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 2023  aprile 05 Mercoledì calendario

Pnrr, parla Tremonti

ROMA Da Parigi, dove Giulio Tremonti partecipa all’Assemblea parlamentare dell’Ocse su economia e lavoro, l’Italia e i suoi problemi appaiono, all’ex ministro del Tesoro e ora presidente della commissione Esteri della Camera, in una prospettiva più ampia di quella del dibattito politico nostrano. E le soluzioni cui pensare hanno a che fare col superamento di antichi ostacoli strutturali.
Professor Tremonti, il Piano nazionale di ripresa e resilienza rischia di impantanarsi. Che sta succedendo?
«Il Pnrr è stato e può essere uno straordinario successo dell’Italia. È stato un successo del governo Conte sulla quantità di fondi ottenuti dal nostro Paese, più di 191 miliardi di euro, anche se è appena il caso di ricordare che il meccanismo del Recovery plan deriva dalla proposta di Eurobond avanzata dall’Italia nel 2003. È stato anche un successo del governo Draghi, che ha riorganizzato il piano stesso. Quello che deve e può fare adesso il governo Meloni è esprimere capacità amministrativa, che certamente mancava ai due governi precedenti. Da questo punto di vista è certamente positiva l’esperienza che ha il ministro Raffaele Fitto».
Rischiamo però di perdere le prossime rate di finanziamento.
«Cominciamo col dire che la struttura fisica del Pnrr è fatta da un blocco di documenti e allegati vari che, messi uno sull’altro, raggiungono un’altezza di 23 centimetri. Una mole di pagine e numeri che intrecciano linguaggio giuridico ed economico, italiano ed europeo, non esente da una generosa componente palingenetica, con l’ambizione di rifare non solo l’Italia ma anche gli italiani. Rispetto a tutto ciò il punto essenziale è che rispetto ad altri Paesi europei l’Italia ha una strutturale difficoltà nella gestione dei fondi europei. Difficoltà talmente chiara che si vede perfino sulle pareti dei corridoi della commissione europea a Bruxelles».
In che senso?
«Da ex ministro ricordo i poster delle grandi opere europee messi in bella mostra. Purtroppo, tra questi non ce n’erano che raffigurassero opere italiane. Noi infatti facciamo soprattutto micro interventi».
Allora non c’è niente da fare?
«No, non è così. Intanto, c’è la legge Obiettivo del 2001 che era ipersemplice. In qualche modo è stata applicata per il ponte di Genova. Il modello da recuperare è quello. E in questo senso mi pare che la riforma del codice degli appalti appena presentata dal governo vada nella direzione giusta».
Se l’attuazione del Pnrr dovesse rallentare ne risentirebbe la crescita.
Le grandi opere
Da ex ministro ricordo i poster delle grandi opere europee in bella mostra a Bruxelles. Purtroppo, tra questi non ce n’erano che raffigurassero opere italiane. Noi infatti facciamo soprattutto micro interventi
«Guardi, la situazione rimane comunque estremamente incerta. Tanto che al meeting dell’Ocse gira una barzelletta».
Quale?
«Uno chiede di essere assunto in una banca centrale. Gli dicono: devi fare un esame. Su cosa? Sull’inflazione. Non ne so niente. Sei assunto!».
Perché siamo in questa situazione?
«Quello che viene fuori da tutti i discorsi qui a Parigi è che la crisi del 2008 non è stata ancora superata. La scelta di produrre liquidità all’infinito non ha funzionato. La combinazione di tassi sottozero e inflazione molto sopra lo zero, insieme col perdurare della guerra, produce crescenti effetti economici e sociali negativi. La crescita, di conseguenza, resta in generale nella dimensione dei prefissi telefonici, cioè zero virgola. Detto questo l’Italia non va peggio di altri, ma meglio, e vedo che c’è fiducia nel nostro Paese».
Pesa però la politica monetaria restrittiva della Banca centrale europea. I tassi continuano a salire
«Veniamo da una decina di anni molto strani. Siamo passati da una struttura culturale e politica basata sull’austerity a una basata sulla liquidity. Ora quest’ultima avrebbe avuto senso come pronto soccorso, cioè come un intervento temporaneo. Invece, la creazione sconfinata di moneta dal nulla per molti anni produce effetti negativi. È difficile adesso dire se il rialzo dei tassi sia giusto o sbagliato, ma si inserisce in un contesto di scelte molto discutibili».
Una spinta alla crescita, secondo il governo, arriverà dalla riforma del fisco. Condivide?
«L’impianto della proposta è positivo. Si recupera l’impostazione di base della riforma del 2001-2003. Adesso si punta su tre aliquote Irpef anziché due, ma la direzione è giusta».
Il Piano
Può essere un successo straordinario dell’Italia Va recuperato il modello ponte di Genova
Nella proposta del governo ci sono però a monte misure di «tregua fiscale», come le chiama la maggioranza, o di «condono» come le chiama l’opposizione.
«Nel sistema fiscale inglese vige l’assessment, in quello tedesco la cosiddetta transazione di diritto pubblico. Sono entrambi meccanismi preventivi sistematici, quotidiani di composizione del contenzioso. Il sistema italiano non li contiene e per questa sua rigidità i governi hanno fatto periodicamente ricorso ai condoni. Nelle norme proposte con la delega vedo un allineamento ai sistemi europei con misure di composizione continua che renderebbero inutili i condoni»