geppetti, da parte sua, può essere considerato una sorta di “papà” di tutti i fotografi della generazione successiva agli anni ’60; uno con un grande bagaglio di esperienza giornalistica, fondamentale per capire i personaggi. Quando Geppetti faceva una foto sapevi che era uno scoop. Con Marcello giravamo insieme, io andavo in avanscoperta a provocare il personaggio e lui, dietro di me, scattava le foto. Mi fece scoprire il fatto che la foto da sola non era sufficiente: la foto dovevi legarla a una storia e la storia la trovavi con la provocazione. Il personaggio non ci stava ad essere fotografato e tu, invece, scattavi, lui si irritava e tu continuavi a fare foto. Cinque o sei foto ed ecco fatto: avevi creato il servizio!» [ibid.] • «Forse il primo servizio importante lo feci fotografando Irma Capece Minutolo, la cantante lirica e attrice, compagna di Re Faruq d’Egitto» [ibid.] • A 17 anni la prima rissa. «Una notte del 1964, il playboy Gianfranco Piacentini mi telefona a casa: corri, c’è Peter O’ Toole ubriaco con Barbara Steele. Mi precipito, mi apposto dietro il giornalaio all’angolo con via Aurora e aspetto. Arriva Lawrence d’Arabia al braccio della collega, mi vede e mi sferra un cazzotto gettandomi sul selciato. Agitation, sirene della polizia, ambulanza: io vengo portato al pronto soccorso del Policlinico dove mi suturano l’orecchio ferito, l’attore finisce al commissariato di Castro Pretorio» [Satta, cit.] • «Ero ancora minorenne e mio padre sporse denuncia: dall’attore ebbi un milione di risarcimento, forse la somma più alta mai ottenuta da un paparazzo» [Barillari, cit.] • Il padre gli disse: «Puoi fare questo lavoro». «Mi diede 50.000 lire e me ne andai in vacanza a Taormina» [La Verità] • «Se subisci un’aggressione e ti fanno male, devi anna’ all’ospedale e farti dare il referto medico. Io non vengo dentro casa tua e se mi meni paghi» [ibid] • «Poi, con O’ Toole, facemmo pace. I personaggi sapevano che avevano bisogno di noi. All’epoca non c’erano uffici stampa e tutto il marchingegno promozionale che c’è oggi. Oggi, ci scansano, vanno in tv a dire parolacce e si sentono da Oscar» [Morvillo, cit.] • «Noi fotografi d’assalto ci organizzavamo. Con me c’erano Paolo Pavia, Antonio Trivici, Elio Sorci, Marcello Geppetti, Gilberto Petrucci, Giacomo Alexis. Arrivavamo in gruppo e poi ci sparpagliavamo: bisognava distinguersi dagli altri, portare a casa lo scatto originale. Io mi arrampicavo su un albero per restarci anche 14 ore di fila e senza la sicurezza di riportare un bottino decente: i divi, per paura dei ladri, si rifiutavano di posare dentro le ville, così, per svoltare la giornata, le foto dovevi rubarle» [Satta, cit.] • «Una notte, ho pianto sentendo Frank Sinatra cantare per strada. Dopo, ci ho fatto a botte. Fare a botte era importante, era il momento provocation: se il personaggio non vuole la foto, lo scatto più bello è quando lo fai arrabbiare» [Morvillo, cit.]. «Insomma, quello di fare foto ai VIP divenne un mestiere: vendevo i negativi ad agenzie come Ansa, Associated Press, UPI e altre. Mi pagavano all’istante» [Morvillo, cit.] • «Sviluppavano il rullino, sceglievano il negativo e mi pagavano subito: 1.500, 2.500, 750 lire, a seconda se era un servizio solo per l’estero o solo per l’Italia. Quei soldi li investivo per lavorare» [Osservatore Romano] • «Continuai così, a rubare scatti, a fare provocation per creare storie, ma sai pure che di quelle tragiche ne è pieno il mondo, purtroppo: ho fotografato per Il Tempo e, poi, per Il Messaggero, oltre ai grandi di ieri e di oggi, fatti di cronaca che hanno segnato le nostre pagine più dolorose» [Barillari, cit.] • «Sull’Appia antica abitavano i pezzi da novanta e la più inseguita da noi paparazzi era Liz Taylor che si faceva recapitare le mozzarelle di bufala da Mimmo Cavicchia, l’avvocato proprietario della Taverna Flavia, segretamente innamorato di lei. Ma c’erano anche Carlo Ponti con Sofia Loren, l’ex imperatrice di Persia, Soraya, che viveva nel lusso ma aveva sempre gli occhi tristi, Franco Zeffirelli anfitrione di feste memorabili, Gina Lollobrigida che teneva i fagiani in giardino» [a Gloria Satta, Mess] • «Una volta praticai un buco nella siepe della villa Ponti-Loren e pizzicai la celebre coppia sul bordo della piscina. Poi mi piazzai all’entrata della residenza di Dino De Laurentiis e, infilando il teleobiettivo tra le foglie, fotografai Alberto Sordi che faceva il bagno, ospite della sua cara amica Silvana Mangano, moglie del produttore: la foto andò a ruba, l’attore era popolarissimo ma altrettanto geloso della sua vita privata» [Satta, cit.] • «La Magnani era una diva ma è sempre rimasta Nannarella, donna alla mano che non si è mai negata ai fotografi. Quando vado al Circeo vado sempre a portare una rosa sulla sua tomba: le sono devoto perché mi ha fatto crescere professionalmente, creando lei stessa le situazioni fotografiche vincenti: mi vedeva ragazzino e allora mi aiutava, ad esempio addentando una mela presa su una bancarella e mettendosi in posa. Io tornavo al giornale con quelle foto meravigliose e i miei capi, stupiti, mi chiedevano: “Ma come hai fatto?”. Sophia poi è sempre stata gentilissima. Sapeva che noi paparazzi stavamo ore ad aspettarla fuori dai locali e ci mandava i camerieri con caffè e champagne. E poi oggi basta nominare il suo nome all’estero e tutti si illuminano, magari dopo averci denigrato con le parole mafia e bunga bunga. Io credo che Sophia dovrebbe diventare senatrice a vita» [Piperno, Agi] • «Anche Brigitte Bardot, che nel 1966 aveva sposato il playboy miliardario Gunther Sachs a Las Vegas, per un periodo abitò sull’Appia antica in una villa infestata da un fantasma. Ti pare che me la facevo scappare. Mi apposto, aspetto, torno indietro a mani vuote, mi ripresento, mi piazzo sull’albero e alla fine ti becco la diva francese. Nuda in piscina! Emotion. La foto finisce sulla copertina di un settimanale che viene subito sequestrato. E Sachs, un tipo facile ad accendersi, va su tutte le furie. Si mette a cercarmi e, quando m’incrocia sul basolato della celebre strada, m’insegue per darmele. Ma ero più giovane di lui, correvo più veloce. E mi sono salvato» [Satta, cit.] • «Ci sono molti modi per stare sempre sul pezzo: ascoltare le frequenze radio delle forze dell’ordine e, soprattutto, avere molti amici. Ovunque: nei bar, nei ristoranti, nei ministeri… insomma, in ogni luogo possibile» [Barillari, cit.] • Perché l’attrice Sonia Romanoff le spiaccicò un gelato in faccia? «La mattina aveva sposato un vecchietto e la sera l’avevo trovata mano nella mano con un altro. Oggi foto così non esistono più perché ci sono i teleobiettivi. Noi dovevamo avvicinarci, sparare il flash. Il personaggio diceva “mi rovini, aspetta sei mesi, poi esci”. Ti mettevi d’accordo, non davi le foto, ma lui te ne faceva fare altre. Se rovini il personaggio, dopo chi fotografi? Sei rovinato tu. Marcello Mastroianni mi diceva: “O tu o io”» [Morvillo, cit.] • Perché Irina Demick girava con un ghepardo? «Per far parlare di sé. I divi di allora erano maestri in questo. Il marito di Jayne Mansfield, Mickey Hargitay, scese in piazza di Spagna a cavallo e con le pistole. Esiste la foto che gli tiro un cazzotto, ma in un giorno in cui era senza pistola. L’avevo beccato con la modella Vatussa Vitta, che mi prese a borsettate» [Morvillo, cit.] • «Ebbi una secchiata d’acqua dai bodyguard di Claudia Schiffer. Un giornale aveva scritto che soffriva di cellulite ed ero andato a controllare» [Morvillo, cit.] • «Questo è un lavoro da fiji de mignotte, cinico. Il fatto è che ce’ stanno persone morte. La moglie di Riina, quando lo fotografai nell’aula bunker, mi tirò dietro un secchio di piscio. Le cose facili mi mettono in imbarazzo» [La Verità] • «Dalle strade dei Vip passai anche agli scoop degli anni ’60, ’70 e ’80: feci le foto di John Paul Getty III con l’orecchio fasciato, degli effetti personali di Pier Paolo Pasolini dopo la sua uccisione, della rivolta a Rebibbia… insomma molte foto di nera, anche quelle degli omicidi e delle stragi di mafia e di terrorismo. Ho immortalato i momenti più tragici della storia del nostro Paese» [Barillari, cit.] • È a Fiumicino dopo l’attentato dei palestinesi nel 1973, a via Fani quando il Presidente Moro viene rapito, in via Caetani quando viene ritrovato cadavere, a Piazza Nicosia quando le BR attaccano la Dc nel 1979: «Potei salvare la vita del comandante dei Vigili del fuoco, Elveno Pastorelli, che riuscii a bloccare facendogli segno da lontano prima che i terroristi sparassero anche a lui. Ho fotografato Ali Ağca catturato subito dopo l’attentato e il Papa Giovanni Paolo II che giocava a bocce coi vecchietti… in tutto oltre 400.000 fotografie che oggi arricchiscono il mio archivio personale» [Barillari, cit.]. Un solo rimpianto. Quello di non essere riuscito a fotografare il Papa dopo l’attentato. «Ero arrivato vicinissimo alla sala operatoria e lo stavano per portare proprio lì, in barella. Mi ero nascosto, ma mi hanno scoperto. E m’hanno gonfiato di botte» [Vitali, Rep] • Becca un calcio sotto la cintura da Ava Gardner «che avevo pizzicato con Waler Chiari, una borsettata in faccia da Vatussa Vitta. A Gina Lollobrigida facevo togliere le multe. Alfred Hitchcock fu felice di venire fotografato con i carabinieri, così come Yul Brinner con i cani in braccio e Kirk Douglas con la moglie» [Satta, cit.] • Indimenticabile la prima lucherinata del press agent Enrico Lucherini: «Mandò a spasso Rosanna Schiaffino con un abito rosso scollato sulla schiena. Lei tirava un elastico e l’abito scendeva fino all’osso sacro. Fu il delirio» [Satta, cit.] • «Ti ricordi quando facemmo dimettere il comandante dei vigili con la macchina con il finto permesso della madre per disabili, opera di un grandissimo cronista come Desario? Per me il racconto di Roma, le viscere, i vizi e l’incanto, si chiamano Davide Desario e la sua Roma Barzotta». Era il 2007 [Napoletano, Domenicale] • «L’aspetto da duro ce l’ha. Indossa spesso degli occhiali che lo accentuano. I baffetti, poi, completano l’opera e, quando lo incontri, immagini che ti dica alla James Bond: “Il mio nome è Rino, Rino Barillari”» [Messina, Calabriamundi.it] Nel 2015 viene accoltellato, per salvare una ragazza a piazza Navona di notte: «Quello je stava a mena’ come un dannato, che facevo me giravo dall’altra parte? Mica possiamo comincia’ a farci i c... nostri» • Ai tempi di smartphone e Instagram, ha ancora senso il suo mestiere? «Il telefonino è l’agonia del paparazzo. Ma i selfie rovinano i personaggi, perché non raccontano mai la verità» [Morvillo, cit.] • Conta 162 ricoveri al pronto soccorso, undici costole fratturate, una coltellata, 76 macchine fotografiche ridotte in pezzi. Per questo oltre alla Leica 35 millimetri a tracolla, che indossa a mo’ di mitraglietta, ha anche una Nikon tascabile allacciata e nascosta in vita [Messina, cit.]. Il ricovero 163 arriva nel 2018: «È il più surreale e beffardo. In via di Campo Marzio, un sampietrino rialzato, la strada disconnessa e una maledetta buca mi hanno tradito. Per salvare la borsa, dove custodisco macchina fotografica, flash, obiettivo e altri segreti, sono caduto dalla parte della gamba sbagliata». Viene ricoverato nella camera 315 di una clinica privata al Gianicolo. È sdraiato sul letto, circondato dalla moglie Antonella e da un paio di amici ristoratori (fonti notturne primarie). Ha la gamba destra fratturata, la stessa dove lo accoltellarono i tifosi della Lazio anni fa. «Quando ho fatto il servizio esclusivo di Macron e Brigitte a cena a Roma, lei si appoggiava a lui perché aveva paura di cadere mentre camminava in Corso Vittorio. Ma è possibile? Che figura facciamo, poi questi tornano a casa, parlano, ci sfottono» [Napoletano, Sole] • Lavora ancora di notte? «Sempre. Ho fatto io la foto di Asia Argento col francese Hugo Clement. Mi è spiaciuto che, dopo, il compagno Anthony Bourdain si sia suicidato, ma lei stessa ha detto che non è stato per le foto» [Morvillo, cit.] • «Al grido di “a guera è guera!” torna ogni sera nelle strade di Roma a rubare pezzi di vita alle celebrità e regalarle a chi a quel mondo di fortunati non appartiene» [Messina, cit.] • «La mia è la stessa faccia che è finita in prima pagina sul Washington Post perché avevo fatto rivivere la Dolce Vita, sono sempre io, ma avrei voluto fare le foto del tramonto di Roma della Grande Bellezza, mi serve qualcosa che faccia scattare la molla, ho bisogno di emoscion, mi è piaciuto John Kerry a Roma mentre litiga con il ristoratore per pagare il conto come gli altri o fare baldorie fino alle due di notte proprio a Piazza Navona, sai discutono tanto di giornalismo vecchio e nuovo ma quella foto lì racconta tante cose e va capita» [Napoletano, Domenicale] • «E adesso ti capita di leggere che hai fotografato, con occhio da artista e da cronista, 50 anni di storia d’Italia: me lo hanno detto, perché non ci pensavo. Mi studiano ovunque, persino in Cina. Che volete che dica?» [Barillari, cit.]. È docente honoris causa in fotografia presso la Xi’an International University di Shaanxi. E anche commendatore dell’Ordine della Repubblica Italiana • Da ultimo, 8 giorni fa, ha rischiato di prendere una sberla da Ralph Fiennes che girava in centro a Roma con un’amica (?): «Io penso che se non ci fosse stata mia moglie con il cellulare in mano, cosa che deve avergli fatto pensare di poter essere ripreso, uno schiaffo lo avrei preso. Le intenzioni mi sono sembrate proprio quelle, si è avvicinato minaccioso…» [Tag24]. È stato celebrato con il progetto The King of paparazzi, composto da una mostra al Maxxi, un libro biografico e dal film di Massimo Spano e Giancarlo Scarchilli, per il quale ha vinto il Nastro d’argento doc come protagonista dell’anno: «La cosa buffa è che con gli scatti ai personaggi famosi, a un certo punto diventi un pochino famoso anche tu».
Amori Nel 2017 si sposa civilmente nella sala della Villa Comunale di Frosinone con la giornalista Antonella Mastrosanti. I suoi testimoni sono i suoi due figli, Alessia e Roberto, avuti da un precedente matrimonio. Ricevimento al Grand Hotel di Fiuggi con 33 ospiti • «Questo amore nasce vent’anni fa. Ci siamo incontrati a Roma, lui mi ha avvicinato ma mi stava antipatico. La quotidianità e la lunga frequentazione ci ha portato ad amarci così. Rino è un grande, un grande signore, una bellissima persona, è una cosa indescrivibile. È diverso da quello che conoscete. È un punto di riferimento anche se ha un carattere tosto come i calabresi. Come tutti litighiamo ma dopo un po’ tutto passa”. Rino Barillari ammette di essere geloso di sua moglie.
Titoli di coda Perché per Fellini era The King? «Perché ero ovunque, anche sui delitti. Lui mi chiedeva cose strane: voleva sapere se nell’incidente il cadavere perde le scarpe o cosa dice il ferito morendo...» [Morvillo, cit.].