il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2023
La crisi dei doppiatori
Lascia o rad-doppia? Lo sciopero indetto per il rinnovo del contratto del settore Doppiaggio è stato interrotto dopo tre settimane il 14 marzo scorso, ma lo stato è sempre di agitazione, le voci inquiete, i turni straordinari non ancora assicurati, e come altrimenti?
Dopo quindici anni dall’ultima concertazione, i doppiatori attendono la chiusura del contratto Collettivo nazionale di lavoro (Ccnl), e il confronto non è semplice. Da una parte, l’Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive digitali); dall’altra, le filiazioni culturali di Cgil, Uil e Cisl, ovvero Slc, Uilcom e Fistel, che possono beneficiare della consulenza delle associazioni professionali Anad (attori doppiatori), Aidac (dialoghisti e adattatori cinetelevisivi) e Aipad (assistenti al doppiaggio); sul tavolo i temi di discussione: aumento salariale, decremento dei ritmi di lavoro e liberatoria sulla cessione dei diritti, per cui si è condiviso rifarsi alla normativa nel Ccnl del 2008 fino all’approvazione del nuovo accordo.
“Al mio segnale scatenate l’inferno!”, intimerebbe il suo Gladiatore Massimo Decimo Meridio, più modestamente Luca Ward si dibatte tra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà, con qualche punto di vantaggio per il primo: “All’importanza tecnico-artistica del comparto non si accompagna un’evoluzione normativa e formativa: in Italia siamo indietro, molto indietro”. La voce di Russell Crowe, Hugh Grant e Samuel L. Jackson lamenta che “non riusciamo più a formare le persone, negli studi non ti fanno entrare se non hai un turno, sicché inserire nuovi doppiatori diventa complicato”, e punta “una diatriba vecchia quarant’anni: siamo l’unico Paese al mondo che cede le voci senza garantire un centesimo a chi le presta”. L’affaccio è continentale: “Dopo tante battaglie, non mi aspetto nulla dal tavolo Anica, ma esistono leggi Ue che regolano l’audiovisivo, perché non le applichiamo? Siamo in Europa solo per quel che pare a loro?”.
Impegnata nella direzione del doppiaggio di una serie su Brigitte Bardot per Canale 5, Rossella Izzo non nasconde “una grande angoscia per tutti noi. Che ci sia una piattaforma per il rinnovo del contratto è positivo, ma lo sciopero ci è costato molto, sia emotivamente che economicamente: uno stress! Ora aspettiamo di vedere i risultati, ma di una cosa potete stare certi: non molliamo, siamo pronti a qualunque evenienza”.
Tom Cruise per volto, Roberto Chevalier è uso alle missioni impossibili, dove la speranza è per definizione l’ultima a morire: “Io penso positivo, se no vivi male”. Al lavoro su una serie Netflix di cui non può rivelare le generalità (non-disclosure agreement), auspica che i servizi streaming collaborino fattivamente alla rimodulazione del contratto: “Siamo tutti sulla stessa barca, confidiamo di non farla affondare. Anica, noi e gli streamer, ciascuno rinuncerà a qualcosa e conquisterà qualcos’altro: una soluzione è possibile”.
Lo sciopero ha mietuto vittime sul piccolo schermo, in casa Sky Succession e Hotel Portofino hanno scansato i disagi per un pelo, mentre gli ultimi tre episodi dell’acclamata The Last of Us fino al 20 marzo sono stati disponibili solo nella versione originale sottotitolata. Ward ne approfitta per richiamare alla qualità: “Troppi i doppiaggi inutili, a ’sto punto meglio i sottotitoli. Ci sono società in cui non metto piede ché lavorano malissimo”.
Non bastasse, sul settore incombe un kubrickiano ordigno della fine di mondo: l’Intelligenza Artificiale (AI). Chevalier ci scherza su: “Sono tranquillo, avrò già smesso di lavorare”, confessa di non poter fare previsioni, ma conviene: “Prevenire è meglio che curare”. I tempi sono ancora utili? Società quali Papercup offrono “voci sintetiche che suonano genuinamente umane e consentono tempi di risposta più rapidi a una frazione del costo del doppiaggio tradizionale”. La concorrenzialità è comprovata, Bloomberg se ne serve per doppiare in spagnolo i propri video YouTube, però Ward smorza: “Non mi preoccupo minimamente dell’intelligenza artificiale, questo impiego nasceva nobilmente per i malati di Sla, ora sono arrivati i falchi e ci lucrano sopra. Ma tra la poesia recitata da un robot e quella declamata da un attore che prediligerà il pubblico?”. Sangue blu del doppiaggio nostrano, Izzo si dice preoccupata dall’AI, ovvero “dal sacrificio della parte umana, sentimentale, intellettuale” che paventa: “L’unica difesa sta nella qualità, questo lavoro si fa col cervello, il cuore e le viscere. E le macchine non li hanno”.