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 2023  aprile 06 Giovedì calendario

Intervista a Laetitia Casta

Il suo charme è drastico e ineluttabile, ça va sans dire, e ha una tempra che la porta a viaggiare con successo nella moda, nel cinema, in teatro… Ma al di là di questo, Laetitia Casta ha un’indole acuta, decisionista e abile nell’evitare i cliché, oltre che capace di lanciarsi in voli alti e rischiosi, come fa nello spettacolo Clara Haskil, Prélude e fugue,in programma al Festival di Spoleto (30 giugno e primo luglio). È lei la protagonista solitaria di questa mise en scène impegnativa e recensita benissimo, dove incarna una pianista formidabile, Clara Haskil, nata a Bucarest nel 1895 e morta a Bruxelles nel 1960. La pièce ha girato per un paio d’anni in Francia ed è stata applaudita a Parigi in due round (il secondo si è appena concluso). «Si tratta di una storia sofferta, narrata con sensibilità dal testo vibrante di Serge Kribus e montata in modo sobrio dal regista Safy Nebbou», racconta Casta dalla sua casa di Parigi. «Perciò ha toccato l’anima di molti spettatori». Parla con slancio alzando il volume della voce per sovrastare quella del figlio Azel, di due anni (avuto con l’attuale marito Louis Garrel). «Lo aspettavo mentre provavo Clara Haskil, cioè dal quarto mese di gravidanza all’ottavo», riferisce l’attrice, «e il debutto è avvenuto due mesi dopo la sua nascita. È stato come avanzare in due itinerari creativi paralleli e meravigliosi».
Laetitia, ci dica qualcosa su Clara Haskil.
«Fu una vera leggenda del pianoforte. Prodigio precocissimo, lottò con una salute fragile e l’ansia del palcoscenico. Attraversò due conflitti mondiali, scappò dal nazismo…».
Rintraccia analogie tra sé e Clara?
«Non sono ebrea come lei, né ho vissuto la guerra, né ho patito la scoliosi. Però la comprendo. Ero via dalla famiglia fin da giovanissima.
Ho iniziato la carriera a 14 anni e viaggiavo ovunque, conducendo una vita differente da quella delle mie coetanee. Clara entrò nel mondo della musica prestissimo: diede i primi concerti a 12 anni. Non ho il suo genio, certo, ma conosco quel tipo di performance. So come ci si sente quando si è diverse da tutte e certe persone ti vorrebbero “inscatolare”.
Non ho mai rinunciato a ciò che sono e lei lo stesso».
In scena si moltiplica in numerosi personaggi.
«Ne faccio una quindicina immedesimandomi con gli incontri fondamentali di Clara, che seguo dall’infanzia alla morte. Divento i musicisti che conobbe: Dinu Lupatti, Pablo Casals, Arthur Grumiaux… Poi lo zio, le zie, la nonna, la madre, la sorella, un dottore, l’impresario, i fan e gli amici, tra cui Chaplin. Cerco dicogliere il loro spirito dall’interno. Se interpreto un uomo non sono una donna che finge d’essere uomo, ma uno spazio in cui risuonano le sue emozioni».
Ci sono passaggi in cui non teme di svilire il suo aspetto. Cos’è per lei la bellezza?
«È la vertigine di recitare in teatro e di poter dare agli altri, col mio lavoro, momenti belli per uscire dalla durissima quotidianità. Il mondo è violento, faticoso. L’arte è una risorsa enorme che trasmette speranze».
Quale rapporto ha con la musica?
«Non sono musicista, ma adoro la musica e ne ascolto molta. Nello spettacolo devo essere musicale, cesellando le parole un po’ come vocalizzi e variando tempi e sfumature dinamiche. C’è quasi una partitura verbale che s’intreccia a quella musicale, eseguita dalla pianista Isil Bengi, il mio doppio alla tastiera.
Il cinema? Altri progetti?
«Stanno per uscire tre film nei quali ho un ruolo: Le bonheur est pour demain di Brigitte Sy, con Béatrice Dalle,Consentement, di Vanessa Filho, che parla di pedofilia, eUna storia nera, di Leonardo D’Agostini, sul femminicidio. Per quanto riguarda il teatro, sto per cominciare le prove diUna giornata particolarecon la regia di Lilo Baur, per la Comédie Française. Farò la parte che nel film di Scola era di Sofia Loren.
Ecco due individui senza niente in comune – lui è un gay, lei è una casalinga – che si ritrovano uniti dal caso e stabiliscono un’intesa profonda. Così è la vita: assurda e sorprendente».