La Stampa, 6 aprile 2023
Ana Obregón, la nonna diventata mamma
È che sembra un incesto, e questo è tutto quello che avrei da dire sulla faccenda. La faccenda riguarda una madre di 68 anni a cui muore il figlio di cancro, le ultime volontà del figlio, una maternità surrogata, una gestante, una donatrice di ovuli, campioni di sperma conservati, e in mezzo una neonata di 7 giorni. Far nascere un orfano è eticamente, moralmente, legalmente accettabile? Quand’è che bisogna fermarsi? Bisogna fermarsi? L’attrice e presentatrice spagnola Ana Obregón la settimana scorsa era sulla copertina della rivista spagnola ¡Hola! ritratta mentre usciva da una clinica di Miami con una neonata tra le braccia. Il titolo era: “Ana Obregón madre di una bambina per maternità surrogata a Miami”. Passa una settimana, altra copertina e relativa intervista: “Ana Obregón esaudisce l’ultimo desiderio di Aless e ci presenta sua nipote, Ana Sandra. Sulla copertina di ¡Hola! ci mostra la bambina, che è legalmente la figlia adottiva di Ana, nata tramite maternità surrogata il 20 marzo a Miami”. Quindi, la bambina non è sua figlia, è figlia di suo figlio, e quindi sua nipote.
E sì, sembra un incesto, perché lei è la madre adottiva e suo figlio è il padre biologico. Sembra, ma non lo è. La percezione delle informazioni che riceviamo è tuttavia rilevante: questo lo rende un incesto? Il percepito, ad un certo punto, diventa vero? Speriamo di no, altrimenti potremmo anche dare fuoco a tutti i tribunali, ma non possiamo nemmeno far finta che l’umanità non sia anche figlia del percepito. Obregón racconta che quando al figlio fu diagnosticato il cancro, i medici gli consigliarono di conservare lo sperma, qualora in futuro avesse voluto figli. I campioni vennero conservati negli Stati Uniti. Poco prima di morire, Aless disse ai genitori che il suo ultimo desiderio era quello di avere degli eredi, anche da morto. Da quell’istante, dice Obregón, l’unica cosa che le ha permesso di continuare a vivere è stata esaudire quel desiderio. Da lì in poi lei non ha più avuto paura di niente, perché la cosa migliore che potesse capitarle era morire.
Non è nemmeno colpa della Obregón se dobbiamo parlare di colpe, e forse ogni tanto dovremmo pure farlo. Penso che quando ti muore un figlio, semplicemente impazzisci. La tua vita finisce, e per non ammazzarti è necessario aggrapparsi a qualcosa o qualcuno o anche solo a un’idea, che sia Dio o chi per lui. L’attrice dice che il figlio voleva un erede anche se lui stava per morire, e ne era perfettamente consapevole. Lei, semplicemente, l’ha accontentato, cosa che avrebbe fatto chiunque davanti a una tragedia del genere. La questione è chi glielo ha permesso. Glielo hanno permesso le leggi, perché quello che ha fatto non è illegale, glielo ha permesso chi le stava intorno, glielo hanno permesso tutti, invece che dirle che di non farlo. Ma se una cosa è perfettamente legale, è di conseguenza anche eticamente accettabile? A me sembra di no, e possiamo constatarlo ogni giorno che passiamo su questa terra. In Spagna la maternità surrogata è vietata, sia altruistica che commerciale. La Oberòn dice che in Florida, dove si trova ora, nessuno si fa problemi, anzi le dicono che essere una madre surrogata è una benedizione. Dice che in Spagna sono rimasti al secolo scorso. Lo dice da persona che ha potuto permettersi di giocare con l’etica, pagandola. Lo dice da persona che ha subito un torto dalla vita, una tragedia che non ha nemmeno le parole per essere decritta, lo dice da persona che ha un grosso debito con l’esistenza. Niente potrà ridarle suo figlio, ma lei probabilmente ha pensato di sì: la bambina dormirà nella cameretta del padre dove lei non ha toccato niente, tutto è rimasto com’era prima che morisse. Se fosse una sceneggiatura, probabilmente le case di produzione la rifiuterebbero per poca originalità. Nell’intervista le chiedono se avesse mai avuto dubbi sull’opportunità o meno di farlo, lei risponde che questa era l’ultima volontà del figlio, che lei aveva giurato di salvarlo e non ci è riuscita, e che non le è mai venuto in mente di venire meno alle ultime volontà di Aless. Per tutta l’intervista dichiara che dirà alla bambina che lei è figlia di un eroe, che è stata la bambina più desiderata al mondo, perché è stata voluta sia dal cielo che dalla terra. La bambina è nata orfana di padre, non conoscerà la madre biologica e nemmeno quella che l’ha partorita, e in giovane età sarà anche orfana di madre adottiva, e nonna.
Non è un po’ troppo per una persona che non l’ha scelto? Non è un po’ troppo decidere in maniera così precisa il corso della vita di una persona? Se vale proprio tutto, allora immagino un futuro pieno di genitori straziati dal dolore che per riavere indietro i figli genereranno nipoti, in modo da riavere una cosa viva di loro, almeno un pezzo, per poi poter vivere per sempre. Io non discuto nemmeno la volontà granitica nel desiderare la stirpe di sangue: è umano, è comune a tutti, è alla base della maternità surrogata e non. È un desiderio difficile da ignorare, per i più progressisti e illuminati rimane incomprensibile, ma per alcuni avere figli è anche questo. Semplicemente, vogliamo qualcuno che ci somigli. Ma chi paga il prezzo?
Credo che avere un’opinione esatta sulla maternità surrogata sia impossibile, perché da tenere in conto ci sono diverse variabili: l’autodeterminazione della donna, il fatto di offrire una prestazione lavorativa con il proprio corpo, il fatto che le gestanti appartengano a un ceto socioeconomico basso e che di miliardarie che portino avanti una gravidanza per altri non se ne sono viste, che non si possa abortire durante la gestazione per altri. Non parliamo di patate nel forno, né di essere fascisti se si è contrari alla maternità surrogata commerciale: c’è chi penserà a questa storia come a un esempio di progresso, civiltà e autoderminazione, e chi la penserà come a una storia di dolore e orrore. Il problema è che l’unica opinione che conta è quella di una neonata. —