28 febbraio 2023
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Biografia di Harold George Bellanfanti Jr
Harold George Bellanfanti Jr, meglio noto come Harry Belafonte, nato a New York il 1° marzo 1927 (96 anni). Cantante, attore e attivista dei diritti civili statunitense. Soprannominato il Re del Calypso per aver reso popolare la musica caraibica negli anni cinquanta con Banana Boat Song: «Quando vado a vedere una partita di baseball e la telecamera mi inquadra, tutti la cantano: non ho fatto solo quella, ma sono felice di tutto quell’affetto».
Titoli di testa «Spesso mi guardo indietro e non capisco. Giuro. Sono durato più a lungo di quanto ne possa capire la ragione. Ho spesso la sensazione che ci deve essere stato qualcosa che avrei dovuto fare, ma che non ho fatto. Ma cosa?» [John Leland, Rep].
Vita Sua madre lavorava come sarta e addetta alle pulizie, e suo padre faceva il cuoco sulle navi mercantili, prima di lasciare la famiglia quando Belafonte era un ragazzo • Dopo aver vissuto i suoi primi anni di vita ad Harlem, si trasferì in Giamaica dove venne cresciuto per lo più dalla nonna. I genitori, entrambi immigrati di razza mista di pelle chiara, ingannarono locatori e funzionari dell’immigrazione cambiando l’ortografia del loro cognome ed evitarono abitazioni soggette a restrizioni razziali, affermando di essere ispanici [Leland, cit.] • In terza media abbandonò la scuola, frustrato da quella che in seguito fu riconosciuta come dislessia • «Il momento più difficile della mia vita è stato quando ero un bambino. Mia madre mi ha dato affetto, ma, poiché sono stato lasciato da solo, anche molta angoscia» [a People] • Ritornato in America si arruolò nella Us Navy. Harry era attratto dagli affari dello zio, che sua madre non approvava. «Si accertò che io non seguissi le orme di suo fratello Lenny. Anche se dipendevamo molto da lui: quando le cose andavano a rotoli, era lui ad allungarci 20 dollari o la cena». Lo zio Lenny, che gestiva una lotteria illegale, gli presentò l’élite dei gangster di Harlem [Leland, cit.] • Lavorava come assistente custode, quando un cliente gli regalò i biglietti per una produzione teatrale nero-americana e, proponendosi come tuttofare, presto si ritrovò sul palcoscenico insieme a Ruby Dee, Ossie Davis, Sidney Poitier, Marlon Brado. Tra i suoi primi spettatori c’erano Paul Robeson e Eleanor Roosevelt, che diventeranno suoi amici. Imparava a conoscere il comunismo e i movimenti di liberazione globale e anche quella che era la vita di un bell’uomo a New York. «Amavo Ruby, è stata molto intelligente a sposare Ossie. Noi altri le andavamo dietro come una mandria di teppisti. Era intelligente. E ci ha scaricato». Alla fine degli anni 40 Belafonte girava per i jazz club di Midtown, dove conobbe Lester Young, Charlie Parker, Miles Davis e Max Roach. Quando Young lo utilizzò per cantare tra un set e l’altro, Belafonte si ritrovò con una carriera che non aveva mai cercato. «Il pubblico era così entusiasta che mi sono spaventato a morte. Aspetta un attimo, mi son detto, è troppo al di sopra delle mie possibilità. Non sono un cantante pop. Sono qui che leggo Shakespeare, analizzo Otello e guardo Macbeth. Essere un cantante pop non fa per me. Quindi abbandono». Ma non durò a lungo. Con due amici aprì un “Burger Joint” al Village. Ebbe vita breve, ma lo portò al Vanguard e alle performance di Pete Seeger e Woody Guthrie. E quando Belafonte debuttò al Vanguard – guadagnando 70 dollari a settimana – il suo repertorio includeva canzoni folk e brani internazionali, tra cui Hava Nagila. Presto il club divenne troppo piccolo per contenere il suo pubblico. «Cominciavano a entrare i soldi» [ibid.] • Nel 1952 incide per la Rca Victor il suo primo singolo, Matilda. Ma il grande successo arrivò prima con l’album Belafonte nel 1956 e poi con Calypso, che conteneva anche la famosa Banana Boat Song • «Tutti i pezzi andarono al loro posto: si disse che Belafonte fu il primo solista a vendere un milione di album e, nel 1959, fu uno dei primi afro-americani ad avere il proprio show in tv. Il suo bell’aspetto e la carnagione chiara lo resero gradito a un pubblico bianco, nonostante le sue origini e le sue preferenze politiche» [Leland, cit.] • In questi anni apparve anche al cinema, tra gli altri, in Carmen Jones di Otto Preminger, in La fine del mondo di Ranald MacDougall • Incontrò Martin Luther King Jr. nel seminterrato di una chiesa di Harlem grazie ad Adam Clayton Powell Jr. [Leland, cit.] • Dopo aver conosciuto il reverendo King aiutò a organizzare la terza marcia da Selma a Montgomery, ingaggiando artisti come Joan Baez, Tony Bennett e Mahalia Jackson per un concerto a Montgomery. «Quando ho cominciato con Martin ho veramente pensato che nel giro di due, massimo tre anni, sarebbe finito tutto. Sono passati cinquant’anni, lui è morto e sepolto, la Corte Suprema ha fatto un’inversione di marcia sul diritto al voto e la polizia ci spara addosso nelle strade. Guardo a questo orizzonte di distruzione, e osservo la comunità nera che non proferisce verbo» [ibid.] • Nel 1960, il presidente John F. Kennedy lo nomina consulente culturale dei Corpi per la pace • Era il febbraio del 1968 e Johnny Carson, conduttore del Tonight Show della Nbc, fece una cosa semplice: si assentò per cinque giorni e lasciò il suo posto a Harry Belafonte. Che non solo era nero, ma era un tipo di enorme successo nella musica e si batteva per i diritti civili • Nel 1970 lascia la Rca e gira il mondo con i suoi spettacoli. Gira anche Non predicare... spara! (1972) e Uptown Saturday Night (1974) di Sidney Poitier • Nel 1985 canta per Usa for Africa, con 45 celebrità della musica pop, tra cui Michael Jackson, Lionel Richie, Stevie Wonder e Bruce Springsteen. Il brano è We Are the World prodotta da Quincy Jones e incisa a scopo benefico • Per la regia di Robert Altman gira I protagonisti (1992), Prêt-à-Porter (1994) e Kansas City (1996) • Nel 2003, a causa della sua voce che si era fatta sempre più roca e graffiante, si ritirò dalle scene • Negli ultimi anni ha ridotto di molto le sue apparizioni pubbliche ma non ha perso la vis polemica. Anche contro artisti come Jay-Z e Beyoncé. All’Hollywood Reporter ha dichiarato: «Hanno voltato le spalle alle responsabilità sociali» [Leland, cit.] • S’è battuto contro il razzismo, la povertà, l’Aids e per la parità dei sessi: «Ho incontrato alcuni esseri umani gloriosi: Eleanor Roosevelt, Fanny Lou Hamer, Ella Baker e il Dr. King e Malcolm X e Nelson Mandela e Che Guevara e Cesar Chavez e altri non così famosi. Sono gli uomini e le donne che ho incontrato in Ruanda, in Sud Africa. La vera gratificazione sta nelle cose coraggiose che esseri umani semplici e meravigliosi fanno l’uno per l’altro» • Sinceramente preoccupato dall’elezione di Donald Trump: «Non sapevo che questo paese fosse ancora tanto razzista. È incredibile, dopo tutto quello che abbiamo passato». Dopo le elezioni, Belafonte paragonò l’amministrazione Trump a un “quarto Reich”, sostenendo che Trump non rappresentava una rottura con le tradizioni americane, ma faceva piuttosto riemergere energie che erano sempre state lì. «Abbiamo tutto a nostro favore. Ma se è così, cosa rende Trump così attraente? C’è qualcosa che non va, ma cosa? È proprio quello che sto cercando di capire». Non lo capirà mai • «Ho ben poco rispetto per il consenso se ti acceca alla verità» • Portò Nelson Mandela allo Yankee Stadium, progettò un film su Amos & Andrew (la sitcom americana che tratta i temi del razzismo, ndt) con Robert Altman, fu il copresidente della Marcia delle Donne a Washington insieme a Gloria Steinem, anche se poi non partecipò all’evento per problemi di salute • Nel 2017 ebbe un ictus mentre camminava sulla 72esima strada e cadde in terra: «Ho perso un’occasione. Se avessi avuto un bicchierino di plastica forse sarei diventato ricco». Da allora si muove con un deambulatore a tre ruote • Nel 2018 un cameo in BlacKkKlansman di Spike Lee.
Amori Vive a New York City con la sua terza moglie, la fotografa Pamela Frank. Si sono sposati nel 2008. Belafonte ha avuto due figli con la seconda moglie, la ballerina Julie Robinson, e altri due figli dal suo primo matrimonio, con Marguerite Byrd.
Titoli di coda «Ora devo andare avanti con quelle cose che ho sempre detto di fare ma che ho rimandato».