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 2023  febbraio 16 Giovedì calendario

Biografia di Michael Jordan

Michael Jordan, nato il 17 febbraio 1963 (60 anni). Cestista statunitense. Sei anelli, 32.292 punti segnati, 6.672 rimbalzi, oltre 1.000 partite. sei titoli Nba, sei Finals Mvp, cinque Mvp della regular season, tre Mvp dell’All Star Game, un Defensive Player of The Year e un Rookie of The Year in bacheca, nel 2003. Oggi azionista di maggioranza e presidente dei Charlotte Hornets.
Titoli di testa «È Dio travestito da Michael Jordan» (Larry Bird).
Vita Il racconto della sua vita inizia nel lontano 1891. «Primo protagonista Dawson Jordan, bisnonno di Michael, nonché contrabbandiere di whisky e zatteriere nella North Carolina post-Guerra Civile. Una vita non facile, quella dei Jordan, tra morti e schiavitù, nonostante una famiglia di grandi lavoratori. Per la svolta, però, bisogna aspettare il 1963, quando a Brooklyn mamma Deloris dà alla luce il piccolo Michael Jeffrey» [Spaziante, Libero] • Poco dopo il suo arrivo suo padre James riporta la famiglia in North Carolina, a Wilmington per la precisione, dove il bimbo muove i primi passi e tocca per la prima volta una palla» • Doloris è un’impiegata di banca e James un meccanico della centrale elettrica • Michael è molto introverso, non riesce a socializzare e ha pochi interessi. A scuola non eccelle, apprende velocemente ma si applica poco • Prima passione il baseball. È molto bravo. Ma alle medie passa al basket e viene subito soprannominato «dunker» per via delle schiacciate spettacolari • «Non mancano le delusioni, come l’esclusione dalla squadra della Laney High School al suo secondo anno» • Il coach “Pop” Herring lo mette fuori squadra perché è troppo basso. Si dispera, piange, è distrutto dall’umiliazione subita ma si rimbocca subito le maniche e cerca di lavorare il triplo per potersi aggregare ai Senior dei Buccaneers. In un anno cresce di quasi venti centimetri • Il penultimo anno del liceo ottiene un posto da titolare nei Bucs. Chiude la stagione con 24.6 punti e 11.8 rimbalzi di media • Come università sceglie la casacca azzurra dei North Carolina Tar Heels • «A Chapel Hill Michael trova una leggenda del college basketball, Dean Smith, allenatore dalla fama di generale con poco riguardo per le matricole. Il sistema duro di Smith ha spaventato non pochi giocatori che si sono presentati alla Unc ma non certo Jordan, la cui etica del lavoro lo ha messo sul radar del coach nonostante le molte riserve iniziali. Con James Worthy, Jordan crea un duo di rara pericolosità nelle due metà campo. Arrivano alla finale Ncaa (National collegiate athletic association). La partita è serrata, Georgetown risponde colpo su colpo ai canestri dei Tar Heels e si ritrova avanti 62 a 61 con pochi secondi sul cronometro e Patrick Ewing vede già il traguardo verso il suo titolo collegiale. Michael però riceve palla sul lato sinistro dell’area degli Hoyas e lascia andare un morbidissimo jumper che trova solo la rete con ancora 15 secondi di gioco. Il chiodo definitivo sulla bara lo mette la palla persa da Fred Brown con un passaggio scellerato nelle mani di Worthy. Dean Smith e Mike, come veniva ancora chiamato all’epoca, mettono in tasca il primo titolo delle loro carriere» [dunkest.com] • Il secondo arriva nel 1984 con l’oro alle Olimpiadi di Los Angeles con il Team Usa • «Con i Chicago Bulls, il 12 settembre 1984, dopo essere stato scelto come terzo assoluto al Draft Nba, Michael firma uno dei contratti più onerosi della storia della lega ancora prima di calcare effettivamente il parquet. Non solo, l’impatto che Jordan ha già avuto nella sua ancor breve carriera convince Sonny Vaccaro, executive della Nike, a puntare su di lui come prossimo uomo immagine della compagnia. Mike firma un contratto che lo lega al marchio e gli porta non solo un mucchio di quattrini nelle tasche ma anche una propria signature-shoe, la prima nel suo genere: la Air Jordan. Fino a quel momento gli atleti erano obbligati a portare scarpe anonime e solo la Converse aveva avuto come sponsor alcuni giocatori come Larry Bird e Magic Johnson» [dunkest.com] • Con ai piedi le sue Air Jordan 1 rosse e nere MJ, ora viene chiamato così, porta Bulls ai play off due volte. Con l’arrivo di Phil Jackson, eccentrico coach degli Albany Patroons in Cba, arriva alle Finali dell’Est contro i Detroit Pistons, i Bad Boys di Isiah Thomas. La serie è tirata fino a Gara 7 ma il gioco duro e ruvido, se non anche violento, dei Pistons alla fine prevale. Le speranze dei Bulls si fermano ad un passo dalla meta. La delusione contro i Bad Boys è l’ultima che Jordan è disposto ad accettare. Jackson catechizza i suoi, convince MJ ad abbracciare la tattica a triangolo seppur con qualche libertà realizzativa in più e da lì in avanti i Bulls volano: 61 vittorie nella stagione 90-91, 67 nel 91-92 e 57 nel 92-93. Tre stagioni in cui Chicago raggiunge le tante agognate Finals, contro Lakers, Portland e Phoenix. Ci provano tutte, tutte falliscono […]. Le giocate di Jordan sono spettacolari, i suoi numeri impressionanti: quinto nella classifica dei migliori marcatori all-time e vince due premi di Mvp (Most valuable player) e tre Finals Mvp su tre: «Vincere tre titoli di seguito era un mio obiettivo, perché né Thomas, né Magic, né Bird ce l’hanno fatta. Non sto dicendo di essere più forte di loro, ma il fatto che solo io ci sia riuscito vorrà dire qualcosa» • Il 23 luglio 1993, tornando a casa dopo una partita di golf, il padre di Michael, James Jordan si ferma sulla Us Highway 74 per fare un pisolino. Dorma nella Lexus SC400 rossa, quella che suo figlio gli ha regalato da poco. Due balordi, Daniel Andre Green e Larry Martin Demery gli sparano mentre dorme, gli rubano l’auto e scaricano il corpo in una palude a McColl, nella Carolina del Sud. Il cadavere, in stato di decomposizione avanzato, viene ritrovato il 3 agosto. Il medico legale, che ha l’obitorio pieno, fa cremare il corpo ma conserva la mascella e le mani per l’identificazione. La triste notizia arriva il 13 agosto con l’aiuto delle cartelle cliniche fornite dal dentista di famiglia. Michael non se ne capacita. In campo è demotivato e nell’ottobre del 1993 decide di ritirarsi dal basket. Vuole cominciare una carriera nel baseball, suo sport d’infanzia che il padre adorava [Eurosport] • Gioca prima con i White Sox e poi con i Birmingham Barons. Michael si diverte di nuovo. Il Bulls meno. Perdono le semifinali di Conference contro i Knicks • A metà stagione 94-95 Jordan ci ripensa. Riabbraccia i Bulls e dice: «Sono tornato» • La canotta numero 23 nel mentre è stata ritirata, appesa al soffitto del United Center, Jordan ripiega quindi sul 45, suo numero della breve carriera nel baseball • La marcia verso i Playoff è trionfale, Chicago infrange il record di vittorie in regular season fino a quel momento con 72-10 e si porta in finale di Conference contro gli stessi Magic che l’anno prima hanno interrotto il loro percorso. La storia però è cambiata. I Bulls rifilano un secco 4-0 e approdano alle Finals contro Seattle, pratica chiusa in sei partite e quarto titolo per la franchigia. La stagione 97-98 però è quella che verrà rinominata The Last Dance – la serie Netflix è tra le più viste di tutti i tempi – da Phil Jackson. Il general manager Jerry Krause e il proprietario Jerry Reinsdorf annunciano che al termine della stagione la squadra verrà smantellata: Jackson non sarà riconfermato e Pippen verrà scambiato. Qualsiasi altra squadra sarebbe probabilmente crollata sotto il peso di tanto stress, ma non quei Bulls: 62 vittorie e 20 sconfitte, spazzati via Nets e Hornets ai primi turni dei Playoff e vinto di stretta misura alle Conference Finals contro Indiana: questo è il ruolino di marcia fino alle Finals 98 contro i Jazz. Jordan è di nuovo Mvp della lega per quella che potrebbe essere la sua ultima stagione e vuole chiudere in bellezza. La serie contro Utah, così come quella dell’anno precedente, è tesa ai limiti grazie alle prestazioni stellari degli avversari. La missione richiede ancora uno sforzo decisivo a dei Bulls ormai stremati. Dopo essere stati sotto quasi tutta la partita, le loro fatiche vengono premiate. Jordan porta a casa la vittoria e il sesto anello, l’ultimo per sé e i suoi Bulls. La fine di un ciclo vincente è arrivata. Chicago lascia andare i suoi pezzi pregiati e Jordan si allontana di nuovo dalla pallacanestro giocata [dunkest, cit.] • Jordan torna sul parquet nel 2001. Indossa la maglia dei Washington Wizards. Si guadagna per altre due volte il distintivo di All Star • Con sei titoli Nba, sei Finals Mvp, cinque Mvp della regular season, tre Mvp dell’All Star Game, un Defensive Player of The Year e un Rookie of The Year in bacheca, nel 2003, His Airness, ora viene soprannominato così, si ritira • Nel 2006, tre anni dopo il ritiro, viene nominato general manager dei Charlotte Bobcats. Nel 2010 Jordan ha acquistato una quota di maggioranza dei Charlotte Bobcats, tornati poi a chiamarsi Hornets come in origine, diventando il primo ex giocatore nella storia a diventare proprietario di una squadra Nba. L’ex stella di Chicago è anche l’unico proprietario afro-americano della lega. Degli Hornets è anche presidente. Con un patrimonio netto di un 1,7 miliardi di dollari, Jordan è entrato nel club dei miliardari di Forbes. Jordan ha detto che è stato il gioco del basket a dargli la possibilità di fare un sacco di cose, incontrare tante persone diverse e ispirarle [Eurosport] • Dopo basket e baseball Jordan si dà al golf: «Ora la mia competitività è tutta lì. Mi piace giocare a golf, è qualcosa che mi ha conquistato». Nel 2020, in Florida si compra il Grove XXIII Golf Course. Spende 14 milioni per giocarci con gli amici e professionisti dai quali spera di rubare i trucchi del mestiere • «Anche fuori dal campo sono competitivo, ad esempio negli affari. Mi interesso a tutto ciò che porta il mio nome, dai diritti, al design, a come può essere utilizzato. Voglio sempre avere il controllo su tutto. Non è qualcosa che sto facendo solo in questo momento, è qualcosa che ho sempre fatto e continuerò a farlo finché sono in grado perché mi piace». Ha case a Miami, Palm Beach, Chicago e in North Carolina. Il suo parco macchine vale 9,3 milioni di dollari. Viaggia su un jet privato e il suo yacht ha un campo da basket • Oltre a basket, baseball e golf Michael Jordan ha un’altra grande passione: le scommesse: «Amavo farlo. Scommettevo sulle mie partite a golf, mai puntato sul campionato. Ma non sono mai stato dipendente. È solo che sono competitivo e mi piace vincere». Ma non sempre è successo. Nel 1992 dovette coprire perdite per migliaia di dollari.
Amori Nel 1985 a Chicago conosce Juanita Vanoy. Primo appuntamento dopo una partita dei Bulls nel pub Bennigan’s. I due si sposano a Las Vegas nel 1989. Hanno tre figli: Jeffrey, Marcus e Jasmine. Lei lo sostiene durante tutta la sua carriera. Appoggia la decisione di lasciare il basket per il baseball e il baseball per tornare al basket. Nei primi anni duemila però il loro rapporto s’incrina. Nel 2002 chiedono il divorzio ma poi fanno pace. L’idillio dura poco. Nel 2006 si separano ufficialmente. Dal divorzio Juanita ottiene 150 milioni di dollari. Nel 2008 in una discoteca di Miami Jordan s’invaghisce di una giovane modella Yvette Prieto. Lei ha 16 anni in meno di lui. Vanno a vivere insieme nel 2009, lui le fa la proposta nel 2011, si sposano del 2013, davanti a duemila persone, e danno alla luce due gemelle nel 2014, Ysabel e Victoria Jordan. Nonostante la notorietà del cestista riescono a vivere la loro vita privata in modo molto riservato. Vivono in Florida.
Titoli di coda «La paura è un ostacolo per molte persone, ma è un’illusione per me»