Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  febbraio 15 Mercoledì calendario

Biografia di Sergio Bianchetto

Sergio Bianchetto, nato a Torre-Ponte di Brenta (Padova) il 16 febbraio 1939 (84 anni). Ex ciclista. Pistard. In coppia con Giuseppe Beghetto vinse la medaglia d’oro del tandem alle Olimpiadi di Roma (1960), in coppia con Angelo Damiano fece il bis alle Olimpiadi di Tokyo (1964). Due volte campione del mondo della velocità dilettanti (1961, 1962), nella stessa specialità vinse la medaglia d’argento ai mondiali del 1963 e ai Giochi di Tokyo, quella di bronzo ai mondiali del 1964.
Vita Professionista dal 1965 al 1970, si è formato alla scuola Ciclisti Padovani (1956-1964), cominciando le prime pedalate con l’Uisp Stella di Padova (1954-1955). Tra i professionisti nel 1965 ha indossato la maglia della F.B.E., nel 1966 quella di Termozeta F.B.E., nel 1967 della Ferretti, nel 1968 e 1969 della Vittadello e 1970 della Salamini Comet • «Venerdì 26 agosto, prima giornata dei Giochi olimpici di Roma 1960. Velodromo dell’Eur. Primo turno, ottavi di finale, Italia-Ungheria: vittoria per rinuncia degli ungheresi. Secondo turno, quarti di finale, Italia-Stati Uniti: vittoria 2-0, la prima volata in 10”2, la seconda in 10”5, i due migliori tempi assoluti negli ultimi 200 metri. Sabato 27 agosto. Semifinali, Italia-Olanda: vittoria 2-0, tempi 10”5 e 10”8. Finale, Italia-Germania Ovest. “I tedeschi, fin lì imbattuti, cinque volate e cinque vittorie, sempre partendo in testa. Semplice: avremmo dovuto fare la stessa cosa”. Fu così: vittoria 2-0, la prima volata in 10”7, la seconda in 10”3. Le tribune esplosero: campioni olimpici nel tandem. Sergio Bianchetto aveva già compiuto 21 anni, Giuseppe Angiolino (in un solo soprannome: Bepo) Beghetto non ancora. Bianchetto padovano quasi di città (Torre di Ponte di Brenta), Beghetto padovano di campagna (Tombolo). Bianchetto carpentiere, Beghetto vaccaro. Bianchetto si alzava alle cinque di mattina per farsi 80 km prima di cominciare a lavorare con il padre, Beghetto si adattava ai tempi delle mungiture. Bianchetto e Beghetto si rivelarono sul cemento del velodromo Monti, a Padova. Il ministro della pista era Severino Rigoni, vecchio pistard tutto d’un pezzo. La bici? “Cerca fra queste, una buona la troverai”. L’appuntamento? “Alle 8, e alle 8 chi c’è c’è, chi non c’è rimane a piedi, cioè a casa”. […] Bianchetto e Beghetto erano corridori veri, non presunti imbianchini. Bianchetto scaltro, fantasioso, acrobatico, dunque stratega, e Beghetto forte, tosto, potente, dunque bolide. Bianchetto, davanti, che sceglieva tattica, traiettorie, trucchi, e Beghetto, dietro, che spingeva, mulinava, stantuffava. Bianchetto era fosforo, Beghetto watt. “Bianchetto era un grande autista”, dice Beghetto. “Beghetto era un grande motore”, dice Bianchetto. “Eravamo la coppia più bella del mondo”, dicono insieme. Anche la più allegra. Bianchetto: “Una volta andai da Beghetto per fare una gara insieme”. Beghetto: “Prendemmo la mia Lancia, avremmo fatto prima”. Bianchetto: “Gli chiesi dove saremmo arrivati con la benzina”. Beghetto: “Gli risposi di stare tranquillo, ché saremmo arrivati fino al Brennero”. Bianchetto: “Invece rimanemmo a secco”. Beghetto: “Forse ci andai pesante e consumammo più del previsto”. Bianchetto: “Così dovetti andare a fare rifornimento, io, a piedi, con un fiasco”. Beghetto: “Che cosa ti saresti inventato se il fiasco non lo avessimo avuto?”. “Bianchettobeghetto” divenne uno scioglilingua, l’attacco di una filastrocca o l’epilogo di una preghiera, due figurine Panini (anzi, una divisa in due) o forse un animale mitologico a otto zampe e due ruote. Attenti a quei due che, su un tandem – il tandem sta alla bici come un impianto stereo sta a quello mono: arte sintonizzata, mestiere sincronizzato, filosofia sintetizzata – erano un tutt’uno: non duello e dualismo, ma alleanza, complicità, addizione, magari moltiplicazione, nonché amicizia eterna. E con il doppio oro, “Bianchettobeghetto” ricevettero anche due Fiat 500, il premio riservato agli olimpionici. Quei Giochi sublimarono il ciclismo azzurro: cinque ori, un argento e un bronzo su sei competizioni. Dopo Roma, “Bianchettobeghetto” tornarono Bianchetto e Beghetto. Beghetto passò tra i professionisti nel 1963, continuò a vincere su pista (tre volte Mondiale nella velocità) e cominciò a farlo anche su strada. Bianchetto rimase dilettante fino al 1964 (due ori, un argento e un bronzo mondiali nella velocità), in tempo per vincere un altro oro olimpico a Tokyo nel tandem (con il napoletano Angelo Damiano) e un argento nella velocità (battuto da un milanese, Vanni Pettenella), poi diventò anche lui professionista. Adesso, quasi all’improvviso, i due si accorgono che sono trascorsi 60 anni. “Ma la vita – si domandano “Bianchettobeghetto” – passa così veloce anche per chi non è mai stato un velocista?” […] Per loro medaglia d’oro ricevettero in regalo una Fiat 500 ciascuno. Bianchetto e Beghetto amavano andare insieme, di fretta, anche a quattro ruote. Dalla 500 salirono di cilindrata. Anni dopo, in programma una riunione, saltarono sulla Lancia di Beghetto, Bianchetto chiese come stesse a benzina, Beghetto gli disse di non preoccuparsi, che con quella nel serbatoio sarebbero arrivati fino al Brennero. Invece la benzina finì prima, e siccome Beghetto non poteva abbandonare la sua macchina, spedì Bianchetto, fiasco in mano, a fare il pieno, a piedi» (Marco Pastonesi) • «“Noi due ci parlavamo con i pedali” racconta dalla sua Tombolo l’ottantenne Giuseppe Beghetto, avvalorando che fossero come gemelli, lui e Sergio Bianchetto, da tempo trasferito in Spagna. La telepatia si aggiunge infatti alle origini padovane, alla stessa classe 1939, all’identica statura, a due nasi per nulla qualsiasi. E aiuta a capire come quei cognomi in rima baciata li abbiano fusi in una sorta di unica entità ciclistica, Beghetto-Bianchetto […] “Sergio stava davanti e gli bastava spingere o mollare con il piede perché io, dietro, capissi” continua il campione a riposo. E alludendo a una sintonia magica con Bianchetto, l’olimpionico conforta quanti, in quella Roma, li avranno scambiati per reincarnazioni degli invincibili Castore e Polluce, i gemelli figli di Zeus, noti anche come Dioscuri. […] “Venti giorni mi dovettero bastare per prepararmi a quelle gare, che erano un po’ cose da matti” spiega Beghetto, riferendosi a una prova cancellata nel 1972 dal programma olimpico a causa della eccessiva pericolosità. Quest’ultima, dovuta a volate corse sul filo dei 90 all’ora, affiora anche nella semifinale che a Roma impegna la coppia italiana gli olandesi Marinus Paul e Mees Gerritsen, favoriti della vigilia assieme agli australiani Browne e Smith. Sconfitti nella prima manche, nella seconda gli orange tentano di passare all’interno la coppia azzurra, ma un contatto li manda gambe all’aria, provocando infortuni tali che dovranno dare forfait nella finale per il bronzo. Quanto all’oro, i due padovani se la vedono con i tedeschi Jurgen Simon e Lothar Staber, due che agli ottavi si sono divorati proprio gli australiani. “Ma Sergio era un grande tattico – rivela il suo compagno – e per le manche della finale aveva un piano: prendere la testa dall’inizio. Avremmo impedito ai tedeschi di fare lo stesso, visto che era il loro forte”. Nella prima delle due prove, previste su quattro giri di pista, il gioco riesce grazie allo snervante zigzag che blocca sul nascere ogni accenno di rimonta avversaria. Nella seconda manche Simon e Staber pensano di essere ancora in fase di studio, ma a un giro e mezzo dalla fine il pedale di Bianchetto manda il segnale a quello di Beghetto per la picchiata improvvisa che, dalla parte alta del velodromo, porta a lanciare lo sprint lungo la corda interna. La vela biancoazzurra formata dalle maglie delle due coppie per il mezzo giro di pista in cui restano appaiate, sfiorando i 90 orari, resta fra gli spettacoli più emozionanti dei Giochi di Roma. E’ quasi un peccato vederla sciogliersi, ma è anche ineluttabile considerando che, come gli antichi Dioscuri dell’Olimpo, i “gemelli” padovani invece di sommare, moltiplicano al quadrato le loro pedalate. Fino a diventare imprendibili. Beghetto avrebbe poi vinto tre Mondiali da professionista, nella velocità, ma senza più provare la gioia di quell’oro olimpico. Ci sarebbero anche i due argenti iridati ottenuti fra i dilettanti, battuto nelle finali dall’ex compagno di tandem, Bianchetto. “Ma con Sergio non c’era niente da fare – conclude ridendo – lui era troppo tattico...”» (Stefano Ferrio) • «Sergio Bianchetto e Angelo Damiano il 20 ottobre del 1964 conquistano l’oro nel tandem ai Giochi Olimpici di Tokyo. I ciclisti alloggiano in uno speciale Villaggio, preparato ad Hachioj, centro tessile a circa 50 chilometri dalla capitale nipponica, comunicante con le piste attraverso un lungo tunnel riservato ai soli atleti. Sergio Bianchetto, già medaglia d’oro a Roma in coppia con Beghetto, e Angelo Damiano, si presentano all’appuntamento olimpico tra i favoriti. Il tandem azzurro conquista le semifinali senza perdere nemmeno una prova. Nella prima manche con la Germania (Fuggerer-Kobusch), però, arriva la prima sconfitta. Bianchetto e Damiano non si danno per vinti, ribaltano l’inerzia della sfida e con una condotta di gara superlativa si aggiudicano le due successive prove. In finale il team sovietico composto da Imants Bodnieks e Viktor Logunos è l’ultimo ostacolo che li separa dalla storia. Nella prima prova, come accaduto con la Germania, il tandem azzurro si arrende all’Unione Sovietica ma, in realtà, la sconfitta serve solo a rendere più emozionante la disfida. Nelle due successive prove, infatti, gli azzurri s’impongono con due vittorie nette che certificano la loro superiorità e l’ingresso tra i grandi protagonisti del ciclismo all’Olimpiade. Bianchetto è l’unico ciclista ad aver vinto il concorso tandem olimpico due volte» (www.coni.it) • Dopo il ritiro, negli anni Ottanta è stato per commissario tecnico del settore Velocità della Nazionale Italiana • Del 2016 il libro Sergio Bianchetto – Una vita in pista, con prefazione di Beppe Conti, nel quale scrive: «A conclusione vorrei ancora essere utile al ciclismo visto che con gli anni la malattia diventa inguaribile. La mia guarigione è restare più tempo possibile nello sport che ho amato per tanti anni. Questo mio libro vuole essere un modo per far conoscere ai giovani come può cambiare la vita il praticare uno sport di qualsiasi disciplina, la passione, la volontà, la grinta, la motivazione, la voglia di diventare importante senza mai mollare malgrado le difficoltà. Questo serve ad ottenere grandi risultati e se non si raggiungono, avere la consapevolezza di aver fatto il meglio di te stesso senza rimpiangere nulla. Ai giovani che intraprendono uno sport, buona fortuna» • Tra le onorificenze ricevute quella di Cavaliere al Merito della Repubblica (1960) e di Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica (1964) e il Collare d’oro al merito sportivo.