Corriere della Sera, 6 aprile 2023
Intervista a Don Mazzi
A 93 anni, don Antonio Mazzi confessa di non sentirsi vecchio. «Mi sono solo rotto le scatole. Fatico a infilarmi le calze e a vestirmi». Della salute non si preoccupa: «Mi hanno rimosso un tumore dalla testa, fatto l’angioplastica alle coronarie, messo il pacemaker, sono quasi cieco dall’occhio destro per una maculopatia. Ma finché il Capo non alza il telefono... La morte è diventata una compagna di vita».
Che cosa le ruba più tempo?
«La scrittura con carta e penna: testi per tre giornali, un libro appena uscito, due in cantiere. La lettura: cinque quotidiani al giorno. I ragazzi di Exodus che vengono a confidarsi, ma sono la mia vita».
Credevo la preghiera.
«Quella è “nel” tempo. Non me lo porta via. È diverso».
Ha chiesto udienza al Papa.
«Mi ha convocato lui, tramite la segreteria di Stato. Non a Casa Santa Marta, ma nel Palazzo apostolico, dove riceve la gente seria, infatti dopo di me c’era l’ambasciatore del Giappone, Seiji Okada, in visita di congedo. È la terza volta. Lo conobbi a Buenos Aires quand’era cardinale».
Lei vuole esiliarlo in Africa.
«No, spedirei laggiù i cardinali, a pulirsi le scarpe. Invece Francesco ad Assisi con il suo bastone. Il Vaticano va svuotato e bruciato. Se non esistesse, la Chiesa andrebbe molto, molto, meglio».
Che cos’ha chiesto al Papa?
«Di istituire la Giornata degli adolescenti e di scrivere una lettera ai padri. Non mi ha risposto né sì né no. Ma lo sguardo parlava da sé».
Se lei avesse un figlio che si taglia di proposito gambe e braccia, che farebbe?
«Piangerei insieme a lui».
A che età gli metterebbe in mano uno smartphone?
«Quando me lo chiede».
Quindi anche a 10 anni?
«Glielo darei. Gli spiegherei come usarlo. Così come gli insegnerei ad andare in bici».
Dalla bici non esce il porno.
«Meglio la bici, concordo. Il sesso non è un gioco. Non accetto che diventi un vizio».
La pedofilia è molto peggio.
«I futuri preti dovrebbero vivere fuori dai seminari fino ai 18 anni. Chi passa la prima parte della vita in un luogo chiuso, avrà dei problemi. L’adolescente deve combinare i suoi pasticci. Non mi fido di chi fa sempre il bravo».
Disse l’attempato discolo...
«Avevo 10 mesi quando mio padre morì. Mia madre non l’ho mai sentita vicina. Le dicevo: lascia in pace papà, non c’è più, pensa ai tuoi due figli. Aveva una bella voce, ma non cantava mai. Vestiva di nero come le donne del Sud in lutto perpetuo. Mi mandò dai Buoni Fanciulli del futuro san Giovanni Calabria».
E diventò prete calabriano.
«In terza media fui bocciato per cattiva condotta. La sera mi mettevano in ginocchio in mezzo al refettorio perché durante il giorno avevo parlato in dialetto. La mamma veniva convocata dai professori e piangeva, piangeva. L’ho sempre fatta soffrire».
Una specie di Franti.
«Oggi si direbbe bipolare».
Le pesa il celibato?
«Per me il matrimonio sarebbe stato una schiavitù. Da prete sono libero di amare il mondo. La castità è un valore, ma dev’essere facoltativa».
È favorevole alle unioni gay?
«Accetto la convivenza, non il matrimonio. I figli hanno un padre e una madre».
Papa Francesco nel 2016 disse che insegnare la teoria del gender «è contro le cose naturali». È d’accordo?
«Ni. Non so se “contro” sia la preposizione più indovinata, ma non ne trovo un’altra. Mi dichiaro dubbioso».
Come le sembra Elly Schlein, neosegretaria del Pd?
«Mi è simpatica».
Dei sette vizi capitali, a quale ha ceduto di più?
«Me li devi dire». (Subito anticipa la risposta). «Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. Il terzo è il più antipatico. Mortifica il corpo, capolavoro di Dio».
Pensavo l’ira, tant’è focoso.
«Nervoso, più che altro. È diverso da rabbioso».
Che cosa la rende nervoso?
«Le situazioni dei ragazzi».
Tollera le droghe leggere?
«Non esistono. Gli spinelli sono totalmente diversi rispetto a 20 anni fa. Distruggono. Perciò sono contrario».
In che differisce il metodo Mazzi dal metodo Muccioli?
«Vincenzo era un grand’uomo. Ragionava così: piuttosto che si perdano, li rinchiudo a San Patrignano. Io invece ho sempre lasciato le porte aperte. Se vuoi andartene, va’. Conta di più la vita o la libertà? Grande domanda, eh!».
Qual è il peggior peccato?
«La disperazione».
Fabrizio Corona sparla delle comunità Exodus. Perché?
«Ah, non lo so. Pirla era e pirla è rimasto. Si crede la divinità di sé stesso, non vi è nulla di autentico in lui. Corona e Lele Mora mi hanno solo fatto perdere tempo».
È stato impietoso con Pietro Maso: «Era una bestia e non è cambiato per niente».
«Bestia è una parola grossa, lo ammetto. Però ribadisco che per me non è cambiato. Il Padreterno ci ha dato 32 denti, ma io li ho persi tutti in un incidente, perciò la lingua non mi s’impiglia».
Qual era la prima emergenza che affrontò da giovane?
«La povertà. Novembre 1951, alluvione del Polesine, più di 100 morti. Salii come volontario sul barcone dei vigili del fuoco che salvavano i bimbi aggrappati ai tetti delle case. La mia vocazione nacque lì, durante la piena del Po. Ho ancora nelle orecchie il rombo delle acque. Mi rivedo nel buio, squassato dalle onde, con gli orfani stretti al petto».
Non era ancora sacerdote.
«Ma io sarei voluto diventare organista, non prete. Studiavo al conservatorio di Verona. Li odiavo, i sacerdoti. E un po’ li detesto ancora adesso. Non sono cambiati per niente, sai? Quando chiesi al vescovo di Ferrara di ordinarmi, rispose: “Balordo come sei? Prima devi convertirti!”. Non l’ho ancora fatto».
Oggi l’emergenza qual è?
«La superficialità».
Da dove nasce?
«Dal benessere».
Il malessere del benessere.
«Il peggiore dei malesseri. La società del benessere non sarà mai né bella né buona».
Gli italiani non fanno figli.
«È un Paese di egoisti. Un figlio non è come portarsi a casa un cane, richiede infinita pazienza. Ma non metterlo al mondo attiene più alla paura che alla cattiveria».
Come fa a parlare di Dio a giovani inebetiti dalla droga, dal consumismo, dai social?
«Si parla di Dio parlando bene dell’uomo. È che noi parliamo male dell’uomo e quindi anche di Dio».
Se fossi ateo, come mi convincerebbe che Dio esiste?
«Non perdo tempo a convincerti. Ti guardo negli occhi. Le persone non si salvano con i ragionamenti».
Mi dice qualcosa che non ha mai rivelato a nessuno?
«La morte di mio padre Ugo è stata la peggiore disgrazia della mia vita. Mi ha segnato in maniera irreparabile. L’ho vissuta come un’ingiustizia da parte di Dio. Papà era ferroviere, una broncopolmonite lo uccise a Valdobbiadene. Venne sepolto là. Non ho mai visitato la sua tomba. Mi è sempre mancato il coraggio di andarlo a trovare. Volevo immaginarmelo vivo».
Ma è davvero sicuro che lo potrà vedere nell’aldilà?
«Spero che ci sia un papà. Il Padre nostro. Sento ancora fortemente questo bisogno di un genitore. Il mio rimpianto di figlio è più grande del mio desiderio di vivere».